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domenica 30 novembre 2014

I colori

Il tifoso freme la domenica, ma non solo per il desiderio di vedere la sua squadra scendere in campo, freme e teme di scoprire che i suoi amati colori non saranno del tutto rispettati da chi li dovrà indossare, oppure perché non  li riconoscerà nemmeno più come propri. In un delirio da terza maglia. In una irriverente deriva marketing, tra contratti con sponsor tecnici che calpestano la storia e la tradizione a favore degli aspetti commerciali. Il tifoso rimane impietrito tutte le volte che aspetta di vedere la sua partita del cuore per paura di non riconoscere i propri colori. Allora, tra esigenze commerciali, poesia e il fatto che i tifosi in questi anni ne hanno dovute vedere di tutti i colori, mi piace ricordare le parole di Antonio Albanese a questo proposito. Perché alla fine il tifoso vuole solo riconoscersi nei propri colori: “Il colore buono è il bianco, ho scoperto che il colore buono è il bianco... perché rimane fedele, il resto...si ribella..Il grigio si intristisce e butta acqua, il viola scappa al tramonto, il nero si fa nero, il rosso dura poco, il giallo brucia tutto... e l'azzurro costa caro! E a fare il cielo ce ne vuole... mica solo un tubetto! Ci vogliono cento, duecento... anche quattrocento tubetti per fare il cielo...e quando sono insieme i colori cospirano, si buttano giù storti, a pataccone..Però i colori sono belli visti da dietro. Te hai mai visto il rosso da dietro? Non sta fermo, cambia..Se gli vai addosso schizza via come un gatto”. E anche se il Viola scappa al tramonto, va rispettato. Sempre. La maglia è la maglia. Sponsor o non sponsor, perché pur di compiacere lo sponsor, per esempio una banca di Abu Dhabi, il Real Madrid ha accettato di togliere dal proprio stemma una piccola croce. "Così non urteremo la sensibilità dei musulmani", calpestando magari proprio la sensibilità della propria storia e dei tifosi. E visto che siamo qua a prostituirci, ma siamo anche su un blog dove è necessario saper abbinare, in onore del Cagliari che per molti anni ha avuto come sponsor il pecorino sardo, le uniche maglie in Italia con l’odore dello sponsor più acuto di quello del sudore a fine partita, si, insomma, tra il dire e non dire a certi contadini sempre lì pronti a voler sapere com’è buono il formaggio..., tra il gusto dell’abbinamento più classico e la previsione, oggi pomeriggio penserei a du’ pere.


sabato 29 novembre 2014

L'altalena non mente

Anche la Fiorentina di Guingamp le ha provate tutte per mascherare la propria debordante bellezza, e un po’ si è fatta aiutare dall’arbitro in chiara “associazione a depistare”, invece che a delinquere, così come in campionato si è fatta aiutare dalla sfortuna, dagli infortuni, dagli errori di Montella, e dal rendimento in calo dei suoi uomini migliori. Forse è stata aiutata anche da un certo calo del desiderio, o fame, ingiustificato però dal fatto che niente o poco fino ad oggi abbiamo messo sullo stomaco. Si è lasciata intravedere come da dietro un indumento intimo di pizzo, quella bellezza, 25 minuti bretoni nascosti a fatica dentro a una terza di reggiseno o 90 coppa C.  Una bellezza di coppa appunto, dentro a 90 minuti di calcio fuori dai confini del matrimonio. Ma se uno è furbo e sa dove collocarsi quando in giro c’è un’altalena, sarà sempre in grado di valutare le cosce di una ragazza con la gonna, questione di geometria della posizione. Almeno in San Frediano. Poi la Fiorentina è noto che debba frequentare un campionato malfamato come certi quartieri dove c’è Calvarese, Buffon che frequenta i tabaccai pur essendo un atleta, Tavecchio. E qui la Viola si deve difendere come facciamo noi quando dobbiamo andare in posti altrettanto malfamati tipo Borgognissanti. In questo Montella è bravo a mescolare le carte per non far vedere le qualità preziose della squadra, come del resto consiglio sempre di fare agli amici che vengono da fuori e devono oltrepassare il ponte. Di solito gli suggerisco di vestirsi con vecchi abiti dismessi e di evitare di portarsi dietro l’orologio, l’anello, il braccialetto e anche la macchina fotografica. Così come in campionato è consigliato non mettere troppo in mostra i gol di Gomez, le sgroppate di Cuadrado o il luccichio della manovra montelliana intravista dietro ai pizzi francesi. E’ per questo che invito i miei amici a lasciare a casa il portafogli, il cellulare e tutto ciò che può far pensare ad un certo benessere economico. E’ per questo che in campionato ci nascondiamo al centro classifica. Sono sereno quando gli amici si avventurano in quell’inferno con in tasca solo i documenti e pochi spiccioli, quando in campionato ci approcciamo con poca continuità, scarsa brillantezza, difficoltà ad andare in gol. Poi però succede che in coppa emerge prepotente tutta quella bellezza che in campionato riusciamo a contenere, anche se sempre più a fatica. Sarà che Marin ancora non ha capito bene in che campionato malfamato si è ritrovato a giocare, così come i miei amici ai quali è inutile fargli prendere tutti gli accorgimenti del caso, se poi si fanno fregare la Porsche in via Pallazzuolo.

venerdì 28 novembre 2014

L'arbitro è una vittima del Made in Italy

Quinta vittoria su sei partite di coppa malgrado a lunghi tratti avessimo rimpianto Calvarese, tratti di allerta maltempo, di rovesci arbitrali, ma alla fine anche seconda vittoria consecutiva in trasferta dopo Verona. Adesso le previsioni meteo danno la terza a Cagliari. Squadra bella fino all’invenzione dell’arbitro, e fino a quel momento immagino i commenti sulla pochezza dei francesi, poi  però la partita è cambiata come un indumento di una taglia sbagliata, e loro avevano tenuto lo scontrino. Un secondo tempo sofferto, accompagnato anche da un po’ di buona sorte e da un Tatarasanu in versione Tarzan senza le liane, imbarazzante vederlo andare a giro in mezzo all’area di rigore senza l’amato mezzo di trasporto, liane in sciopero a parte, mi è sembrato in mobilitazione a singhiozzo anche Kurtic sulla fascia destra, scintillante invece Marin che rende flipper tutto ciò che è ragionatao e scacchistico possesso palla. E bene Badelj con la sua miglior partita in Viola e anche Aquilani, spesso fabbro travestito da principino. Mi si dirà che la squadra non è giudicabile fino all’abbaglio dell’arbitro anche se è sembrata in crescita e finalmente libera di testa, perché i presunti meriti vanno a farsi fottere di fronte alla pochezza dei bretoni. Poi mi si dirà che i bretoni alla fine non sono sembrati così scarsi, ma anche perché facilitati da un rigore inesistente e dalla conseguente superiorità numerica. Insomma, noi bravi e loro scarsi fino al fattaccio, loro meno scarsi e noi semplicemente in meno dopo il fattaccio. Diciamo che la partita è girata intorno al fattaccio, allora chiediamoci se è giusto fare come ho fatto io che mi sono avvelenato il secondo tempo inveendo contro il russo e maledicendo tutta la sua stirpe di fronte ad una esterrefatta Rita impegnata a preparare la cena. Poi scopro che l’arbitro vive in Germania ed è stato vittima del raggiro degli euro falsi, insomma gli è stata affibbiata una banconota da 300 €. Quindi non è scarso ma stupido, e giustamente vendicativo verso gli italiani che detengono il novanta per cento della produzione mondiale di euro fasulli, anche se la stamperia è di Napoli e la zecca nei pressi di Roma. San Frediano per una volta non c’entra niente, ma per l’arbitro l’Italia è sempre e solo stereotipi, Firenze, Venezia, Roma, la Vespa, la Cinquecento e il mandolino. E poi noi su certe cose non delocalizziamo il nostro Made in Italy, nessuno va a stampare soldi falsi in Romania. L’arbitro ha avuto al culo la nostra tradizione manifatturiera che lui conosceva solo dai film di Totò e Peppino. Questo nostro monopolio all’arbitro non è andato giù perché di fatto ci restituisce un ruolo di guida che ci era stato rubato proprio dai suoi amici tedeschi. Dove lui vive e dove ci davano per spacciati. Invece abbiamo avuto più fantasia noi a spacciare in Germania una banconota da trecento euro, che lui a spacciare a noi lo svenimento del giocatore francese per un rigore ed espulsione. Ma si sa che l’invidia dell’arbitro turlupinato è una brutta bestia.


