.

.

mercoledì 31 dicembre 2014

Chi cerca l'idraulico a Capodanno lo cerca tutto l'anno

Prima degli auguri qualche consiglio utile per affrontare i disagi che si potrebbero venire a creare in serata. Esclusa la neve. Nel caso vi scoppi in mano un botto di mercato fingetevi parenti di Mango per saltare la fila al pronto soccorso. Scegliete sempre di essere l’ultima carrozza del trenino dei rintronati, se prima avrete appurato che alla festa è presente qualche dirigente dell’Udinese che ve lo vuole mettere in quel posto. Attenzione a selezionare bene gli ospiti, il pericolo più grande a Firenze è la possibile presenza non autorizzata di un vegano che davanti a un bistecca potrebbe essere colto dalla sindrome di Stendhal. Se nel menù è previsto del foie gras evitate almeno di arrivare alla cena indossando un Moncler. Attenzione alla pubblicità subliminale della padrona di casa, se vi sarà servita della crema di zucca sarà un invito ad aprire il Conto Arancio. Se volete stupire gli altri invitati non sparate nomi a caso, anche se siete sicuri sul nuovo attaccante della Fiorentina. Ricordatevi sempre che a Firenze una “fanfaronata” non è altro che un avvistamento di un giocatore in uscita o in entrata da Fanfani per le visite mediche. Annunciate piuttosto di aver scoperto un altro comune italiano che in inizia per D oltre a Domodossola. Se alla cena fosse presente anche il Colonnello, e quindi la cultura si tagliasse a fette con il coltello a sega del pane, lanciate pure l’idea di aprire in via dell’Orto il museo d’Oltrarno delle O. Se qualcuno degli invitati ha l’herpes labiale, per una buona riuscita della serata, preoccupatevi di far sapere agli altri che non si tratta  del virus dell’ebola. Non fate entrare gente con la felpa della FIOM per evitare le cariche della Polizia. Evitate giochi di luci che possono indurre i razzisti a pestare le ombre dei bianchi in mancanza di invitati di colore. Se qualcuno all’ultimo minuto vi telefona per dirvi che non può venire perché si sente male, ricordatevi che il Jobs act vi consente di mandargli il medico fiscale. L’ultima foto di copertina dell’anno è lo scatto inviato da un marziano, o se preferite da un idraulico. Non lo cercate soprattutto dopo la mezzanotte per il concetto espresso nel titolo. Se invece avete invitato un malato di Alzheimer toglietegli la bottiglia più costosa da davanti perché non si ricorderà di aver già bevuto almeno altre 13 volte. Non mi resta che farvi gli auguri per un 2015 pieno di soddisfazioni ed esoneri di allenatori quindi, un augurio interessato va invece alle famiglie dei due Marò dopo che il Governo indiano ha annunciato la loro liberazione nel caso che Gomez tornasse al gol.

martedì 30 dicembre 2014

Quando la cultura non agevola l'uso del tetra brik

La cosa che più da fastidio delle feste non sono tanto i parenti, quanto invece lo zucchero a velo del pandoro che vola dappertutto. Non solo sul golf nuovo, no, anche sui mobili scuri del salotto. Per raggiungere il suo massimo fastidio quando si attacca al lavoro del tuo dentista. La foto di copertina ne evidenzia la pericolosità sulle fasce adolescenziali della popolazione. Una volta individuato il nemico numero uno del Natale, dopo Montella, passiamo a quello che potrebbe sciuparti l’ultimo dell’anno, che non è la mancanza di un pandoro al quale scaricare la colpa se anche il 31 ti trovano del bianco sul golf fatto ai ferri dalla suocera e non volevi far sapere che fai uso di Citrosodina quando ti senti pieno. Il nemico numero uno in questo caso è il temutissimo sapore di tappo. Più si alza il target della bottiglia scelta e più il sapore può diventare quello tremendo dell’ultima delusione targata 2014. Più ancora del gol tutto fiorentino di Tonelli. Tutt’altro che un tappo. Gli stessi problemi che il grosso cambiamento della viabilità creerà allo Statuto quando riapriranno le scuole. Cos’è più difficile quindi, ritrovare i gol di Gomez oppure collegare le due rive del Mugnone dopo la chiusura del ponte dello Statuto? Qual è il rischio maggiore, i cavalli di ritorno come Mutu e Gilardino, oppure il dramma di non poter bere la bottiglia scelta con così tanta cura? Per la mia ultima bottiglia dell’anno ho scelto un mito, quello che da ragazzo era stato per altri versi Johan Cruijff, lui la massima espressione di quel calcio, in questo caso il vino bianco più espressivo del mondo, grazie alle sue caratteristiche di finezza, mineralità, acidità tagliente e complessità. E non parlo del presidente della Sampdoria anche se poteva sembrare. Ma di uno Chablis. Dopo la delusione Marin non potrei accettare il sapore di un altro tappo. Figuriamoci Giovinco, oppure il discorso di Napolitano a reti unificate, quando il nostro problema sta proprio tutto lì sotto rete. Devo ammettere candidamente quindi che le mie aspettative sono rivolte più allo Chablis che al mercato di gennaio, e non me ne vorranno coloro che aspettano il nuovo Messia. Non andrò su YouTube a visionare le caratteristiche di qualche nuovo fenomeno, sceglierò uno Chablis Grand Cru Les Clos, il produttore che più adoro per la purezza stilistica, la stessa del primissimo Borja Valero, e l’espressione davvero paradigmatica, specie se trovo un’annata splendida e per lui “storica” dal punto di vista del risultato qualitativo come il 2002 o come l’altrettanto famoso 4 a 2. Colore innaturalmente chiaro e trasparente, brillante pur non essendo australiano, e senza cedimenti. Il naso davvero il migliore possibile per esplosività e florealità, altro che il naso di Mutu, di una complessità e piacevolezza da lasciare a bocca aperta. La sua inarrestabile corsa ricorda Rocca, non finisce se non a bicchiere vuoto, come risulterà sempre quello di una checca isterica, e neppure allora, continuando ad esprimere concetti che le fosse nasali decodificano in chiave di piacevolezza. Bocca tagliente, di bevibilità assurda. Un piccolo capolavoro proprio come il gol di Bressan al Barcellona. Ma tutte queste aspettative possono trasformarsi in una cocente delusione se apparirà quello sgradevole e temutissimo sapore di tappo, per questo motivo alcuni popoli che per cultura rifiutano l’idea del tetra brik, alla fine preferiscono servire qualcosa di caldo.


lunedì 29 dicembre 2014

Fuga dall'embargo infantile

Dopo mezzo secolo di isolamento dal mondo occidentale, i cubani stanno scoprendo che il cambiamento porta la speranza, ma anche ansia. La stessa che noi tifosi Viola ci portiamo dentro dopo l’embargo dall’ultimo scudetto. Oggi la Fiorentina si ritrova, il sangue torna a circolare nelle vene, così come le speranze di un popolo in Viola e per fortuna non all’Havana, che è comunque sempre un colore marrone chiaro come una cacchina. Nei lunghi inverni dell’embargo, quando Tommaso era piccolo, per farlo addormentare gli raccontavo le favole. Come tutti i padri figli di un embargo. Scudetti, coppe, trasferte memorabili. Poi è cresciuto, ho finito le favole, si, anche il repertorio più classico che non prevedeva più solo Champion immaginarie e palloni d’oro cuciti in Africa dai bambini, ma quello composto dalla Bella Addormentata, Hansel e Gretel, Pinocchio, Cappuccetto Rosso, Pollicino e via via tutte le altre. Ricordo che negli ultimi tempi cominciai a rimescolare le storie per cercare, a modo mio, di inventarne di nuove. Per allungare il brodo. Quando gli raccontavo storie vere come la vittoria delle Coppe Italia piangeva perché gli sembravano coppucce. E allora inserivo personaggi realmente esistiti per renderle più incredibili. Una volta ho esagerato e gli ho detto che Dertycia aveva vinto la classifica dei cannonieri e gli venne la diarrea dall'emozione. Devo dire che sono stato bravo, diciamo pure molto più credibile di un libro di storia, che io compro e che lui non apre mai perché la storia l’ha già imparata da me. Anche se poi a storia prende 2 perché è ancora convinto che Giulio Cesare fu pugnalato dall’arbitro Michelotti. Per il resto è cresciuto e sa benissimo che il fax colombiano non ci ha salvato, che Baggio è stato venduto alla Juve e Batistuta alla Roma. E’ fiero di essere Viola anche se non ha vinto niente di quello che gli ho raccontato, anzi, pur sapendo che l’ho fatto per il suo bene, ancora non è riuscito a perdonarmi di avergli fatto passare un’infanzia così triste come quella di un bambino juventino.



