Preso
atto che Bersani detto il “trielina” per via di quella sua prerogativa
aggressiva sulla macchia del giaguaro, non si è dimesso mentre il Papa
non ha certo avuto bisogno di Zamparini per lasciare le chiavi del
centrocampo a San Pietro, la partita di martedì, amara e fastidiosa come
un sorso di Schweppes con tutto il suo carico di anidride carbonica che
scartavetra il palato, viene in parte compensata proprio grazie alla
prima grande conseguenza delle dimissioni di Ratzinger. Il suo portavoce
infatti dichiara che il Grande ex continuerà a vestire di bianco, ma al
posto delle scarpe rosse di Prada avrà scarpe marroni scamosciate. La
grande rivincita di Della Valle dopo un martedì penoso come un programma
di Carlo Conti che ormai guarda solo chi si riscalda allo stesso
caminetto di Rosy Bindi. La Fiorentina di Bologna ha confermato di
essere una lampada che scoppia sempre sul più bello, che ti lascia al
buio dell’ingovernabilità del Paese e del risultato favorevole, sempre
in procinto di fare il salto come il giaguaro del "trielina", per
sprofondare, invece, nella vittoria di Pirro Bersani in mancanza di
Pizzarro, una squadra che non ha colto la grande opportunità del cambio
di campo tra il primo e il secondo tempo come il Paese dalla prima alla
seconda Repubblica, un’occasione epocale come la dismissione delle
lampadine ad incandescenza per iniziare l’era di quelle a risparmio. Noi
che non ci siamo voluti risparmiare l’ennesima delusione e
dall’incandescienza siamo passati all’escandescenza di qualche
squilibrato al buio della ragione che chiede la testa di Montella,
dimostrando che è l’equilibrio e non la lampada ad incandescenza ad
essere una fonte artificiale poco luminosa, fonte del gioco che è funzionante
solo sul principio dell’irraggiamento di fotoni, ma se c’hai Toni
invece dei fotoni è una fonte d’intelligenza rimasta al buio pesto. Alla
Fiorentina insomma più che il centravanti manca una vera e propria
filosofia di vita, quella del carpe diem per intendersi, che Diego ha
rivisitato con la latinità tipica della sua ultima collezione “scarpe
diem” dedicata a Ratzinger, di fatto facendo le scarpe a Prada. Del resto la
precarietà tutta fiorentina di chi pullula ciondolante intorno ai
banchini del lampredotto non connota storicamente la squadra come capace
di vincere quando deve vincere, ma di vincere solo quando è distratta magari a
guardare il marmo rinascimentale di un culo che gli passa davanti come
il treno perso del Dallara. Ma non cambierei mai la Viola con niente e
nessuno e neanche il “lampre” con la piadina o con pane e panelle, al
tifoso Viola non è dato conoscere il futuro ne tantomeno di determinarlo come ha fatto invece Bersani o Moggi, la Viola dovrebbe però essere in
grado d’intervenire il più possibile sul presente e quindi sul presente
concentrare le sue azioni di gioco per cogliere le opportunità e le
gioie che si presentano oggi senza nessun condizionamento derivante da
ipotetiche speranze o ansiosi timori per il futuro, come per esempio
quello che Bersani possa venire a fare il Direttore Sportivo alla Fiorentina.
Con L’Inter aveva colto col Bologna no, non sempre è domenica, per
questo avevo considerato triste e pericoloso giocare di martedì, ma il
compito del tifoso è proprio quello di stare accanto alla sua squadra
quando questa si dimostra incapace di cogliere l’attimo. Io il mio
scatto...d’orgoglio l’ho fatto e lo pubblico. Insomma ho colto l’attimo
mentre qualcun’altro il palo. Lo stesso dov’è rimasta ferma la squadra
l’altra sera.
.