 

giovedì 27 novembre 2014

Disqus non può aiutarmi in San Frediano

E’ giornata di Europa League ed io sono a Tortona, che non è proprio la stessa cosa di una giornata di Champion vissuta nella provincia di Cuneo. Ma tant’è. In questa amara riflessione socio geografica c’è tutto lo smarrimento di un uomo di San Frediano che si fa chiamare pollock pur essendo un figurativo della sua pochezza. Un uomo che combatte il multinickismo da un avamposto infestato dallo movida, dove la gente già si vede doppia perché beve, e che non è propriamente la New York di Peggy Guggenheim. Un uomo che invece del dripping, stasera sogna una squadra alta e al massimo in pressing. Un uomo che cerca strumenti per filtrare indebite attività di lievitazione gemellare delle personalità, ma che non è mai stato in grado di riconoscere singolarmente neanche uno dei due gemelli Filippini. Un sognatore bislacco, e in quanto bis già contraddittorio nella volontà di fare una guerra persa come quella contro gli acari, a chi ama figliarsi. Un uomo che predica bene e razzola male, un cencio che parla male di uno straccio, uno che da una parte dota il suo blog di marmitta catalitica per rientrare nei parametri del buongusto, e dell’altra predica l’assunzione di fagioli con l’olio nuovo, e con tutto ciò che si nasconde dietro ad un’assunzione importante del legume, quando si sa che è proprio da dietro che arrivano rumorosi i pericoli maggiori. Poi ci sono poche persone che si bastano come individuo unico, che si sentono cioè sufficienti, e così morigerati non sentono il bisogno di duplicarsi. Sono molto poche lo so. E pochissimi sono quelli che pur volendo cercare di fregarmi con il multinickismo è il proprio il loro IO che si rifiuta di raddoppiarsi perché si basta e si avanza così com’è, è il caso del tifoso romanista che ha cercato di partecipare al blog non solo con quell’avatar. Comunque devo confessare anche un altro mio limite che contrasta con questa mia crociata contro l’uso indiscriminato del nick, il fatto che non sono nemmeno fisionomista. Ogni tanto qualcuno mi saluta in via Sant’Agostino o attacca discorso in via del Leone, facendomi capire che ci siamo già incontrati in via dell’Ardiglione. Ed io, per non fare figuracce, faccio sempre finta di riconoscere il mio interlocutore, anche se, in verità, quasi mai riesco a capire chi sia quel tizio che mi ha invitato a prendere un caffè in piazza Piattellina e a fare due chiacchiere in via Maffia. Mi è successo anche lunedì, quando solo dopo un’ora che stavamo parlando in via de’ Serragli e alla fine mi ha chiesto di dire alla Rita che sarebbe rientrato un po' più tardi del solito, ho capito che quel tipo era Tommaso.

mercoledì 26 novembre 2014

No al rabbocco

Dopo il ritorno al 3 5 2 è tempo di un altro addio, questa volta non al modulo caro agli inamidati del 4 3 3, ma a un certo modello di ristorazione, un cambiamento che coinvolge le due anime del blog. Da ieri infatti si è consumato l’addio all’oliera in ristoranti, pizzerie, mense e bar: è entrato in vigore l’obbligo del tappo anti-rabbocco per i contenitori di olio extra vergine di oliva serviti in tutti i pubblici esercizi. Lo scopo è impedire che i recipienti vengano riempiti o allungati con prodotti diversi da quelli indicati, come purtroppo avviene. Si vuole anche evitare che di rabbocco in rabbocco l’olio sul fondo dell’oliera diventi stantio come l’odio per i Della Valle: di recente in una trasmissione televisiva sono stati intervistati ristoratori che ammettevano candidamente di non aver mai svuotato del tutto le oliere anche per anni, limitandosi ad aggiungere olio nuovo a quello che stagna sul fondo. Come è vero anche che molti tifosi confessano candidamente di farsi guardare le partite da altri, o pur guardandole in prima persona dimostrano di non capire quello che vedono, non ultimi quelli che confessano di appoggiarsi ai motori di ricerca che per l’appunto sono motori che perdono olio e andrebbero rabboccati continuamente. Anche il consiglio di chiedere al ristorante non l’oliera, ma direttamente la bottiglia dell’olio per aggiungerlo di persona ai cibi, non dà garanzie. Insomma, da domenica la difesa a tre, e da ieri gli oli di oliva vergini proposti in confezioni nei pubblici esercizi, fatti salvi gli usi di cucina e di preparazione dei pasti, devono essere presentati in contenitori etichettati conformemente alla normativa vigente, forniti di dispositivo di chiusura in modo che il contenuto non possa essere modificato senza che la confezione sia aperta o alterata, e provvisti di un sistema di protezione che non ne permetta il riutilizzo dopo l’esaurimento del contenuto originale indicato nell’etichetta. E domani in coppa vedremo se oltre alla difesa a tre ci sarà anche la novità anti-rabbocco Richards, tutt'altro che tappo. E le novità per il prodotto simbolo della dieta mediterranea, non si fermano al tappo anti-rabbocco, in quanto è prevista anche una più accentuata rilevanza cromatica rispetto all’etichettatura degli oli che siano prodotti con miscele provenienti da Paesi stranieri, diciamo una terza maglia, così da mettere in guardia il consumatore sulla diversa qualità e composizione merceologica. E poi giovedì potrebbe essere arrivato anche il momento di vedere Marin titolare. Lo stop alle oliere truccate nei locali pubblici vuole salvaguardare l’olio di oliva, che offre un contributo determinante alla salute dei cittadini e rappresenta una realtà produttiva da primato nazionale, che può offrire importanti sbocchi occupazionali e opportunità di sviluppo sostenibile al Paese. A Firenze non a caso si è cominciato persino a fare l’"eppi auar" con il pinzimonio proprio per esaltare le qualità del prodotto, mentre in ambito europeo l’Italia ha svolto il ruolo di leader nella tutela della qualità e della sicurezza alimentare. Ora toccherà a Marko Marin dimostrare che la classe non è acqua, che non si frigge con l’acqua ma neanche con l’olio rabboccato.