domenica 28 dicembre 2014

La regola del PORCO


Se è vero che nel calcio chi non gioca ha sempre ragione mentre l’allenatore è il bersaglio preferito, Marin non è ancora sufficiente a screditare il lavoro di Montella. Almeno Diladdarno. Visti i risultati di uno e le partite giocate negli ultimi due anni dall’altro, mi viene naturale stare dalla parte dell’allenatore. Così come sulla riva sinistra del fiume. Meno dalla parte di chi gioca come Gomez, invece, lui si fino ad oggi quello che più di tutti ha disatteso le aspettative. Per colpe sue e non, naturalmente, gli infortuni sono stati la causa principale delle sue difficoltà, la classifica di oggi sconta principalmente queste difficoltà, e l’infortunio di Rossi. Ed è indispensabile insieme a Giuseppe per farcela risalire. Se guardiamo al rendimento, anche senza l’attenuante degli infortuni, non solo Gomez ha deluso però, penso a Borja Valero e a Cuadrado, fino ad Ilicic. La squadra più che i limiti del proprio allenatore ha maledettamente sofferto il mancato apporto offensivo degli uomini preposti a farlo, come del resto è mancato l'apporto di quelli che più di tutti avevano contribuito a rendere efficace il gioco di Montella. C’è chi sostiene invece che le aspettative sono state deluse per la mancanza di schemi offensivi, per l’incapacità cioè del tecnico di suggerire la via del gol. E a Firenze si sa che devi saper suggerire, parlare l'inglese più che il napoletano, perché c’è sempre uno straniero che ti chiede dov’è piazza Pitti. A me invece sembra che una volta coscienti delle difficoltà là davanti, ci sia stata la capacità di formare addirittura una cooperativa del gol. Un antidoto alle difficoltà dei bomber, una strategia di scorta. In 22 gare stagionali la Fiorentina è infatti andata in gol 22 volte con 16 giocatori diversi. Strade alternative ce ne sono quindi, anche se molto meno pagate dell’autostrade tedesche. Se c’è uno schema che Montella non è riuscito a trasmettere alla squadra, è quello per evitare a Gomez di inciampare sul pallone. Mancano i gol degli attaccanti e questo è appurato, mancano però anche i rigori, uno solo quest’anno (sbagliato) contro i 6 di quello scorso, e i 7 di quello ancora prima, mancano i gol su punizione e più in generale quelli su calcio da fermo, in un calcio dove statisticamente il gol da fermo supera abbondantemente quello su azione. Negli ultimi 5 turni la Fiorentina è comunque prima come rendimento con 11 punti, insieme a Juve e Roma, almeno curioso che ci sia questa gran voglia di buttare via l’acqua sporca insieme al bambino. Per questi motivi rimango fiducioso. Perché ritengo che Montella abbia dimostrato più pregi che difetti, che Gomez non sia diventato un brocco, che Rossi torni ad essere decisivo, che Cuadrado ritrovi la serenità e Borja Valero il rendimento. E per chi lo criticava perché prima di tutto è importante non prenderle, ricordo che la Fiorentina ha la terza miglior difesa. Comunque non dico di credere a Montella ad occhi chiusi, siccome però ci sono adulti che hanno creduto persino in Matteo Renzi, mi sarei aspettato più fiducia anche verso il napoletano, o almeno nella stessa misura di quanto crediamo in Babbo Natale. Devo ammettere però che non sono in grado di seguire tutte le regole del saper scrivere bene di Montella, perché per farlo in maniera corretta bisogna seguire quella che Beppe Severgnini chiama la regola del PORCO. Un acrononimo che sta ad indicare cosa devi fare quando scrivi di Vincenzo. P pensa O organizza R rigurgita C correggi O ometti. Tutto quello che non è indispensabile scrivendo è dannoso. Ci ho provato in tutti i modi, ma a me non riesce omettere il rendimento della squadra in trasferta. No, non ce la faccio proprio. Mi fa stare troppo bene andare a vincere fuori casa, mi sembra miracoloso, sarà perché sono sempre stato abituato a perdere o a strappare qualche pareggiuccio con i denti. Sarà per questo che rimango dalla parte di Montella. E se proprio devo avere paura di qualcuno penso che a giro ci sono anche i Fratelli Rossetti.



sabato 27 dicembre 2014

Dopo Marin il phon


Tra il mercato e l’ultimo dell’anno si ripresenta come tutti gli anni il problema dei botti, e con il ritorno in Italia di Cerci anche i cani rimarranno traumatizzati. La Fiorentina dovrebbe invece effettuare solo operazioni in sordina, restituire Marin e sfoltire la rosa, solo con Pato sarebbe un mercato più rumoroso di un peto. Quello dei botti di mercato è un tema che sto affrontando seriamente con Tommaso che vorrebbe per forza una punta, ma da babbo rincoglionito quale sono, a me i botti fanno paura, e così cerco di distoglierlo evidenziando i pericoli. Uno deve riuscire a divertirsi in altri modi, perché poi le aspettative si rivelano drammi e ti ritrovi subito dopo mezzanotte al Milan Lab a curarti le ferite. Meglio trombetta e cappellino e salire sul solito trenino dei rintronati. Oppure c’è un’altra nuovissima alternativa a proposito di rumori. Non capita molto spesso di sentir parlare di questa specifica ossessione anche se è particolarmente insidiosa, soprattutto se consideriamo le sensazioni che genera nella persona dipendente, io l’ho suggerita a Tommaso per l’ultimo dell’anno. In particolare regala senso di pace e benessere interiore, è un mezzo di rilassamento, aiuta a pensare e riflettere, aiuta a studiare, isola e protegge, facilita il sonno, coccola, non abbandona mai, tiene caldo nel corpo e nell’anima, queste almeno sono le motivazioni al comportamento di dipendenza del phon acceso. Ognuno attribuisce a questa sua ossessione un’importanza differente. Spesso la persona si rassicura avendone più di uno in casa, la compagna del Bambi ne ha addirittura 5, qualora le si rompessero uno dopo l’altro. Ho detto a Tommaso che gliene avrei comprato uno professionale e che io non ce l’ho solo perché non ho i capelli, ma da ragazzo lo usavo sempre, e l’ultimo dell’anno l’accendevo allo scoccare della mezzanotte. Ho cercato di spiegargli tutti i vantaggi, che si tratta cioè di un "rumore bianco" o "white noise": se nei colori il bianco è la somma di tutti gli altri colori, nel suono, un white noise è un suono che racchiude tutte le armoniche delle frequenze udibili in maniera pressappoco costante e ritmica. Questo tipo di rumore è presente anche in natura ,vento, onde del mare, pioggia, temporali. Oltre a rilassare il rumore bianco prodotto dagli asciugacapelli, aspirapolvere, condizionatori, lavatrici e termo-ventilatori ha anche la funzione di coprire con un suono costante eventuali disturbi esterni (es. un cane che abbaia perché impaurito dai botti di capodanno, auto che passano, lancette di orologi, ecc.) isolandoci dalle seccature del mondo esterno in un soffice cuscino acustico. Io per esempio al gol di Tonelli ho tenuto l’orecchio sullo sportello della lavastoviglie per 45 minuti. Inoltre nel caso particolare del phon, anche dei fattori psicologici legati a ricordi d'infanzia e al ricordo del calore che il phon ci offre contribuisce a percepire questo rumore come positivo, benefico e avvolgente. Non sono stato convincente, Tommaso vorrebbe comunque Pato e non Paloschi, ma abbiamo trovato un compromesso, non accenderà il phon e neanche i botti, ci siamo accordati che aprirà una serie di quattro merendine confezionate facendo scoppiare la plastica.


