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mercoledì 28 dicembre 2016

I' corniciaio


La magia che solo in San Frediano riesce a mescolarsi al quotidiano l’ho ritrovata tutta nell’approccio del Bambi che per Santo Stefano ci ha provato con una delle Caldine grazie a un classico del nostro modo d’imbroccare: “che occhi grandi che hai”, mentre lei priva della magia tipica della fiaba d’Oltrarno rispondeva con qualcosa di molto più metropolitano (studia infatti alla Bocconi); “ho appena vomitato”.  Certe storie nascono proprio in maniera strana, lei a bocconi su una vespina tre marce e lui a spingerla da dietro. Adesso capisco anche meglio perché certi tifosi Viola delle Caldine hanno gli occhi così sgranati dopo aver assistito inermi alle giocate di Tello. San Frediano del resto è terra di poeti stilnovisti che hanno sempre considerato sciare all’Abetone con la neve sparata, alla stessa  stregua di leccare una passera con le mutande. Tutti cristiani praticanti fino a quando non si rompe la caldaia, o fino a quando Salcedo non decide di entrare a maiale su Mertens. Sulla riva sinistra dell’Arno quando si chiede chiarezza non si usano striscioni da affiggere nella notte ai cancelli di Boboli, ci accontentiamo di sapere dove va a finire il buco della ciambella fritta una volta ingerito. In Oltrarno la chiusura lampo viene considerata pratica mentre il bottone poesia. Siamo gente d’appetito. Gente d’appetito che non si fa i cazzi suoi. Per questo le ho viste correre per le strade di San Frediano ieri mattina, appesantite, stanche e con il senso di colpa che rideva sopra di loro. Mi sono sembrate un quadro di Botero da portare dal corniciaio dello Srducciolo de’Pitti, che guardando la tela non le ha considerate nemmeno ingrassate, per lui  le donne di San Frediano dopo le feste hanno solo maggiore superficie palpabile. Quel filo conduttore che all’inizio ho chiamato magia ha da sempre connotato il nostro spirito del Natale, passato presente e futuro secondo il Pileggi (dottore di famiglia) hanno in comune i trigliceridi alti.

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