martedì 25 novembre 2014

L'Amuchina al tempo del tifo


Il tifoso Viola risponde alle vittorie della propria squadra con stati d’animo contrapposti, pur partendo dalla stessa matrice della passione. E sul calendario del lunedì di certi contentoni d'inizio settimana la parola d’ordine diventa sminuire. Sottolineata di rosso, questione di carattere e di penne a disposizione, di approccio alla vita, ma anche di ferite ancora aperte come l’uscita di scena di Prandelli. Stessa sofferenza che accomuna la totalità dei tifosi del Galatasaray che hanno preso dai nostri il testimone dell’angoscia per una staffetta che li vede però patire l’evento in entrata invece che in uscita. Questione di stati d’animo e di sensi di marcia, insomma i tre punti ai più regalano notti tranquille mentre ad altri procurano sonni agitati. Nel caso dei più sfortunati non è più neanche una questione del bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto, perché tre punti sono tre punti, una vittoria è sostanzialmente diversa da un pareggio e da una sconfitta. Ma c’è chi ha l’ossessione dell’igiene, per esempio, e allora il bicchiere può essere come vuole, perché tanto il problema non è riferito più alle mezze quantità da interpretare, ma al fatto che il bicchiere sembra essere sempre sporco. Tifosi che si lavano le mani con l’Amuchina perché sono dei Ponzio Pilato della passione. Si, ci sono delle ossessioni che travalicano le passioni, c’è l’inconscio che agisce come se fosse l’insieme delle attività mentali che non sono presenti alla coscienza di questi sfortunati tifosi Viola, attività mentali che purtroppo per loro sono gestite da inconsci juventini. Poi ci sono le allergie e anche su quelle ci puoi fare poco, hai voglia a voler godere di una vittoria se i tre punti non li tolleri, del resto le allergie si stanno diffondendo sempre di più. Certi tifosi Viola sono allergici al lattosio, al nickel, ai pomodori, alla gran parte dei saponi, alle pesche, alle mele, ai carciofi, ai crostacei, ai molluschi, al pesce, alla carne, al pane, al riso, al vino, all’olio e al gelato al gusto puffo, e alle vittorie della Fiorentina, si, anche a quelle raggiunte all’ultimo tuffo proprio quando stavi per fregare la tua allergia. L’allergologo può prescrivere tutte le terapie che vuole e che dovrebbero risolvere molti di questi problemi, poi ci sono i più sfortunati, quelli che l’avversario non vale niente e che finché non vanno via i Della Valle non possono fare nemmeno il vaccino perché loro sono allergici anche a quel medicinale. E allora sarà meglio provare a dargli una pillola, sperando che almeno non siano allergici anche a Gaia Nanni oggi eccezionalmente di martedì, qui per una somministrazione anticipata, altrimenti in via dei Pucci dalle 14:00 alle 15:00. Gaia che ricorda ai più disagiati il valore in punti di una vittoria, e poi sfrutto le sue tre dita, tutte le mie, quelle di Tommaso, della Rita e la maglia di Marin per fare gli auguri a Foco per i suoi 41 anni: “Quando si vince il lunedì è dolce come un’aragosta. Ci corre un po’ da quando si perde e il lunedì va all’indietro come i gamberi. Parenti poveri dell’aragosta e lunedì più coriacei dei carapaci di certi lunedì crostacei. Tra vincere e perdere insomma c’è come tra il giorno e la notte, ma non come quelle creme da giorno e da notte, dove non si capisce come fa una crema a sapere che ora è. Misteri della cosmesi a orologeria. E poi se sono così precisi dentro a quei barattolini, che inventassero allora anche una crema “Pomeriggio” così me la potrei spalmare tutta addosso per prevenire le rughe d’espressione che mi vengono quando il pallone ce l’ha Pizarro, e mi si corruccia tutta la fronte dall’ansia. Una crema da tè. Quando perdi, la crema è invece di quelle da notte fonda, dove vedi tutto nero e la tua donna vegana si rifiuta anche di mettersi i collant color carne. Comunque è grazie alle creme miracolose che snelliscono i fianchi e la pancia mentre dormiamo, che ieri notte non ho avuto i sensi di colpa per aver mangiato punti alle avversarie. Uno stravizio che per una volta ha il sapore più buono del castagnaccio e anche delle alghe Guam”.
 
PS: la donna vegana che rifiuta i collant color carne è un idea tratta da un commento dell’utente Sopravvissuto

lunedì 24 novembre 2014

Misteri delle creme giorno e notte

Alla fine è stato più facile prevedere che portare a casa la vittoria, come sempre tra il dire e il fare ci sono gli scafisti da scansare, e allora invece di dire che abbiamo vinto perché il Verona è una squadruccia, dico che è una vittoria da grande squadra, non solo perché il Verona non è affatto una squadruccia anche se i suoi tifosi odiano gli scafisti, o perché succede nel campionato italiano che la Lazio perda a Empoli, ma perché abbiamo dimostrato di voler vincere e di saper soffrire. Lo so che queste frasi farcite di volontà di vittoria e di coscienza della sofferenza sembrano frasi fatte ad hoc per etichettare certe vittorie, luoghi comuni anche quando non sono in Palazzo Vecchio, di fondo però c’è che sono vere anche se sullo sfondo c’è un po’ di quell’enfasi tipica e sana del tifoso che affronta la vita con la spavalderia dei tre punti. E poi la voglia di vincere e la capacità di soffrire si sono viste davvero. Non sono le solite bischerate di uno che gongola spiaggiato sul divano della domenica sera mentre il pensiero al lunedì fa meno paura. Le due fasi ci sono state, chiare, non sono come la storia delle creme da notte e quelle da giorno della Rita, quelle si che sono una gran bischerata, e glielo chiedo quasi tutti i giorni come fa una crema a sapere che ora è. La Fiorentina invece lo sapeva bene ciò che voleva e se l’è preso, è stata una partita divertente, su un campo ancora una volta non all’altezza, così come l’arbitro, e oggi lo possiamo dire senza paura di essere tacciati per quelli che cercano alibi. Il rigore non fischiato a Cuadrado è scandaloso, l’altro su Joaquin non ho visto nessun replay e quindi mi tengo il dubbio. Quello che non mi spiego nel calcio, come del resto anche nelle creme giorno e notte, è come mai una squadra domina e diverte fino a quando realizza il gol del vantaggio, poi cominciano a giocare gli altri e a soffrire tocca  alla squadra che aveva dominato. Misteri delle creme giorno e notte. Dietro mi è piaciuto più di tutti Savic, Gonzalo “brutto ma bono”, passa dalla responsabilità per il gol subito al merito di quello fatto con la stessa facilità con la quale una casa produttrice di cosmetici scrive “giorno” e poi “notte” sul vasetto della solita crema. E allora non capisco perché non si faccia anche una crema “pomeriggio”, una sola, in modo da spalmarci tutto Gonzalo ed evitare le rughe d’espressione generate dall’ansia dell’orologio, dell’ora legale, del fuso orario, del jet lag e delle ripartenze avversarie. E le rughe sono anche quelle di quando ci corrucciamo tutti nel constatare che Borja Valero non è più il giocatore del girone di andata dello scorso anno, sembra più una Coca Cola rimasta aperta dal girone di andata dello scorso anno. Bene invece Joaquin, una Coca Cola dimenticata da mesi, ma a differenza dello spagnolo pelato, perfettamente conservata nell’armadietto degli spogliatoi. Cuadrado che è un confusionario per natura è lì che apre e chiude il frigorifero di continuo facendo salire la temperatura al suo interno, e così alla fine Borja Valero diventa caldo e sgassato. Il colombiano risulterà comunque più una crema notte visto il colore della pelle, e con il gol da tre punti sarà una crema da notte fonda anche per il Verona. Molto bene Alonso anche se a vincere il mondiale è stato Hamilton, altro mistero delle creme giorno e notte, mentre di Gomez si scopre che tra i mille sponsor e bonus ne ha uno anche sui legni colpiti. Un successo che ci restituisce il sorriso malgrado per la Rita il merito di un bel sorriso è sempre e solo tutto della cosmesi. E grazie alle creme miracolose che ci snelliscono i fianchi e pancia mentre dormiamo, possiamo mangiare punti alle avversarie senza ingrassare, uno stravizio che per una volta ha un sapore più buono del castagnaccio.