venerdì 26 dicembre 2014

A Santo Stefano finisce l'embargo


Il giorno di Natale mangi e poi rimangi fino a quando non metti il risultato al sicuro. Spesso succede su un comodo divano. Così aspetti di digerire, tre giorni come il triplice fischio dell’arbitro. Il Natale del Bambi è stato invece un po’ più agitato del previsto, è uscito di casa con l’eskimo anche per andare alla messa di mezzanotte, malgrado la sua compagna gli avesse regalato un Moncler. Prima di arrivare in chiesa si è però intrufolato in una processione, ma si è accorto di aver sbagliato corteo solo dopo la seconda carica della Polizia. Buona invece l’iniziativa del Comune di Firenze che a partire dal 26 mattina, per due giorni, farà passare la differenziata per i regali di merda. Io quest’anno ho solo uno scoiattolo d’acciaio, che con la coda dovrebbe schiacciare le noci, è stato provato venti minuti con tanta fiducia. Come Brillante a Roma. Probabilmente andrà in prestito da un parente a Empoli. Intanto ho scoperto che la processione sbagliata del Bambi era in realtà un corteo No TAV, visto che sono dovuto andare al Commissariato d’Oltrarno per riprenderlo, e parlando con un agente ho scoperto che i No TAV si chiamano così ma in effetti non ce l’hanno affatto con le opere dell’Alta Velocità, si nascondono dietro questo falso problema, in realtà sono solo i giocatori di serie A scontenti. Quelli che giocano poco. Giovinco è a capo del gruppo dei No TAV. Poi c’è da rimarcare una sostanziale differenza tra Natale e Santo Stefano, due giorni così vicini ma così lontani, un po’ come tra chi firma il rinnovo del contratto e chi invece va via a scadenza. O anche come chi vive il suo embargo aldilà del ponte alla Carraia. Insomma, a Santo Stefano riaprono i bar che sono stati chiusi per Natale.


giovedì 25 dicembre 2014

Buon Natale a chi chiude il bar per Natale


A Natale si è tutti più buoni eccezion fatta per certi panettoni. Immangiabili anche per Natale quando i giudizi vengono falsati da una bontà di circostanza. E se i panettoni non sono mangiabili nemmeno per Natale, per quando lo sono? Alcuni sono ancora più cattivi, tanto che anche Zeman, boemo non certo legato alla tradizione di certe lunghe lievitazioni, all’ultimo tuffo se ne è andato via da Cagliari. Malgrado il suo gusto sia stato compromesso dalle mille sigarette, certi canditacci non li ha potuti sopportare. Un pensiero va a tutti coloro che nei prossimi quindici giorni saranno costretti a fare colazione con i panettoni avanzati, solo perché costano un euro. Meglio lasciarlo nel carrello allora. Un pensiero va a chi non sta bene, e non mi riferisco al presidente della Samp. Un pensiero va a chi è solo. Va a chi è lontano dagli affetti. A chi non sta per la Fiorentina. So che i miei pensieri sono favoriti dal fatto che appena nati si trovano già Diladdarno, dove per i pensieri è Natale tutto l’anno. Mentre c’è chi è costretto a volare sopra gli oceani per venire a visitare la fabbrica dei miei pensieri. Un pensiero va quindi a quelli che pranzano con il cappuccino, e poi vengono a trovarmi in fabbrica senza neanche conoscermi. Ancora con la schiuma sul naso. Un pensiero va alla Rita che mi sopporta, e a Tommaso che non mi ha scelto. A mia mamma che si aspettava altro, e a mia sorella che è stata costretta ad andare a convivere con Beppe, ma pur di andare via sarebbe andata a convivere anche con Ciro, che ancora ringrazia la Madonna che prima di lui ci sia stato un Beppe. Un pensiero va a me stesso, un pensiero che sempre più spesso rovista nel cassetto delle creme per la notte della Rita. E’ un pensiero che sta invecchiando. Un pensiero va a tutti voi che sono convinto siete una persona sola, e per di più sempre più impegnata a rovistare nei cassetti della Rita. Un ultimo pensiero prima di cominciare a scartare i regali va a coloro che sono abituati ad andare sempre al bar. Quel bar che oggi rimarrà chiuso. Buon Natale a tutti coloro che hanno un bar che chiude per Natale, oggi quando vorranno regalare un pensiero a qualcuno, pensino a chi per Natale è rimasto fuori dal loro bar.


mercoledì 24 dicembre 2014

Non aprite quella porta (2015)

Come nella migliore tradizione dei fanfaroni sanfredianini, quando è meglio scrivere quello che sarà invece del perché non gioca Marin, propongo le previsioni delle stelle (quattro chiacchiere sul più e il meno con Gasperini e Pioli).


Ariete
Sarà un anno di grandi novità per i nati sotto il segno dell’Ariete. La parola chiave è “partenze”: trasferte lunghe e quasi sempre vincenti. Attenzione alle “ripartenze” e alla conseguente inferiorità numerica.
Toro
Per i nati sotto il segno del Toro sarà un anno di recupero delle energie, dopo un periodo molto difficile specie sotto il piano emotivo. Si aspetta agosto per ufficializzare qualcosa: matrimonio? Luogo del ritiro della Fiorentina?
Gemelli
Appare un buon anno per i Gemelli. Saturno invita alla praticità della manovra, e nei primi sei mesi le stelle favoriranno gli inserimenti da dietro.
Cancro
Sembra sarà il vostro 2015: l’anno giusto per fare figli e per chiudere una questione legale rimasta in sospeso proprio con la persona con cui dovreste fare i figli. Ma anche con Neto che non vuole rinnovare, e neanche avere figli.
Leone
Si parte male, ma si finisce bene: problemi finanziari in via di risoluzione a fine anno. E’ chiaro che non esiste nessun tifoso Viola di questo segno perché a loro finisce sempre male.
Vergine
Ci sono cambiamenti che stravolgeranno la quotidianità dell’anno della Vergine. Non abbiate timore. Centrocampo a cinque, difesa prima a quattro e poi a tre, due vittorie in casa, un incapace in panchina, zero bomber. Pop!!! Buon annooooo!!!
Bilancia
C’è Saturno che lenirà ferite, ma ci vorrà del tempo. Giove, presumibilmente nella seconda parte dell’anno, favorirà incontri positivi con Ramadani. Marin rimarrà un oggetto misterioso come Speggiorin.
Scorpione
Il 2015 dei nati sotto il segno dello Scorpione sarà un anno importante, si parte con una carica inconsueta e si termina ancora meglio nella seconda parte. Forse sarà fischiato un rigore a favore per fallo di mano. Comunque il difensore non sarà espulso.
Sagittario
C’è voglia di cambiare vita, di diventare tifosi della Roma, ci sono investimenti in corso per pagare un albanese che vada a trovare Montella. Le stelle pare vogliano assistervi, a patto che il napoletano le faccia giocare.
Capricorno
I primi sei mesi del 2015 saranno nel segno dei cambiamenti, da settembre si raccoglieranno i risultati in casa, l’uva e forse quest’anno anche le olive.
Acquario
Un anno impegnativo, ma senza dubbio positivo che, tuttavia, pare preveda pochi momenti di svago e di relax. La storia del povero Joaquin sulla fascia da quando Montella si è messo in testa di farlo giocare.
Pesci
La prima parte dell’anno vi servirà per concretizzare progetti lasciati in sospeso come quello di vincere al Franchi. Ci sono possibili crisi di coppia all’orizzonte, verso la primavera. Crisi di coppa, pardon.