domenica 23 novembre 2014

Perdonali perché non sanno che oggi vinciamo a Verona


Tutti noi abbiamo piccole illusioni, tu chiamale se vuoi intuizioni. Crediamo di essere unici, i soli a mettere il caffè nel frigo, oppure a rimettere l’orologio due volte l’anno, gli unici a sostituire la vasca con la doccia alla prima ristrutturazione, i soli a presentarsi al primo appuntamento con lo stomaco chiuso. A preoccuparsi troppo o troppo poco; a usare la cortesia sull’autobus, ad essere sensibili, gli unici ad ascoltare eccitati il rumore del sughero che esce dal collo della bottiglia. Solo noi apriamo le finestre per far conoscere anche agli altri l’odore del nostro soffritto, solo noi compriamo le lavastoviglie poco rumorose per ascoltare meglio la televisione. Crediamo di essere unici come i figli unici, di essere poeti davanti a un tramonto, di provare smarrimento davanti a una persona cara che se ne va.  Mi sembra che fosse proprio  Cartesio a dire “Le uniche cose che possiamo conoscere con certezza sono i contenuti della nostra coscienza (pensieri, emozioni, percezioni, etc.).” Oppure che “Le esperienze sono fatti interni e privati”. Insomma, tutto questo per dire che non esiste nient’altro al di là della mia idea che oggi vinciamo a Verona. Lo so che c’è chi confuta questo pensiero, e anche solo per scaramanzia non è d’accordo che tutto quello che percepisco, quindi anche la vittoria a Verona, viene creato dalla mia coscienza, forse è uno che sta per la Juve e quindi  la coscienza ce l'ha sporca. Ma sono gli stessi che non vedono quello che vede un tifoso Viola, non hanno le stesse speranze, sono persone povere, magari ricche solo di trofei, ma che non vedono al di là del proprio naso. Non sanno nemmeno che sottacqua ci può sempre essere una donna nuda che fa la spaccata.


sabato 22 novembre 2014

Comunque ci hanno ributtato il pallone

Cade dal sesto piano e non si fa niente, ma nessun miracolo in questo caso, nessuna lacrima da rubare alle statuine di certe madonne, quelle più sensibili alla credenza popolare, nemmeno per piangere accasciati sull’asfalto di un altro fine settimana piatto e drenante. Oppure nessun miracolo visto che assisteremo a mille altre interviste post partita, stimolanti come le prugne della California. No, nessun miracolo perché a cadere dal sesto piano è stato il pallone. Si, finalmente tornerà a rimbalzare per la nostra gioia, per le nostre domeniche senza carrello e centri commerciali. Finalmente il carrello lo abbassiamo per atterrare sulla nostra passione. Lo scalo dovuto alla Nazionale ci ha trattenuti ostaggi e stralunati dentro ad aeroporti dove alla fine forse la nuova pista la faranno davvero. Non ho mai amato quei posti dove si decolla, anche se con le piste più lunghe, alla lunghezza ho sempre preferito la profondità, ai decolli, i decolleté. Profondi decolleté. Comunque ci hanno ributtato il pallone, e il pallone rinfranca più delle castagne e del termosifone, è come un abbraccio tra due che si desiderano, caldo come al caldo del tepidarium. Dove andrò oggi e dove potrete andare anche voi fino a domani per “Cucine di Strada - Beer & Street food, una suggestiva location all’interno del Giardino dell’Orticoltura. 30 birre artigianali e 30 cibi di strada, nessuno potrà dirvi “abbiamo fatto 30, facciamo 31”. No. Tigelle montanare, gnocco fritto, frittelle di farina di castagne, dolcetti con farina di castagne, trapizzini, olive all’ascolana, cremini fritti, crescia sfogliata di Urbino, lampredotto, trippa, porchetta (toscana e umbra), gelato artigianale, cicotto di Grutti, arancine, pane e panelle, cannoli, tacos, burritos, alitas de pollo, torta azteca, cous cous, tajin, Neto, Tomovic, Gonzalo, Savic, Vargas, Pizarro, Aquilani, Borja Valero, Cuadrado, Babacar e Gomez.
 
PS: grazie per i panini farciti con i vostri ricordi




venerdì 21 novembre 2014

Sono un italiano

Io sono molto italiano, non solo nei tratti somatici, nella carta d’identità, nel carattere solare malgrado le bombe d’acqua ci abbiano tropicalizzato l’indole, oggi in molti scendono in piazza per protestare, la crisi economica. Io dopo il diradamento precoce è da tanto tempo che sono sceso in piazza. E così mi rado. Sono un italiano che prova piacere a guardare i paesaggi della propria Nazione, profili spesso sfregiati dall’incuria, colline che sembrano seni, mi sento ricco per il tesoro delle sue tradizioni frastagliate come certe coste di una Terra che purtroppo, però, sempre più persone non riconoscono più come la propria. Se ne vergognano. Come se quei seni non stessero più su. Emerge un senso di schifo e indignazione, è vero che abbiamo tanti difetti, che mettiamo la macchina nel posto degli invalidi, e che dopo Pavarotti, Dolce e Gabbana, e Valentino Rossi, anche Umberto Tozzi è stato condannato per evasione fiscale. Oggi infatti canta “Si poteva dare di più”. Perché tutti possiamo dare di più, tutti, per cercare di vergognarci di meno, vorrei posteggiare le carrozzine degli invalidi nei posti degli incivili. Vorrei indignarmi. Poi però è anche vero che in Italia a trent'anni sei troppo giovane per avere il diritto di lavorare o essere considerato un professionista, ma sono sufficienti a cancellare, o se preferiamo di più utilizzare il termine giuridico delle sentenze, a prescrivere un reato di disastro ambientale. Ma la morte non si prescrive, e lo svizzero non più reperibile potrebbe commentare la sentenza (anche se le sentenze non si commentano ma si rispettano): “Vado, faccio una strage e poi torno in montagna col cioccolato che tanto in Italia non funziona niente figurarsi la giustizia”. Passi Renzi col koala mentre l'Italia sprofonda nel fango, ma sulla sentenza Eternit la Cassazione fa una cassanata. Qualcuno sostiene che ci meritiamo di essere dati in concessione d'uso (gratuito) ad un paese dell'Europa del nord a scelta, come residenza di vacanze. Io che sono orgoglioso di essere italiano, rivendico il mio far parte di questo popolo di santi, poeti e navigatori, malgrado Schettino e i sindacati, e per non dimenticare questa come altre, uso le parole di Roberto Roversi che furono pubblicate su “Paese Sera” il 6 agosto del 1980, quattro giorni dopo la strage:

BOLOGNA 2 AGOSTO ORE 10.20
il cielo è un forno di pane pronto per la cottura
scappare sul mare di questa pianura e poi
approdare a isole azzurre felici ma tu
BOLOGNA 2 AGOSTO ORE 10.21
dicevi dicevi tu dicevi che hai bisogno di riflettere
se in questi giorni le parole hanno un senso
anche fra noi
BOLOGNA 2 AGOSTO ORE 10.22
d’accordo, non si può buttare via niente
d’altra parte non è possibile conservare tutto negli angoli della memoria
salvare l’indispensabile
BOLOGNA 2 AGOSTO ORE 10.23
lo so che non sono migliore o peggiore di tanti
cerco con gli anni di diventare diverso
ho fatto errori tremendi
ma non mi sono mai consolato
la vita non è una prova di formula uno
per guadagnare la prima griglia in partenza
BOLOGNA 2 AGOSTO ORE 10.24
dammi la tua mano
vivere una volta per tutte definitivamente
BOLOGNA 2 AGOSTO ORE 10.25
senza un fiato di vento il cielo ha buttato
un grido tremendo
un sole nero corre per le strade
io voglio provare i miei sentimenti come su una lastra di fuoco
BOLOGNA 2 AGOSTO ORE 10.26
ahi il cuore
piange piange adesso piange come un sasso che ha vita
chiamano contiamo i morti
la libertà è lì a terra ferita
non possiamo più dare
soltanto pietà
questa estate è finita
BOLOGNA 2 AGOSTO ORE 10.27
ma dammi la tua mano
io non mi rassegno non mi voglio rassegnare.


giovedì 20 novembre 2014

A Firenze ci manca la Metro

Ricordo che quando ero ragazzo credevo ancora nell’HiFi, piatto, amplificatore, piastra e casse, tutto scelto con cura, sentivo Weather Report, Miles Davis, e poi Pat Metheny. Poi però sono cresciuto, intanto le casse si erano sfondate, e così oggi sono molto più disilluso di allora, infatti metto le cuffie. La foto vuole raccontare proprio questa mia disillusione, e oggi all’Alta Fedeltà non credo più. Potrei parlare anche di Montolivo, di Jovetic, di Ljajic e del fatto che i matrimoni non durano più nemmeno nel calcio. Non solo, perché il gioco intanto si è deteriorato, il ranking è calato come il desiderio sotto le lenzuola, c’è violenza negli stadi ma anche dentro casa, c’è tanto pressing, ma anche tanto stalking. Oggi ci si preoccupa molto di non lasciare mai il difensore nell’uno contro uno, e mentre si tende tatticamente sempre a raddoppiare, di fatto raddoppiano anche i femminicidi. C’è tanta simulazione in campo e sotto le lenzuola, ci sono donne che fingono l’orgasmo e giocatori che si lasciano cadere. C’è tanto esibizionismo a giro, prima ce n’era uno solo, tanto da diventare un classico come il libero, l’ultimo uomo di una difesa che non esiste più, come lui che con il suo impermeabile frequentava solo i giardinetti, che comunque avevano l’erba migliore di quella di Marassi. Oggi le esibizioni si moltiplicano come le partite di Coppa e di campionato, infatti si sono dovuti inventare lo spezzatino, anche se mia mamma me lo faceva già agli inizi degli anni ‘70 quando ancora non c'erano i diritti TV. Come la tramvia, Renzi  se ne vanta tanto e Nardella punta tutto sulla seconda linea, quando in America c’era già agli inizi del 900. A Firenze, poi, oltre a Giuseppe Rossi ci manca tanto anche la metropolitana, perché basta scendere una rampa di scale e ti si apre il mondo dell’esibizionismo più trasversale. Quello che Balotelli in pratica fa in superficie. Là sotto si esibiscono persone molto meno superficiali di Balotelli, violinisti, mimi, chitarristi che strimpellano qualsiasi cosa e poi si fanno strada tra la gente per racimolare qualche moneta. Ne ho sentito uno a Milano alla stazione “Lotto” che cantava “Pazza Inter” lamentandosi poi dell’acustica facendo l’imitazione di Mazzarri. Qualche giorno fa c’era anche un ballerino molto bravo che si esibiva in un tip tap riscuotendo più applausi di Ilicic, mentre un tipo tatuato stava a testa in giù sulle mani e così gli cadevano dalle tasche tutti gli spiccioli che aveva già raccattato mille altre volte. Tanto che una signora gli ha dato una banconota da 5 euro perché pesava meno e perché il saltimbanco poteva essere suo nipote. Quelli che invece sono piaciuti di meno sono stati un gruppo di tifosi romanisti che si esibivano portando avanti le loro tradizioni, per raccontare la vera anima della loro passione. Lanciatori di coltelli.

mercoledì 19 novembre 2014

Dante e la seconda domanda

A me era sembrato strano fin da subito, mi sembrava tutta un gran buffonata, una messa in scena senza il prete, però sono stato zitto per non passare da quello invidioso, insomma, per il solito rosicone che dubita, acrimonioso, astioso, bilioso, malevolo e stizzoso, in due parole Massimo Mauro. E che per questa sua indole si lacera dentro (ho sempre sostenuto che dai fontanelli pubblici dovrebbe scorrere Maalox). Soggetto afflitto da ulcere non solo quattro quattro duodenali. Avevo avuto ragione perché alla fine Buffon ha fatto outing su Twitter, ha confessato di essere un’animalista convinto, a prescindere dall’amore per le mandrie di tifosi juventini allo stato brado, e così la bella giornalista di Sky gli serviva solo da copertura. La foto che ha pubblicato mostra quanto sia più animalista di lei, a tal punto che dopo l’ultima uscita a vuoto è finalmente uscito anche allo scoperto, e a Milano in occasione della partita contro la Croazia non ha esitato a lasciarla per una papera. Che come si sa galleggia ed è anche una scelta intelligente in questo periodo dove sono più frequenti le alluvioni che le vittorie della Fiorentina, bombe d’acqua più efficaci e distruttive delle autobombe, che mettono a nudo non solo le squadre di Mazzarri come contro il Verona, ma anche le carenze sulla gestione della manutenzione degli argini, della pulizia dei tombini e di quella dei menischi di Giuseppe Rossi, oltre che a evidenziare una politica miope che ha permesso una cementificazione ossea più o meno selvaggia. E girando per le strade di Firenze si capisce bene come mai Benigni venga tutti gli anni in Santa Croce a leggere Dante. Perché tutti i lavori fatti dal Comune fanno parte di “Capitoli” anche se non si riesce a sapere di quale libro si tratta. Dovrebbero chiamarli “Gironi” come nella Divina Commedia riveduta e scorretta. “Paradiso”: ne fanno parte pochissime strade, forse solo il viale del tramonto di Pizarro. “Purgatorio”: ne fanno parte alcune strade con manutenzione annuale, quelle che portano al rendimento alterno di Valero e Gonzalo, quest’anno privi di fondi e di fondo. “Inferno”: ne fanno parte le numerose strade abbandonate al loro destino. Le strade di certi tentativi tattici senza via d’uscita. Nei vari “gironi” specie in questo di andata ci sono buche, dossi pericolosi, smottamenti, crepe, segnaletica orizzontale assente, lavori da fare e pochi fatti come i punti fino ad oggi. Anche il “Patto di Stabilità” all’interno dello spogliatoio, fa parte dell’ Inferno. Prima domanda: sarà sempre Montella l’allenatore del futuro, oppure c’è bisogno di un traghettatore? Un Caronte che ci porti dall’altra parte del progetto. o che ci faccia attraversare strade diventate fiumi? Per finire, invece del dolce, la seconda domanda di carattere più generale, l’”Associazione Amici del Somaro” ha preso le distanze da chi accosta l’animale a persone poco intelligenti, sostenendo che è un uso un po’ vecchio del fare comparazione, e chiede se invece di dare del ciuco si possa ovviare dando del Tavecchio.

martedì 18 novembre 2014

I' "Pacchia"

Incrocio il Pacchiarini sulla porta di casa, ombrellino sbilenco di quelli portatili, inadeguato all’intensità della pioggia. Le lenti degli occhiali schizzate d’acqua, K-way modello benzinaio con il cappuccio mezzo sugli occhi e il borsello a tracolla: “Ciao "Pacchia”, s’affoga tra un po’”, s'aggiusta il cappuccio per capire chi ero e poi senza più guardarmi e continuando a camminarmi al fianco fino alle scale, ciondolante: “Io ci sono abituato da piccino: 4 novembre ‘66 (in via Palazzuolo c’erano 4,5 metri d’acqua), mi sono divertito come un matto anche perché quell’anno la scuola non era cominciata tanto bene, c’era stato un 2 a un dettato….Capii subito che tutta quell’acqua avrebbe cancellato tutto”. Un vero fenomeno. “Ciao “Pacchia” sei un mito”. E’ il fiorentino classico, se fosse nato in Inghilterra sarebbe stato un tessuto ”Principe di Galles”, scontento, spesso spregioso, cinico e schietto, disincantato. Ieri anche fradicio. Siccome lavora in banca e non esce da casa se non per andare in ufficio, vive tutto ciò che è extraurbano attraverso le mie trasferte di lavoro (non prende nemmeno il 37): “Dove vai la prossima?” Un uomo che non arriva mai nemmeno a Tavarnuzze: “Mercoledì vado a Chieti e poi a Cefalù”. Ah dimenticavo, è anche sarcastico, ricordo che una volta parlando della sua pensione sempre più lontana mi ha detto di un parente anziano che ha fatto prendere la patente D alla sua badante ucraina per sostituirlo quando la sua prostata ormai a pezzi non regge più, visto che è ancora un’autista dell’Ataf. Giornata d’incontri quella di ieri, perché poi ho incrociato la voce di lei, capelli sciolti, insomma la pillola, e l’acqua per buttarla giù ce l’ha messa i’ "Pacchia". Quella del ‘66 che ha cancellato il 2 sul dettato. Gaia Nanni ieri era allo Spazio Alfieri con Leonardo Romanelli per “Vino, donna e passione”: “Quando gioca la Nazionale devi trovare dentro di te la forza per andare avanti lo stesso, tirare fuori i brandelli di passione. Reperti di fede Viola. Si è vero che almeno non t’incazzi se perdi, ma i dispiaceri potrebbero essere altri e più duri da superare. E’ la domenica delle mogli dei portatori sani di tifo, che invece considerano reperti interessanti la libreria Billy e il divano Klippan. Donne malvagie e capaci di trasformare il portatore sano di tifo in un portatore di carrelli dell’Ikea. Per fortuna mi sono imposto almeno sulla stagionalità e sulla tradizione del nostro cibo, niente polpettine svedesi, anche se questo rifuggire dai salmoni e dai biscotti con la cannella, mi ha costretto a cucinare. Ho fatto le linguine con le cicale, c’è stata un po’ di discussione perché lei voleva che facessi le penne. L’ho supplicata facendo appello al fatto che già non giocava la Fiorentina, e che poi mi sarei anche un po’ stufato di scrivergli e basta alle cicale”.


lunedì 17 novembre 2014

Che cazzo ci vado a fare in giro per l'Italia?