martedì 23 dicembre 2014

Questione di territorialità

L’Empoli di Sarri e il gol azzurro dell’unico fiorentino in campo hanno riacceso il dibattito sulla multiculturalità della nostra rosa, capita quando il risultato è deludente, o anche quando si gioca in casa dove il km zero non produce il raccolto sperato. E’ in questi casi che si cerca di dimostrare quanto la nostra rosa soffra la mancanza di uno spirito di appartenenza, presente invece nelle squadre composte da giocatori italiani che oltretutto provengono dai vivai. Il terzo miglior rendimento esterno del resto contrasta con il tredicesimo interno, e ci dice che avremmo avuto più probabilità di vincere la Supercoppa in Qatar che alla Mercafir, mentre anche i Della Valle stanno pensando a un paradiso fiscale lontano dal Franchi sempre così pieno di deficit di bilanci. E’ un po’ lo stesso tema della stagionalità, perché vincere solo fuori casa è come mangiare le ciliegie fuori stagione, mentre un tempo a Firenze era tradizione mostrare la propria forte territorialità, e per l’avversario erano solo cavoli neri. Insomma sono meglio i datteri o i diosperi? E’ meglio un mastino napoletano o un dogo argentino? E’ meglio l’alto tasso di litigiosità e di maleducazione in purezza in cui si agita il calcio italiano o il fair play della Premier? Sono meglio le acrobazie di opinionisti in perenne lotta con la grammatica, oppure è meglio lo streaming sudamericano? La più alta capacità di adeguamento alla stagionalità del nostro calcio va riconosciuta invece a Garcia, capace dopo solo un anno di adeguarsi all’italico andazzo. Ha ragione il Napoli che con la sua 5° peggior difesa va a cercare solo attaccanti, disattendendo la tradizione del calcio italiano di Rocco? E’ meglio la comicità toscana di Renzi oppure l’humor inglese di Mister Bean? Se pensiamo alla cantera del Real Madrid che sforna più giocatori per la prima squadra del Pugi le schiacciate con l’olio, devo dire senza vergognarmi che anche il Pata Negra era più buono dell'ultima cinta senese, così come se avessi Messi farei a meno anche della ribollita. E a proposito di territorialità, ognuno si tiene la propria suocera e condividerà le feste con i parenti, nella più stretta tradizione che prevede solo a Pasqua il bomba libera tutti. Così come il forte senso di appartenenza presente Diladdarno fa si che la pillola sia letta da una sanfredianina come Gaia Nanni e non da una di Borgognissanti, che la radio non sia Radio Fiesole ma Radio Toscana, con sede in via dei Pucci, il caffè lo prendiamo da Gilli, e se c’è un buffet in città faremo a gomitate con Eugenio Giani. “Non ci rimane che affogare nei pranzi delle feste l’amarezza per la mancata vittoria contro l’Empoli. Uno slalom tra inviti, avanzi e coccole della suocera. Ripiene come le olive ascolane. Fritte. Perché la suocera frigge tutto. Frigge come quando non vede l’ora di ricordarti per Natale il gol di Tonelli. Donna chiave dei Natali italiani, la suocera. Donna che cucina prevalentemente per il genero che va rimpinzato. Il genero deve essere bello forte per accudire la figlia. Il cosiddetto genero alimentare. E passiamo rapidamente ai propositi per il prossimo anno. Un classico come i tortellini in brodo della suocera. Gomez si è ripromesso di fare gol dopo le feste. Mentre in me scrocchia sempre più rumorosa Ia convinzione di non andare in palestra nemmeno quest’anno. O forse è solo lo scrocchiare tipico dell’addormenta suocere.”



lunedì 22 dicembre 2014

Quando le disposizione tattiche sono troppo vaghe

Fiorentina Empoli è la classica partita trappola che devi vincere perché quelli che hai davanti non fanno provincia, poi invece succede che il calcio non guarda in faccia nessuno, che non si fa con le figurine e neanche con le targhe, ed era stato fin troppo facile prevedere che sarebbe stata una partita scorbutica. L’Empoli infatti è una squadra che gioca bene, bisognava sfruttare al meglio il possesso palla e il tasso tecnico superiore, non certo dilapidare occasioni su occasioni per il raddoppio, e regalare un gol che era già stampato come avvertenza sui biglietti d’ingresso alla stadio, tanto era stato ampiamente considerato il pericolo maggiore. Così non è stato, la squadra ha continuato a fare i conti con lo scarso apporto del reparto offensivo, ha sbagliato con Borja Valero un gol di testa da un metro, e ha sbagliato all’inizio del secondo tempo il raddoppio almeno un paio di volte. Partita complicata anche da un palo è giusto ricordarlo. E’ un vero peccato chiudere l’anno così, perché la squadra a tratti è stata persino sontuosa, mentre in altri ha mostrato tutte le sue pecche, specie nel primo tempo in un paio di ripartenze sprecate malamente dall’Empoli. E la pecca più grande è targata Marocco, visto che ancora una volta c’è stato bisogno di strappare un giocatore al Ramadan per mancanza effettiva di punte. Ancora bene invece Mati Fernandez e Pizarro che sembra vivere una seconda giovinezza, Cuadrado perde la sfida personale con Sepe, bene ancora Vargas e il suo sinistro, mentre la difesa è purtroppo da bocciare in blocco per l’imperdonabile leggerezza sul calcio d’angolo, e nei suoi singoli scelgo di buttare giù dalla torre Basanta, grave il suo errore che nel primo tempo manda in porta Tavano, che per fortuna fa molto peggio di Gomez. I detrattori sosterranno che sono disposizioni di Montella. Per me la delusione più grande rimane proprio il tedesco, perché deve far gol e non lo fa, quando deve far alzare la squadra non ci riesce, non difende un pallone, anche se io continuo a sperare in lui che insieme a Rossi sono indispensabili al raggiungimento degli obiettivi. E poi Borja Valero che gli c’è voluta tutta la partita per rendersi conto della cazzata che aveva fatto sbagliando quel gol di testa, e così alla fine quando ha fatto mente locale, ha dato di matto facendo anche in quel caso il gioco dell’Empoli. Questa volta però non si dice che sia stato il Mister a dare disposizione di buttarla fuori, però neanche di buttarla dentro, la colpa del napoletano in questo caso è stata proprio quella di lasciare troppa libertà di scelta al giocatore. La partita invece andava chiusa, bisognava imporre ai giocatori di fare gol visto che abbiamo giocato quasi costantemente nella loro metà campo, le occasioni andavano sfruttate, questa è stata la colpa della Fiorentina e soprattutto di Montella, l’Empoli dal canto suo ha disputato una gran partita, organizzato e sempre pronto a ripartire. Ci poteva stare anche la beffa nel finale. Comunque non c’è mai da stare tranquilli, no, non mi riferisco al rendimento interno, e nemmeno alle scelte di Montella, so che vorreste rifarvela con me perché lo difendo, e io a mia volta vorrei sfogarmi con voi perché tendete a santificare i giocatori. Come si dice, ognuno c’ha le sue, ma il mio “non si può mai stare tranquilli” non è riferito neanche allo sciame sismico, che molti di voi reputano dovuto alla mancato utilizzo di Marin, e del quale siamo per una volta d’accordo, non è legato ad una attività vulcanica. Sul fatto che non ci sono vulcani nel Chianti non ci piove, mi riferisco al fatto che ieri due malviventi sono evasi da Sollicciano. Non bastava il pareggino interno con l’Empoli che è peggio di mangiare un panettone scelto a caso da uno dei pancali della Coop (provate un panettone vero di pasticceria), in San Frediano la gente vive nel terrore che possano tornare a delinquere con le loro attività criminose. Lo vive peggio di una sostituzione all'ottantesimo di Montella. Per sicurezza la Polizia sta sorvegliando Palazzo Vecchio, per evitare che quei due tornino a fare gli assessori. Come a Milano del resto in serata si è temuto che tornasse Mazzarri.

domenica 21 dicembre 2014

"A noi ci piace l'Algida"

Il calcio non è più quello di una volta, e non solo il calcio. “Prima della gara Valcareggi mi dice: «Zigo, oggi non giochi». Non c’era nulla da fare, dovevo andare in panchina, e visto che era una giornata molto fredda decisi di andare in campo con la pelliccia ed il cappello. Entrai in campo e ci fu un boato”. Il Bentegodi come Broadway, ad accogliere Zigoni Gianfranco da Oderzo, viveur travestito da seconda punta, showman a tempo pieno e calciatore occasionale, insomma uno che sapeva godersi la vita e non se ne vergognava. Il problema purtroppo è che non ci sono più neanche gli inverni di una volta, a Bolzano non c’è la neve e non riescono nemmeno a spararla. Oggi è il primo giorno d’inverno, ma Marin Marko non potrà indossare nemmeno la pelliccia. E anche gli allenatori non sono più quelli di una volta, Montella è uno che in mancanza d’inverno se la prende con i giocatori trattandoli tutti alla stessa maniera come se Jakovenko fosse uguale a Rossi. Zigoni una volta umiliò il Milan con una tripletta. Trapattoni, che non riuscì a marcarlo, lo paragonò a Pelé (opinione che Zigoni, peraltro, ha sempre condiviso). Dello stesso parere era il leggendario Santamaria del Real Madrid, sfiancato da un turbinio di finte e tunnel di cui non era riuscito a venire a capo. Doveva esserne convinto anche Valcareggi (altro che Vincenziello), che così rispose al povero Logozzo, infuriato perché in ritiro tutta la squadra era costretta ad alzarsi alle 8 mentre a Zigoni era concesso di starsene a letto a suo piacimento: “Quando avrai due piedi come i suoi, potrai dormire fino a mezzogiorno”. Nel nostro calcio Batistuta scelse la bandierina per andare a festeggiare i suoi gol, Zigoni la bandierina del calcio d’angolo la vedeva in maniera diversa, come quando ne suggerì a un guardalinee il suo uso improprio e non certo ortodosso. Una vera rockstar, a cui non sarebbe dispiaciuta una fine adeguata: «Sognavo di morire sul campo, con la maglia del Verona. M’immaginavo i titoloni dei giornali e la raccolta di firme per cambiare il nome allo stadio: non più Bentegodi, ma Gianfranco Zigoni. La radio avrebbe gracchiato: ‘Scusa Ameri, interveniamo dallo Zigoni di Verona…”. Insomma, il calcio non è più quello di una volta, e non solo il calcio. Anche le estati sono diventate piovose, mentre in occasione della prima e unica partita in Nazionale, alla richiesta del ct di fare più movimento sulla fascia destra Zigoni rispose picche, perché faceva troppo caldo. E poi so per certo che nessun giocatore dell’Empoli vorrebbe mai morire sul campo per farsi intitolare uno stadio che si smonta con una chiave del 10.

sabato 20 dicembre 2014

Cynismo "contro il logorio della crisi moderna"

E’ un sabato prenatalizio strano, combattuto tra la crisi economica che incombe come il derby contro i cugini di campagna, e il desiderio di Marin. Comunque non tale da frenare la mia ricerca morbosa di prosciutti spagnoli. I miei sguardi non conosceranno il fair play finanziario, e nemmeno i limiti presenti nei periodi dove l’imperativo è razionare, ma si poseranno generosi su tutte le mele turgide che li inviteranno a costo zero. E sulla tavola di queste festività al ribasso non mancheranno le bollicine, e i tre punti contro l’Empoli. Comunque no alle uova di lompo, no al Lancers Rosè, no all’olio tartufato, e no anche a uno scambio di prestiti. Spenderò tutto per lo champagne, i fagioli di Sorana, il Pata Negra, il Castelmagno, i gamberi rossi siciliani, e la crisi la combatto in un’altra maniera. Intanto suggerisco di non andare nei cinema multisala a spendere 100.000 lire tra ingressi, popcorn, bibite e Mars, e per vedere Fast & Furious 3D, che tanto fa cacare lo stesso, aspettate un anno e andate a vederlo al cinema parrocchiale dove c’è il baretto gestito da quei due anziani lentissimi ma con i prezzi da oratorio. Lo so che in questa crisi c’è chi si intrufola per suggerire tristi tecniche di riciclo, e non mi riferisco a Joaquin costretto a 33 anni a fare tutta la fascia in su e giù pur di giocare, oppure ad altre strategie di risparmio in vigore nei periodi della grande depressione. Io no, io vi sprono a concentrare tutte le risorse a disposizione, magari per meno cose ma più di qualità, e poi vi suggerisco una tecnica che vi libererà dalle rimanenti pastoie burocratiche della crisi economica. Sparate pure tutte le vostre cartucce, godete concentrando il budget a disposizione solo per l’eccellenza, e per far questo, visto che la crisi economica morde alle caviglie proprio nel periodo dello shopping natalizio, la ricetta è una sola; il cinismo. La soluzione è semplice, efficace ed economica, trovate pretesti per litigare con tutti i parenti e gli amici in modo da sentirvi esentati dal fare loro i regali, utilizzare le risorse unicamente per riempire la pancia. Sarà sufficiente intorno al 10 gennaio, fare in modo di rifare la pace con tutti. E così mentre sguazzo come un maiale nelle acque cristalline del cinismo, non mi resta che mandarvi tutti affanculo.

venerdì 19 dicembre 2014

Agganci

Se dovessi raffigurare graficamente il nostro mondo del calcio lo farei pezzato come una mucca, forse per come viene munto. Tutti i giorni, prima, durante e dopo. Quello che salta agli occhi è che molti dei suoi protagonisti, prima in campo, e non solo visto il calendario dei giocatori del Napoli, e poi una volta finita la carriera si riciclano e continuano a mungere come inossidabili politici. Trasversali ai partiti, alle televisioni, e alle centinaia di partite. In un trionfo di ex mariti di ex veline, dopo che ancora in attività non festeggiavano il gol dell’ex. C’è chi tra questi affolla l’esercito degli opinionisti televisivi, chi invece affianca i telecronisti alla stessa maniera di quando ancora accompagnati alle veline non ancora ex, faceva le sovrapposizioni. Solo dei nostri ex mi vengono in mente Amoruso, Adani, Di Livio, Galbiati, Robbiati, Galli, Flachi. Poi ci sono quelli che diventano dirigenti, vedi il guardaspalle albanese di Lotito, lo sono stati Antognoni, Oriali e Branca, che continuano a svolgere mansioni anche in Federazione come Albertini, lo è Nevded. L’ultima tendenza vede giovani ex giocatori già sedere su importanti panchine, e qua la lista è lunga, da Montella a Inzaghi, da Sinisa ad Allegri, Conte, Pioli, insomma è tutto un magna magna, con la percezione che il passaggio dal calcio giocato a quello allenato sia sempre più breve. Un tempo un Mister faceva gavetta e a seguito delle esperienze e dei successi approdava nella massima serie. E’ capitato che questo processo sia stato addirittura forzato inducendo in tentazione un giocatore a smettere di giocare pur di andare a sedere su una panchina importante come quella del Milan. Insomma un tempo il giovedì si vedeva vincere Massimo Inardi a Rischiatutto, oggi si è costretti a veder vincere Juve e Napoli. La mia paura è che tutto questo carrozzone possa diventare molto presto un carro funebre, e questo mi consente a proposito di ex, di parlare dell’esperienza di uno di un altro sport, certo che un giorno ci potrebbe tornare utile a tutti, con la garanzia che il trasporto andrà a buon fine, senza imprevisti fastidiosi come quelli che capitano ad un ex del nostro amato mondo del calcio quando è costretto all’uso intensivo del congiuntivo, oppure da Mister quando si cimenta in sostituzioni cervellotiche. Parlo di come è strana la vita. Da pilota di Formula Uno, a ‘pilota’ di carri funebri. E’ l’incredibile parabola della vita di Heinz Harald Frentzen, ex protagonista del circus di F1 che oggi a 47 anni si guadagna da mangiare in tutt’altro modo. Nel 1997, l’allora promettente Frentzen chiuse al terzo posto il Mondiale vinto da Jacque Villeneuve, grazie anche alla squalifica di Michael Schumacher per l’incidente con lo stesso canadese a Jerez. Frentzen, compagno di squadra in Williams di Villeneuve, divenne famoso anche per essere l’ex fidanzato di Corinna, attuale moglie di Michael Schumacher. Naturalmente anche il mondo del calcio non si fa certo mancare il turbillon delle ex, come la chiacchierata Wanda Nara contesa tra Maxi Lopez e Icardi. Oggi però Frentzen si guadagna da vivere lavorando come autista di carri funebri, dopo che la sorella Nicole ha ereditato l’azienda di famiglia fondata dal padre. Lui guida con disinvoltura il carro nero per tutta Monchengladbach. Aggancio questo che mi serve anche per salutare Virna Lisi, la Marylin italiana.