Sto partendo per Chieti e poi per Cefalù dove spero di avere più fortuna che con il dentice di Venafro, vado in posti che iniziano con la C perché c’è più scelta, se mi fosse toccata la D sarei potuto andare solo a Domodossola. Intanto per chi ritiene utile l’esonero di Montella, a Milano sponda Inter si sono già visti i primi vantaggi dopo l’arrivo di Mancini, ieri l’Inter non ha perso. Forse sarebbe davvero la cosa migliore mandare via Montella e fare giocare la Nazionale fino a Natale, non solo per far fuori definitivamente Pasqual, anche per fare una bella serie positiva. So che è una logica un po’ raffazzonata, un po’ come quella di Renzi che si è preso il merito per l’uscita dell’ultimo disco dei Pink Floyd, che a detta della sua segreteria l’hanno scritto per tradurre in musica il suo progetto di fare un tour in camper, una colonna sonora che lo accompagnerà nelle piazze a contrastare l’idea di Salvini di ricostruire il muro di Berlino intorno ai centri sociali di Bologna. Secondo un sondaggio fatto fuori dallo Scheggi, un italiano su due vorrebbe le dimissioni di Alfano, io faccio parte di quell’altra parte che vorrebbero rincorrerlo con un "bacchiolo". Per questo vado a Chieti sperando che le informazioni che ho avuto sottobanco sui suoi spostamenti siano esatte, altrimenti a Chieti che cazzo ci faccio? So anche che oltre al Jobs act si sta mettendo mano alla Costituzione cercando d’integrare all’articolo che indica l’Italia come una Repubblica fondata sul lavoro, la possibilità di appaltare. Purtroppo quando manca la partita della Fiorentina bisogna rammaricarsi per altro, io intanto cerco un socio per produrre dei sacchi a pelo usa e getta da utilizzare per accamparsi fuori dai negozi in attesa dell’uscita del prossimo iPhone. E prima di partire ho montato le gomme termiche, per evitare che scivoli anche il decreto Sblocca Italia, altrimenti dopo Chieti che cazzo ci vado a fare in giro per l’Italia? Ieri pomeriggio in mancanza di adrenalina sono andato a salutare il Bambi, siamo usciti a prendere un caffè e così ho potuto constatare che si è già messo la drop invernale, l’eskimo di una vita. L’ho trovato sconsolato, disilluso dopo che aveva architettato non so quale truffa per far passare l’acquisto della cucina nuova in una sostituzione della vasca per accedere ai rimborsi di non so quale agevolazione fiscale dedicata agli anziani. Mi ha detto che in effetti lui è ancora giovane per mettere la vasca con lo sportello, non è ancora a rischio di rovinose cadute, ma insieme al suo commercialista avevano bisogno di una certificazione da parte dell’idraulico per accedere a certi fondi europei scavalcando graduatorie di merito, con il requisito principe di non poter scavalcare più il bordo della vasca per via di un' artrosi grave all’anca destra. La stessa che sembra aver colpito anche Ilicic che infatti ha già richiesto l’agevolazione per installare la vasca. Solo che il Bambi dice che gli hanno fatto un lavoro di merda, e ogni volta che dopo aver riempito la vasca apre lo sportello per accingersi ad entrare, gli si allaga tutta la casa. Mentre la su’ povera donna tutte le volte che lui va a farsi i’ bagno è costretta a scappare sul letto per paura di bagnarsi le scarpe di Prada.

domenica 16 novembre 2014

Rombo di Tuono (senza le patate)

E’ domenica e c’è più tempo da dedicare alle passioni, e a parte i tombaroli del tifo che riprendono il vivo solo dopo una sconfitta della Fiorentina, per noi più attaccati alla tradizione della vittoria, i dispiaceri saranno al massimo quelli di andare all’Ikea, mentre per loro oggi sarà una domenica senza reperti interessanti.  Ci sono invece mogli di mariti portatori sani di tifo che considerano reperti interessanti una libreria “Billy” oppure un divano “Klippan”, capaci quindi di trasformare il portatore sano di tifo in un portatore santo di carrelli dell’Ikea. Per fortuna mi sono imposto almeno sulla stagionalità  e tradizione del nostro cibo, niente polpettine svedesi, anche se questo rifuggire dai salmoni mi costringe a reiterare il peccato di gola della settimana scorsa andando a ricercare il sapore della “cicala”, oggi però le farò in forno riempite con pan grattato, aglio, prezzemolo, olio e peperoncino. E anche se so già che qualcuno di voi portatore sano di testosterone vorrà eccepire sostenendo che la cicala non ha stagioni. Muller Thurgau, e poi per rispondere alla modica attrazione che mi suscita invece la tradizione italiana di chi non usa il burro di cacao, anche un po’ di cioccolata di Modica con il sale di Trapani. Contrasto eccellente, esaltato dal barolo chinato che è eccellente come il contrasto vincente con il quale un centrocampista di razza sradica palloni sanguinosi in mezzo al campo per esaltare la ripartenza. Piove e le castagne confortano come un plaid colorato, ed è tempo di fare gli auguri a Gigi Riva per i suoi 70 anni, anche se in ritardo, il primo grande campione che ho amato quando ancora piccolo mi sono innamorato del calcio. Un campione che a parte lo scudetto del 70 mi ricorda molto la storia di Giancarlo Antognoni e di un calcio che non esiste più. Arrivato a Cagliari giovanissimo, nell’estate del 1963 fu subito colpito dal mal di Sardegna, non ha mai ceduto alle lusinghe delle big e vive tuttora a Cagliari. Si, ricorda proprio la storia di Giancarlo e delle “bandiere” che non esistono più. Di lui voglio ricordare queste parole “Quando vedevo che alle 11 lo stadio era già pieno, capivo che per i sardi il calcio era tutto. Ci chiamavano pecorai e banditi in tutta Italia e io mi arrabbiavo. I banditi facevano i banditi per fame, perché allora c’era tanta fame, come oggi purtroppo. Il Cagliari era tutto per tutti e io capii che non potevo togliere le uniche gioie ai pastori. Sarebbe stata una vigliaccata andare via”. Per dire che la discriminazione territoriale nei confronti dei pecorai già c’era, non abbiamo inventato proprio niente. Dopo gli auguri a Gigi Riva che suscitano così tanti ricordi di un calcio che fu, e che evidenzia le differenze enormi con il calcio gulasch di oggi, mi è tornata in mente anche la domenica così stanziale di certe persone care che non ci sono più, e che passavano il loro tempo libero a cercare le differenze su “La settimana enigmistica”. In ricordo di loro pubblico le due foto rubandovi qualche minuto alle vostre passioni, per invitarvi a trovare le differenze, regalandovi la prima in una sorta di edizione facilitata; il Gat (che qua non ha mai scritto).