giovedì 18 dicembre 2014

Social food

Mentre già impazza il mercato di gennaio, preferisco viaggiare tra quelli più belli, che non sono di riparazione e non offrono quindi neanche paperi, ma spezie, cioccolata, pane appena sfornato, Tè, delizie per ogni palato, frutta di stagione, alta pasticceria, hamburger e polli arrosto, formaggi e vini pregiati...insomma niente da buttar giù per rifarsi il palato da esperienze rimaste di traverso. E questa volta non c’entra niente Pedullà o Criscitiello, niente deludenti classifiche da risalire. Un giro nei mercati per di più coperti, visto che tra i più bei mercati coperti d’Europa c’è anche quello di Firenze, dove si possono fare acquisti senza per forza passare da Ramadani, e neanche fare visite mediche da Fanfani. Dal bellissimo mercato di Budapest, recentemente ristrutturato per riportare in vita i suoi 10.000 metri quadrati e l’incredibile soffitto di vetro e ferro battuto, fino a Rotterdam, un arco altissimo e colorato che ricorda il lancione di Dainelli, che lascia vedere il cielo mentre ospita più di 200 appartamenti affacciati sulla piazza. Oppure la Boqueria di Barcellona e il mercato di Stoccolma, la multiculturalità di quello sulle rive del Tamigi fino al bazar delle spezie di Istambul dove si possono abbandonare le grigie atmosfere del nord per buttarsi nella città più colorata e profumata del Mediterraneo. Anche se a Prandelli le spezie davano fastidio all’etica. Il mercato coperto di Helsinki è un altro splendido edificio in mattoni e vetro, mentre se torniamo al sud e di nuovo in Spagna, a Madrid di fronte a Plaza Mayor c’è il centralissimo San Miguel realizzato interamente in ferro. E poi Berlino dove chiamarlo mercato sarebbe riduttivo. I berlinesi dimostrano ancora una volta il loro grande amore per le atmosfere un po’ retro e molto bohemien, in questo grandissimo e splendido edificio situato nel quartiere di Moabit, a nord-ovest del centro. Oltre ai numerosi banchi che vendono prodotti freschi e piatti pronti (tradizionali e non), qui si trovano bellissimi angoli dove gustare il pranzo o un paio di bicchieri di vino la sera, seduti su poltrone vintage e circondati da tavoloni di legno, piante, lampadari di cristallo e, magari qualche concertino improvvisato, senza il rischio di incrociare centravanti che si toccano continuamente il ciuffo e s’impappinano davanti al portiere. Per arrivare al nostro che non è lo squallido Ata Hotel di Milano, ma una struttura costruita quando Firenze era capitale d’Italia e non c’era ancora il fair play finanziario, e neanche mafia capitale, alla fine del XIX secolo, il Mercato Centrale è il nostro fiore all’occhiello nel panorama internazionale dei mercati coperti. Il primo piano è il cuore pulsante della struttura, anche perché fa rivivere quello che in passato era il famoso mercato di San Lorenzo. Qui è possibile trovare la tradizione fatta di prodotti unici al mondo: pasta fresca, fritture, formaggi, pane, vini e molto altro ancora.. Il tutto nella splendida cornice progettata dall’estro dell’architetto Mengoni (quello della Galleria Vittorio Emanuele a Milano) che niente ha da invidiare alle idee di Mino Raiola o a quelle di Pradè e Macia. Insomma specialità gastronomiche freschissime e uniche, scuole di cucina ospitate in questi social food. Tra specialità tipiche, frutta, verdure fresche, carne, pesce, dolci. Vere isole felici al riparo dai Direttori Sportivi e dai giornalisti. E poi c’è lui, che non è da recuperare come Marin, anche se ha lo stesso numero di maglia, perché il lampredotto non delude mai.


mercoledì 17 dicembre 2014

Derby a km 0

Dicembre inoltrato ormai, come la letterina di licenziamento che alcuni hanno fatto arrivare a Babbo Natale. Adesso quel pover’uomo dovrebbe farla trovare a Montella sotto l’albero, come se fosse un operaio della Lucchini qualsiasi. Intanto lui fa lo gnorri e continua a vincere in trasferta, con l’unico vero problema di chi sta così tante ore fuori casa a vincere partite in trasferta, e che non sono le difese troppo chiuse, ma il fatto che è costretto a pisciare un po’ dove capita, si, anche sull’albero della letterina, proprio come se fosse un cane di allenatore. Menomale che domenica c’è l’Empoli in casa, e anche quando giocheremo a Empoli, l’eventuale sconfitta dovrà essere considerata una sconfitta interna, almeno fino a quando Empoli non farà provincia. In seconda ipotesi, ma questa volta molto meno natalizia, se non ci penserà Sarri a fare giustizia, ci potrebbero pensare quelli del l’Isis che sono ancora più tagliatori di teste di Zamparini. Cattolici, induisti, antidellavalliani, musulmani, Musumeci, buddisti, Bud Spencer, pidduisti o semplicemente atei, per quanto possiamo ignorare o addirittura odiare il Natale, alla fine ognuno di noi dovrà piegarsi alla strumentalizzazione commerciale di questa festa, ed accettare il fatto che perlomeno un paio di regali andranno fatti, fosse soltanto per mantenere in vita i rapporti diplomatici essenziali per la sopravvivenza. A Lele, pur essendo uomo, ho pensato di regalare una bambola Voodoo con un sorrisetto idiota e l’accento napoletano, naturalmente corredata di spilloni. Ma a parte i regali come questo che rasserenano chi li riceve più del Prozac, di Ljajic, oppure le Hogan a Zemanviola che esaltano tanto l’orologio bianco, la lista dei regali inutili in queste occasioni abbonda: a partire dal classico soprammobile-fermaporte-prendipolvere che “mi ci voleva davvero” e che per questo Natale vestirà la maglia numero 33, passando per il cappellino di lana con barba da regalare a Foco per le notti di fredda e lucida manutenzione, senza per questo dover rinunciare al look di uomo con barba che svela il carattere dell’uomo che la porta, finendo con l’ormai intramontabile smart box comprensiva di notte in un mezzanino di Borgognissanti e successivo alcol tour in via Palazzuolo dove sono ubriachi anche quelli che non bevono. A questo punto la domanda sorge spontanea, perché non provare con qualcosa da mangiare? Alla fine nello stomaco c’è buio, e perlomeno il cibarsi è un bisogno che accomuna un po’ tutti. Ma i dubbi non finiscono qui, magari.. “La moglie è vegana, quindi niente salame nel cesto!”, “E’ un hipster aristo-rasta, non possiamo regalargli la cesta già pronta con i prodotti delle grandi industrie dolciarie!” Dunque, ecco la soluzione: una cesta interamente composta con prodotti a km 0, provenienti da piccole aziende agricole del territorio. Visto che in San Frediano sono soprattutto 0 proprio le aziende, sarei tentato di regalare al Colonnello, sempre quando si degnerà di venire a salutarci, e sperando che non fraintenda il significato della genuinità dell’unico vero prodotto a km 0 prodotto sul marciapiede di via dell’Orto, la merda biologica del bassotto del Torcini. E visto che sono altruista come Robin Hood, a tutti coloro che vorrebbero fare fuori Montella, consiglio di regalargli un comune panettone, “No, il panettone non va bene, è celiaco!”, ed ecco la genialata d’Oltrarno, fargli credere d’essere celiaco, fategli recapitare risultati di analisi false, scatenategli intolleranze farlocche spruzzandogli il profumo alla cipolla di Certaldo che usa Spalletti, così alla fine non mangerà il panettone.

martedì 16 dicembre 2014

Tra il Tottenham, Kandinsky e la Nanni

L’urna europea ci regala una sfida dal grande fascino, il sapore è quello tipico del sobborgo di Londra, il dodicesimo club al mondo per fatturato, non il Galluzzo. E quando penso al fascino delle squadre di Premier League, mi viene in mente che ieri ero in Val di Gesso tra gli stambecchi, mentre adesso sono già diretto verso Chieti, questo per dire come con la mente si può essere molto lontano dalla realtà. Il fascino che suscita la partita contro gli “Spurs” in questo momento è superiore anche a un quadro di Kandinsky, che se non fosse stato per Google non mi sarei nemmeno ricordato dell’anniversario della sua nascita. Fascino superiore anche al gioco di Montella, un fascino più astratto e russo. Dalla Val di Gesso a Chieti, a Londra, a Mosca, per parlare di teorie sull'uso del colore, intravedendo un nesso strettissimo tra opera d'arte e dimensione spirituale. Il colore può avere due possibili effetti sullo spettatore: un "effetto fisico", superficiale e basato su sensazioni momentanee, determinato dalla registrazione da parte della retina di un colore piuttosto che di un altro; un "effetto psichico" dovuto alla vibrazione spirituale (prodotta dalla forza psichica dell'uomo) attraverso cui il colore raggiunge l'anima. Esso può essere diretto o verificarsi per associazione con gli altri sensi. L'effetto psichico del colore è determinato dalle sue qualità sensibili: il colore ha un odore, un sapore, un suono. E quando si arriva a parlare di colore dell’anima allora ritorno subito a Firenze, in San Frediano dove c’è lei che ieri ha ribloggato abbestia, che finisce per A come Montella, ma che è più bella, anche di uno stambecco e di un sobborgo di Londra. La composizione pittorica è formata dal colore, che nonostante nella nostra mente sia senza limiti, nella realtà assume anche una forma. Colore e forma non possono esistere separatamente nella composizione. L'accostamento tra forma e colore è basato sul rapporto privilegiato tra singole forme e singoli colori. Se un colore viene associato alla sua forma privilegiata gli effetti e le emozioni che scaturiscono dai colori e dalla forma vengono potenziati. Il giallo ha un rapporto privilegiato con il triangolo il blu con il cerchio e il rosso con il quadrato (non Cuadrado). La Gaia è la migliore combinazione di passera mora sanfredianina, che suscita in me emozioni maggiori anche di Chieti, e se Kandinskij abbandonerà per sempre la pittura figurativa dopo una serie di passaggi, io in quanto Pollock, attraverso la Nanni, faccio esattamente il percorso contrario ritornando al figurativo delle sue forme, rinnegando in maniera vergognosa anche il periodo del dripping, parlando di Babbo Natale e di pandoro, alla faccia di Peggy Guggenheim: “Invece di pensare ai regali di Natale ho guardato la Fiorentina. Una vittoria per 4 a 1 con più luci di un centro commerciale. Anche meglio di un 3 per 2. L’atmosfera natalizia l’ho onorata però inzuppando il pandoro nel caffellatte, mentre Gomez, goffo come Babbo Natale, regalava l’ennesima delusione senza che nessuno avesse scritto neanche la letterina. Il Cesena ha interpretato al meglio l’atmosfera di crisi, io invece ho confermato la tradizione che  vede sbrodolarmi il pigiama e il mento quando inzuppo il pandoro nel caffellatte. E non mento se dico che aspetto con più impazienza i pandori a un euro, più ancora dei gol di Gomez. E mentre la lavatrice si prende in carico i miei pigiami con gli orsi, la centrifuga frulla felice, e i tifosi si mangiano le prelibatezze, lui, il tedescone, si mangia l’ennesimo gol. Se fosse possibile cambiare il regalo, sarebbe meglio addirittura la Merkel”.



lunedì 15 dicembre 2014

Ci sono un tedesco, un americano e un napoletano...

La partita di Cesena ha confermato che la squadra è in salute, oltre a un’altra delle grandi verità del calcio; quella che bastano un grande portiere e un grande centravanti. A Montella si contesta il fatto di non essersi vergognato per la seconda volta consecutiva, in quanto il calendario lo ha costretto a vincere contro una squadra di merda come il Cesena, tre punti che quando l’hanno fatti le altre contro i romagnoli, rimpinguandoci le classifiche, sono serviti per attaccare il tecnico che magari pareggiava in casa del Milan mentre il Napoli ci passeggia. La classifica dice che la Fiorentina è a 3 punti dal terzo posto malgrado la mancanza di attaccanti e malgrado l’allenatore, forse con Stramaccioni o Iachini la squadra sarebbe arrivata prima nel girone di Europa League e oggi sarebbe a tre punti dalla Champion. C’è da apprezzare soprattutto il lavoro di Iachini che pur da Palermo ha sempre creduto in Mati Fernandez, in più non sorride mai e non è napoletano. Reja ha invece il grande vantaggio di avere più tempo libero per fare i regali di Natale. Si dice che Delio Rossi sia più inviperito per il mancato utilizzo di Marin, molto di più che per aver perso la causa contro la società, secondo lui rea di averlo licenziato per giusta causa. “Almeno le avesse date a Ilicic”, sembra aver commentato Andrea Della Valle dopo la lettura della sentenza. Ora arriva l’Empoli che però non fa provincia e quindi se vinci è troppo facile perché comunque c’è la Fi Pi Li, e se non vinci sei una fava, se comunque vinci si dirà che Empoli è troppo vicina a Vinci. Il fatto che a Empoli le vetrerie hanno chiuso quasi tutte non potrà essere un’attenuante se non arriverà una vittoria trasparente. Parliamone del problema Franchi, senza soggezione e senza fare sconti, che è sempre stata una costante per l’uomo prima che per l’allenatore, Vincenzo le maggiori difficoltà le ha avute in casa, tanto che è andato via presto crescendo proprio ad Empoli, una cittadina che oggi gli si potrebbe ritorcere costringendolo a vincere. Dopo Cesena si è precipitato a dichiarare che in caso di vittoria non sorriderà. E’ stato sempre così, sarà che è di Castello di Cisterna, sarà che somiglia all’uomo nero, sarà che non perde i capelli come invece succede agli abitanti di Certaldo, ma tutti i familiari che hanno figli piccoli beccati a fare qualcosa che non devono fare, li sgridano con la minaccia che se non fanno i bravi da grande saranno allenati dallo zio Vincenzo. E poi ci si mettono anche quelle merde dei giocatori che fuori casa fanno di tutto per vincere, a parte Gomez, fa gol persino il marocchino solo per aumentare il gap con il rendimento interno. Soltanto Marione è onesto con l’allenatore, oltre a Pepito Rossi che s’infortuna sempre seriamente per non incidere sul rendimento esterno piuttosto che quello interno. Del resto uno è americano e l’altro è tedesco, e adesso l’avrete capito perché c’ha sempre quel sorrisetto del cazzo, e perché uno non segna e l’altro non gioca più? E’ così del resto che nascono “quelle” barzellette; C'erano una volta un americano un tedesco ed un napoletano. L'americano dice: - Noi in America avere la Statua della Libertà. Il napoletano e il tedesco dicono:- E noi ci cachiamo sopra! Il tedesco a quel punto dice: - Noi in Germania abbiamo la Porta di Brandeburgo! Il napoletano e l'americano fanno:- E noi ci cachiamo sopra! Il napoletano, sempre il più furbo, dice: - Noi in Italia abbiamo i fichi d'india...L'americano e il francese dicono: - E noi ci cachiamo sopra!