sabato 15 novembre 2014

Il lampredottaio di Porta Romana è avanti

Ci sono sempre più notizie che circolano senza alcun controllo delle fonti, un tempo c’erano gli autisti della domenica, oggi invece le notizie girano da sole e tutti i giorni, sono cresciute, non hanno più bisogno di essere accompagnate dal giornalista come una volta. E quando non c’ è  più nessuno che controlla può anche succedere che si esca con l’annuncio del ritorno di Pazzini, oppure si virgoletti la frase “Il giovane favoloso sono io” mettendola in bocca a Montella, non sapendo nemmeno che Stramaccioni è un ‘76 mentre Vincenzo un ‘74. Il giornalista un tempo usava i termini più adatti per fare la cronaca, e se dovevano essere crudi non aveva timore di usarli, oggi non conoscendo l’italiano si ha timore di usare parole dure e alla fine non è difficile seguire il racconto di un marito che torna a casa trovando la moglie a letto con un altro, e chiamarlo "Diversamente amato”. C’è chi in mancanza non solo di fonti, di tesserino e dignità, le notizie se le inventa proprio sfruttando la disperazione della povera gente, come faceva Wanna Marchi, e così ipotizza che Ilicic se ne possa andare al Milan, ma poi ti ricatta psicologicamente perché la liberazione la vincola al ritorno di Pazzini, rigettandoti nella più dura involuzione tecnica da quando c’è la crisi in Europa. Le notizie on line sono le più equivoche perché non solo si possono pubblicare non essendo giornalisti, ma si può farlo senza nemmeno avere fisicamente delle persone che lo facciano, basta firmare “La redazione”, e per poterlo fare è sufficiente una semplice autocertificazione dove sostenere di possedere una fotocopiatrice. Poi succede che si scrive per giorni e giorni di Balotelli e ci si dimentica di giocatori seri come Cassano che intanto sono diventati grandi e che in un’intervista in zona mista hanno dichiarato di aver inventato un calendario senza i primi 10 giorni in modo da aiutare la povera gente di Bari vecchia ad arrivare alla fine del mese. So con certezza che per Alloween a Radio Blu si sono vestiti tutti da giornalisti, e che alla Nazione quando l’hanno visti arrivare è scoppiato il panico. Insomma se un tempo c’era la festa della cioccolata oggi si festeggia un’altra cosa marrone, perché le notizie on line puzzano, spesso sono aggressive, travisate, e se domani fosse il compleanno di Berlusconi in molti si raccomanderebbero di fare gli auguri a Renzi. Da parte mia che dire, oltre a sottolineare che a Firenze il pubblico è in controtendenza perché va ancora allo stadio, e che alla festa degli uccelli ci vanno invece soprattutto le donne, alle quali oltretutto ho raccomandato di non acquistare l’iPhone 6 perché si piega, vorrei uscire anch’io con una notizia forte, e se non importa più essere giornalisti e tutti possono scrivere una qualsiasi cazzata, allora vi annuncio che dal lampredottaio di Porta Romana sarà possibile dalla prossima settimana, oltre a scegliere la salsa verde e l’olio piccante, e solo dopo una sconfitta della Fiorentina, pigiare un bottone per vedere il bicchiere mezzo pieno.





venerdì 14 novembre 2014

La mental coach con il buco intorno

Dopo la gara per smantellare la Concordia e la Costituzione, sembra proprio che a gennaio si voglia smontare anche il giocattolo Viola, una volta constatato che a certi giocatori più sensibili, visto il perdurare del maltempo, sono cresciute le branchie che alla fine non sono una caratteristica tanto apprezzata da Montella. E con l’arrivo della mental coach non siamo alla frutta ma addirittura all’amaro; Branchia Mental. E a proposito del Mister, si dice che sia un presuntuoso e che proprio per questo suo difetto condito da immancabile sorrisetto post sconfitta, maceri nella reiterazione dell’errore che poi diventa orrore tattico, non è vero, perché da fonti attendibili come quelle di Luca Calamai si sostiene che abbia avuto invece un colloquio con  Renzi proprio per confrontarsi su questo aspetto del chiedere aiuto, dell’essere umile, del voler imparare da chi ne sa di più (vedi Reja o la Fernet mental coach), dopo che Vincenzino aveva saputo da Matteo che era stato a scuola da Schettino per imparare a fare l’inchino alla Merkel. Oggi che sono a Caserta mi sono reso conto che uscendo dall’ambiente fiorentino sempre così chiuso, ho avuto modo di fare una valutazione molto intellettualmente più libera su certi aspetti, e così ho prodotto anch’io una mia statistica, del resto se uno non tira fuori almeno una statistica oltre all’uccello, non è nessuno, e la mia non riguarda vittorie interne, esterne, gol segnati, subiti, il bilancio dei punti fatti con l’arbitro Valeri, piuttosto che i pali colpiti con in campo Ilicic, nel senso di quante volte lo hanno colpito, statistiche banali insomma come quelle del Vinciguerra, la mia è una statistica che va oltre a questi aspetti del tutto marginali, e vista l’ultima stagione metereologica, indica in modo certo la cioccolata calda come bevanda più bevuta dell’estate 2014. Un plauso va a Nardella che a conferma dello spirito ecologista elevato che lo ha sempre contraddistinto, ieri ha approvato una pedonalizzazione molto più allargata che consentirà nel caso Ilicic a gennaio venga rimandato al mittente, di tornarsene a Palermo a piedi. Per quanto riguarda invece la polemica sugli scioperi del venerdì, la soluzione potrebbe essere quella di cedere i diritti a Sky in modo da farne uno spezzatino, e così tra anticipi e posticipi, smorzare tutte le polemiche. Come quelle pretestuose di chi oggi mi accusa di essere in una fase di rincoglionimento sentimentale tipo Rambaldo, e per scuotermi mi manda il campionario dei culi con l’intera cartella colori (oltre 400 sfumature), ai quali devo rispondere che non capisco tutta questa fretta di denudare il corpo femminile, perché come vorrei farvi capire attraverso la foto, sono ancora alla tenerezza degli sguardi. Forse avrei più bisogno io della mental coach con il buco intorno, perché quando c’è un buco a giro è sempre possibile tirare fuori una statistica.

giovedì 13 novembre 2014

Il fiorentino è daltonico

Ieri dal lampredottaio di piazza de’ Nerli ho incontrato un tipo veramente strano, sensibile come Ilicic, non solo ha sbagliato ad insaccare il foglio del panino solo davanti al cestino proprio come lo sloveno nella finale di Coppa Italia, mi ha raccontato di essere tornato da Recanati dove aveva scoperto una poesia ottimista di Leopardi, e in un eccesso di bicchiere mezzo pieno mi ha addirittura confessato di essere contrario all’esonero di Montella. Poi però più beveva e meno manteneva quei suoi tratti di ottimismo, ad un certo punto mi è sembrato di leggere nei suoi occhi quello che si scrive su Fi.it dopo una sconfitta, tanto che ad un certo punto non solo ha messo in dubbio il posto da titolare di Josip, ma ha aggiunto che se il posto fisso non c’è più come sostiene Renzi, allora è a rischio anche il posto fisso di Gesù nel presepe. Secondo lui al suo posto potrebbe essere ricollocato un cassaintegrato dell’Ilva, oppure anche un fuori rosa come El Hamdaoui. Abbiamo parlato del più e del meno malgrado l’alcol lo facesse propendere di più per il meno, e allora è caduto sul discorso trito e ritrito del fatto che a Firenze si tende a dividersi su tutto, introducendo dopo il più e il meno anche un altro carattere tipografico di tipo matematico-scientifico come il diviso. E’ mancato solo il "per" anche se a Firenze siamo maestri a prendere per il culo. Questa volta però, a differenza di quanto avevo sempre sentito sull’argomento, ha dato un’interpretazione finalmente nuova su questa nostra propensione a stare di qua o Diladdarno. Secondo lui l’essere Guelfo o Ghibellino non è un problema di natura caratteriale, di indole o di DNA, ma è una patologia, e se ne è accorto dovendo prendere delle decisioni importanti come fare il regalo di compleanno alla figlia, cosa che gli procura sempre una forte sintomatologia da stress. “Non vado mai d’accordo con lei, se dico bianco lei risponde nero e viceversa”, mi ha detto sconsolato, e poi ha continuato raccontando che aveva girato per tutti i negozi di animali della città alla ricerca di un pesciolino verde da regalargli, dopo che aveva saputo da un vicino di casa che desiderava tanto un pesciolino rosso. Ma lui è daltonico. Ecco, il fiorentino si divide perché è daltonico non perché non è d’accordo. Riguardo invece al problema del rinnovo dei contratti che secondo quanto filtra dall’ambiente Viola avrebbe minato l’equilibrio dello spogliatoio, quello strano tipo mi ha spiegato che il problema dell’allungamento dei contratti è solo un sottoproblema che coinvolge in maniera più generale tutta l’area fiorentina, visto che per aumentare gli introiti provenienti dalle multe nella ZTL, il Comune  ha allungato anche le giornate fino a 25 ore, e per indurre in tentazione la cittadinanza a parcheggiare in divieto di sosta, la ASL di Firenze ha deciso di passare dei medicinali specifici che danno assuefazione, con l’esenzione totale del ticket considerandoli salvavita, mentre per chi supera i 36.000 € di reddito li fa pagare comodamente in 36 mesi con piccolissime rate sul bollettino della multa stessa, un po’ come fa l’Enel con il kit di lampadine a led addebitandolo direttamente in bolletta.


mercoledì 12 novembre 2014

Pluvialicic

Tutti si preoccupano che siamo sott’acqua ma che siamo nella merda non si preoccupa nessuno a parte Lele. Un concetto che parte dalla crisi economica più in generale, ma che può essere esteso fino alla crisi della Fiorentina, e a cascata anche a quella di Stefano quando tutte le sere che a Vienna Cristo mette in terra si ricorda che l’allenatore della Fiorentina è Vincenzo Montella. Dal fatto che le fogne non ricevono più, fino al fatto che non riceviamo da Ilicic niente di più che l’antiestetico mulinare di gambe secche che sembrano pluviali. Fossero almeno di rame ci sarebbe sicuramente qualche rumeno all’infuori di Mutu disposto a liberarci da quella rigidità  verticale, lasciando così in pace le linee ferroviarie dei pendolari già di per se sofferenti. Si dice che non ci sia un’adeguata manutenzione degli argini, gli stessi che lo sloveno ha fatto tracimare malgrado la nostra pazienza avesse spallette ben più alte di quelle dei Lungarni, dopo gli ultimi versi a bischero rivolti al pubblico, che denotano le caratteristiche tipiche del cervello di una grondaia. La sua oltretutto perde come l'ultima Fiorentina. Tutto questo panegirico con l’olio nuovo per dire che cosa? Che ci sono tragedie vere come quelle delle alluvioni, tragedie sportive gonfie non di acqua ma per fortuna solo di bombe d’enfasi come succede dopo una sconfitta, e poi ci sono le tragedie dimenticate. Ecco, oggi chissà perché, anzi lo so benissimo e tra poco lo saprete anche voi, a partire dalla foto impressionante voglio raccontare una di quelle tragedie che la storia volutamente non racconta. E’ una foto scattata nel 1870 quando nasceva Jordan, e che mostra un uomo occidentale fieramente in posa di fronte ad una montagna di teschi di bisonti americani, animali sistematicamente macellati dai colonizzatori europei una volta arrivati nel continente nord americano. L'esercito americano composto dai coloni incentivò la mattanza di questi animali per due ragioni: per evitare qualsiasi competizione commerciale con l'industria della carne bovina e di vitella che di lì a poco sarebbe stata importata nel continente nord americano. Per ostacolare il più possibile la sopravvivenza delle tribù locali che rappresentavano una chiara minaccia all'espansione ed egemonia dei colonizzatori. Direte voi, ma che cazzo c’entra tutto ciò con la premessa idraulica, c’entra perché è un’idea che mi è balenata in testa  proprio dalla seconda delle ragioni che hanno portato a quella strage, potremmo cioè risolvere finalmente la collocazione tattica sulla Terra di Ilicic con un semplice embargo alimentare. Già mi vedo, fiero, posare in piazza Piattellina di fronte alla montagna di teschi dei pizzicagnoli fiorentini che servivano Ilicic.

martedì 11 novembre 2014

Anima rosa

Oggi la pillola su Radio Toscana mi serve per parlare di Orvelio Scotti, un uomo capace, come si può vedere nella meravigliosa foto, di far abbracciare il teatro alla Gaia. Di mostrare tutti i suoi colori pastello, come quel frac rosa con il quale ha voluto salutare per l’ultima volta. Attore, autore, ma soprattutto uomo libero che lascia la Coldiretti molto prima della pensione per dedicarsi a quella sua passione. Lascia la Coldiretti ma fonderà “Il Centro Teatrale del Boschetto” per dare un senso di continuità con il suo passato dentro al quale coltivare nuove grandi emozioni. Un uomo che ci lascia, e che ci lascia però anche da annaffiare il suo ricco orto dell’anima a km zero, capace fino all’ultimo di sorprendere, non solo come faceva quando usciva con la sua capra, ma di farla diventare attrice in uno spettacolo chiamato solamente “Io e la capra”, alla faccia della Wertmuller, dove l’ovino recitava proprio come la Gaia, anche se la Nanni risulterà a tutti gli effetti molto più pelosa. Un uomo capace di emozionare le anime più disparate e di riunirle tutte in chiesa per l’ultimo “Eppi auar”. Anime disparate e disperate, senza bicchiere, ma lo stesso ispirate dalla commozione e dal ricordo. Ne è stata vista una farsi il segno della croce con la sinistra. Bisogna essere felici, perché Orvelio Scotti ci ha lasciato riuscendo a cancellare dalla sua lista della spesa molte delle cose che si era appuntato di fare, come la maratona di New York, comprarsi un Harley-Davidson e regalarci il talento di Gaia Nanni, che ieri ancora piegata dal dolore ho cercato di affossare definitivamente con l’assoluta inalterabilità delle mie parole di plastica. Malgrado avesse tentato il tutto per tutto combattendo me e la tristezza con una Sacher. Ogni lunedì la costringo a leggere quello che scrivo io, ma oggi per fortuna è già martedì e allora voglio raccontare quello che ha scritto lei. Per lui. “Si resta come degli imbecilli nudi, senza di te”. E poi a ribadire che la vita è dura ecco la pillola da buttar giù, perché comunque la vita continua:E’ una Fiorentina che ci fa “Accarezzare nuovi scampoli di assenza”, spesso interi primi tempi. E’ una squadra cioè che non ritrova più la sua identità, ed oggi oltre al caldo anomalo e alle zanzare possiamo parlare apertamente di delusione, anche se quando apri così apertamente a qualcosa è proprio lì che ti entrano le zanzare. Non per questo vuol dire abbandonare la squadra ad Ilicic e alle zanzare, io non demordo, non abbandono la squadra sull’autostrada nel momento del bisogno. Non sono uno di quei tifosi della domenica che l’autostrada la prende in controsenso. Il fumogeno dentro alle mutande lo nascondo anche gli altri giorni della settimana. Perché se più bello vuoi apparire un po’ devi soffrire. Oggi bisogna solo stare vicini alla squadra. Il tifoso vero c’è, come Dio. Lo scrivo qua invece che sui ponti dell’autostrada perché non devo andare ad abbandonare la passione sull’A1. Anzi, scriverlo mi è servito a capire perché c’è così tanta corrispondenza sui ponti dell’autostrada. Me l’ha spiegato un camionista del Brennero. Fermarsi ad esprimere concetti serve per abbassare la media della velocità. Insomma, siamo tutti un po’ più religiosi da quando c’è il Tutor. E per farmi perdonare dalla Gaia certi pensieri così blasfemi, oggi le andrò a comprare la frutta, una gentilezza penserete voi, no, l’unico modo per toccargli le mele”.