domenica 14 dicembre 2014

Per pensare

La domenica è la giornata più classica per parlare del pranzo, anche di quelli meno digeribili dalla suocera, o di quelli indigesti di un lunch match andato male. In un blog di sconclusionate scalette dove anche il cibo è uno dei non argomenti. E in un periodo di festività dove lo spreco la fa da padrone. Anche più della moglie. Visto che di bischerate ne dico tutto l’anno, e il mio pronostico di oggi è un 2 secco che non lascia spazio a trattative, prendo fiato per un giorno, ma anche spunto da una mostra fotografica per invitarvi alla riflessione invece che a pranzo. Semplicemente foto che sono silenziose compagne di questo spazio. Un’altra passione. Di quelle che almeno per un attimo hanno il pregio di far pensare a certe evidenti disparità. Il problema della fame è ancora presente in tutto il mondo, come lo è sempre stato, affamare i popoli è stato anche un mezzo usato dai dittatori. La foto per pensare in tempi di grande distribuzione. Il cibo sulla tovaglia rappresenta il pasto dei privilegiati mentre sul tavolo nudo c’è la dieta dei poveri. Quelli che per via dei bacini d'utenza non vincono mai niente. Cominciando dall’altica Roma dove a mangiare bene tipo Spalletti erano circa il 2% della popolazione. Il resto mangiava più che altro miglio, un cereale che i ricchi snobbavano ritenendolo adatto solo per il bestiame, o comunque per i laziali.  Mentre la Francia di Platini alla fine del 18° secolo era sull’orlo del fallimento, e i cittadini pagavano a caro prezzo anche solo un pezzo di pane, Luigi XVI e Maria Antonietta si crogiolavano tra lussi decadenti. La regina iniziava la sua giornata con una tazza di cioccolata calda con panna montata e fiori d’arancio. Lasciando a Ribery solo le cicatrici di un brutto incidente d’auto. Per arrivare all’America dei giorni d’oggi dove il 20% fa fatica a permettersi il cibo dell’anno prima. Dove Sacchi ci ha perso un Mondiale e dove in troppi dichiarano di mangiare il cibo oltre la data di scadenza. Oppure in Corea del Nord dove più di un quarto dei bambini sono rachitici a causa della malnutrizione cronica. 2,8 milioni di persone hanno bisogno di assistenza alimentare regolare. Infine la Siria dove vengono forniti pacchetti di riso e pasta a oltre 4 milioni di persone che sono alla disperata ricerca di aiuto alimentare. La carenza dei finanziamenti e i conflitti armati ostacolano gli sforzi del Programma Alimentare Mondiale delle Nazione Unite. Anche per questo sono qui a sperare che Montella mangi il panettone.
 
 
 
 
 
 


sabato 13 dicembre 2014

Bassifondi o altiforni?

E’ chiaro adesso perché si spinga per la soluzione Giovinco, dopo Marin sarà il quarto nano da giardino dei Della Valle. Una soluzione a basso profilo, e gli altri tre potrebbero essere Sau e Moralez, mentre Insigne è nel mirino anche perché già infortunato. Poi un altro paio di panchinari come De Luca, Fetfatzidis, tanto nell’arco di un campionato vuoi che non passino quelli stronzi che rapiscono i nani da giardino con la scusa di liberarli? Si perché una volta debellato quel sedanone di Ilicic, la squadra di nani potrebbe mettere in luce tutta una serie di vantaggi tipici della categoria. C’è da tenere presente che questo è un calcio che va sempre più nella direzione della fisicità a scapito della tecnica, sempre più giocatori quindi non sapranno crossare. Il giocatore basso è il primo disincentivo proprio a quella pratica ripugnante che è il cross dal fondo. Finito Pasqual finito amore, insomma. Maradona e Messi sono brevilinei, coordinati, sempre in perfetto equilibrio. Penso anche a Don Lurio, elastico, a Juri Chechi re degli anelli, fino a Joe Pesci, tutta gente che sente molto da vicino le vibrazioni della madre terra. Al cinema, per esempio, quello alto che ti si siede davanti rompe le palle, il tipo basso tranquillizza la platea, viene apprezzato perché non svetta. Anche lo stesso tifoso, più è basso e più ha una favorevole visuale quando chino s’incammina verso lo stadio, perché questo suo rapporto di vicinanza con il terreno gli permette più facilmente di trovare 20 euro sul marciapiede, che poi spenderà in Pocket Coffe per far girare l’economia. Non ci sono da sottovalutare le reazioni che scaturiscono  dal rapporto con le fiche già di per se più alte, perché con l’aggiunta del tacco 15, la differenza viene percepita dagli altri come quello che ha i soldi, o più semplicemente come quello che ce l’ha lungo. Topolino del resto è scaltro mentre Pippo è sciocco, Paul Simon, Cocciante e Pupo cantano con il cuore vicino a un buco poco nobile, ma sempre meglio di un cantante alto che è più vicino a problemi seri come il buco dell’ozono. E’ vero che i nostri figli sono già un metro e ottantacinque a 13 anni e mezzo, e questo purtroppo decreterà  lo sdoganamento di un calcio più dinoccolato e indolente, esteticamente meno accattivante. L’unico vantaggio è che si andrà verso giocatori che non avranno più bisogno dell’elevazione per colpire di testa, a tutto vantaggio delle articolazioni e delle mamme che si faranno spolverare i lampadari senza pericolosi e improvvisati equilibrismi. Anche i Rembrandt perderanno fascino a favore dei social. Squadre che saranno costrette a fare la foto di gruppo solamente accasciati, noi saremo invece sempre più sballottati tra spritz e americani, rimpiangendo il più schietto Nano ghiacciato. Ai gobbi rimarrà anche il rimpianto di Galderisi. Noi che abbiamo sempre considerato il basket uno sport così lontano, noi che riconosciamo l’ulivo così chiatto ma familiare, e ci urtano gli alberi ad alto fusto, con la sola eccezione tutta toscana del cipresso, con il quale e non a caso abbiamo creato corridoi naturali verso i cimiteri. Noi del resto abbiamo Brunetta e gli americani Schwarzenegger. Noi che non beviamo certi sciacquoni, ma anche il caffè lo preferiamo basso.

venerdì 12 dicembre 2014

Il Colonnello Patsy


C’era poca gente allo stadio, si e no si è riusciti a fare pari con i nick del Colonnello, un po’ il freddo e un po’ la finale di X Factor dove al Colonnello, Morgan attizza più di Marin. C’è anche chi sostiene che in molti hanno disertato perché temevano l’impiego di Ilicic tra i titolari, e allora hanno preferito portare fuori il cane o cominciare a fumare. Tra quei pochi diretti al Franchi c’era chi ancora non aveva parcheggiato, quando Cuadrado aveva già chiesto la sostituzione per andare a vedere la finale di X Factor. Poi Marin si mangia un gol seguito a ruota da Minelli che è più basso ancora di Marin, che a sua volta era già stato scambiato dall’arbitro per il ragazzino che porta il pallone. Gol della Dinamo con Kurtic peggiore del primo tempo,  si, anche di Mara Maionchi. E con Pizarro i nani da giardino sono diventati tre, mentre i gol di passivo 2, anche se Marin può sempre tornare buono sia per il Subbuteo che per fare gol e riaprire la partita. Leggero come il taffetà, ma comunque di un’altra categoria, gli ultraleggeri. Dentro Ilicic per Gomez che nel primo tempo si fa respingere un tiro a botta sicura, anche se di sicuro c’è solo la morte avranno pensato i familiari di Mango. E Mentre Badelj risulterà anonimo pur non essendo veneziano, Lazzari ha cercato di rincuorare i presenti che la mattina vanno verso Peretola, rendendosi più snervante della coda sul ponte all’Indiano. Si potrebbe dire che abbiamo capito come mai questi giocatori non giocano titolari, che alla fine ha avuto ragione il Colonnello a preferire X Factor, e che perdere non fa mai piacere, perdere però la verginità europea contro una squadra come quella bielorussa fa parte di quel certo sottobosco squallido nel quale abbiamo fatto la figura della zoccola. Mi è venuto in mente il Colonnello….l’attesa con il dolce in mano è troppo lunga….per rinunciare ad un piacere immediato….X Factor come “C’era una Volta in America”, il Colonnello come Patsy piccolo gangster che compra una pasta per la sua iniziazione sessuale, la ragazza è impegnata e così il Colonnello Patsy deve aspettarla seduto sulle scale, ma l’attesa con il dolce in mano è troppo lunga e il piccolo Colonnello non resiste alla tentazione, lo scarta, comincia a mangiare la panna rimasta attaccata alla carta, poi la ciliegia candita fino a divorarselo completamente e rimanere a mani vuote. E la Fiorentina sarà per un'altra volta! C'è un po' di tutto in questa scena, dall'innocenza di un militare, nonostante faccia già parte di una banda di gangster dai mille nick, all'incapacità di rinunciare ad un piacere immediato come X Factor in vista di qualcosa che ancora non si conosce come una nuova svirgolata di Ilicic. Montella si è dato una vergognata e lo devo fare anche io pubblicamente visto che pur non mangiando la pasta con la panna non ero molto concentrato, fino a stamani infatti ho pensato di aver giocato con il Dnipro, e quando mi sono accorto che era invece la Dinamo Minsk ho dovuto correggere l’editoriale cancellando i riferimenti ucraini, correggendoli con quelli bielorussi. Intanto a  X Factor trionfa Lorenzo Fragola che con la panna della pasta del Colonnello è la morte sua.