giovedì 28 febbraio 2013
mercoledì 27 febbraio 2013
Pulizia strade
A
proposito di tragedie come quella di ieri sera e anche per chiudere il
discorso sulle elezioni, al PD non è mancato tanto Renzi quanto
Zamparini, e siccome in Italia non c’è nessuno che si dimette, a Bersani
ci avrebbe pensato lui esonerandolo, tutti attaccati alla poltrona
come del resto anche Viviano alla linea di porta, con una paura matta di
abbandonarla per la preoccupazione evidente di veder arrivare Neto
saltellando come un grillino. Una squadra presuntuosa che è andata in
sofferenza nel secondo tempo fino a sparire definitivamente come
Gianfranco Fini, Cuadrado e Toni sbagliano clamorosamente, peggio di
loro hanno fatto solo gli instant poll, con Toni poi che sull’ultimo
stacco di testa dimostra fino in fondo di essere un ex proprio come
Tonino Di Pietro. La Fiorentina del secondo tempo è sembrata una squadra
di brodi con l’aggravante del temperamento di Prodi, mentre
l’indemoniato Diamanti organizzava il Vaffanculo-Day sotto le finestre
di Montella che fa la prima sostituzione quando ormai è notte fonda e la
Fiorentina è già di ritorno da Bologna, mettendo il ruotino dopo la
quarta foratura consecutiva in trasferta del duemilatredici. E’
veramente un peccato aver buttato alle ortiche l’occasione di superare
l’Inter e agganciare il Milan dopo un primo tempo al quale è mancato
soprattutto il raddoppio e avremo preso il premio di maggioranza in
classifica invece che alla Camera, e la squadra probabilmente anche il
premio partita. C’è delusione sulle cause oscure di questa sconfitta
come del resto a Botteghe Oscure sulle cause di una vittoria che non
permette di governare, come del resto chi non ha saputo gestire il vantaggio e
approfittare delle difficoltà di un Bologna che andava affossato e
invece gli si è dato la possibilità di recuperare come ha fatto
Berlusconi, invece dell’Imu avremmo dovuto promettere ai tifosi di
restituire la squadra nel secondo tempo invece di lasciarla negli
spogliatoi, senza più manovra se non la spending review di Monti. No, la Fiorentina di
ieri sera non ci è piaciuta nell’atteggiamento, come se dopo aver fatto man bassa con l’Inter, tale e quale a
Grillo con i voti della destra e della sinistra, e dopo la scarpetta
del gol di Ljajic ci fossimo slacciati i pantaloni, satolli,
dimenticandosi di essere una squadra e anche di avere i pantaloni slacciati, e
così una volta alzati per pagare il conto salato
della sconfitta, sono calate le braghe che hanno mostrato le zampe gialle tipiche dei polli. Promuovo la
squadra del primo tempo con riserva per la mancanza comunque di
concretezza nel non aver saputo chiudere la partita, e la boccio nel
secondo tempo dove ci metto anche uno stranamente stralunato Montella,
quasi uno Stramaccioni, suonato come un pugile o meglio ancora come Pier
Ferdinando Casini. L’amarezza si fa strada, fortunati coloro che il
mercoledì mattina hanno la pulizia delle strade, così perlomeno avranno
potuto parcheggiare la sconfitta lontano da casa e magari stamattina ritrovarla smacchiata come un giaguaro.
martedì 26 febbraio 2013
Un Appennino di troppo, e poi dopo Barberino c'è sempre la fila
Già
definirlo un derby è sostanzialmente una truffa per il consumatore,
tipo le lauree di Giannino o il pomodoro cinese, al massimo può essere
un App per lo smartphone visto che ce ne sono a bizzeffe che non servono
a un cazzo, una in più che trasforma una semplice partita divisa da una
catena montuosa spacciandola appunto per il derby dell’App-ennino ci
può anche stare, o se proprio uno non ha lo smartphone e non vuole
truccare l’evento da qualcosa di diverso di una partita senza troppa
enfasi, può fare un make up geografico per cancellare con il fondotinta
dalla cartina fisica dell’Italia quella messa in scena di derby invece
di usarlo solo per fare la drag queen. Tra l’altro negli ultimi quattro
anni è una partita che non vuole più nemmeno il meteo così presentata,
rinviata di continuo come se fosse un’udienza per un contenzioso di
natura condominiale, con la signora Maria che snocciola i nomi delle
amanti del marito di quella che abita di sotto e poi gli sgocciola pure
sulle corna. Non da poco nemmeno il fatto che si gioca di martedì quando
gli stimoli di ogni essere umano dell’ex ceto medio oggi diventato
aceto, una ceto medio che presto verrà utilizzato come criceto
restituendogli invece dell’Imu la ruota per la gabbietta dove correre
infelice, quando dicevamo gli stimoli sono ai minimi settimanali,
percentuali vicino al 25% di assenteismo, e come se le anomalie studiate
nei laboratori delle idee dai dirigenti del calcio non fossero
sufficienti si è inserito anche l’orario elettrizzante del telegiornale
per dare il fischio d’inizio alla commemorazione insieme alle
dichiarazioni dei politici sul voto, una pietra tombale, una vivisezione
crudele della passione, una partita interessante solo per la classifica
alla fine della nevicata diventata invitante come un sofficino, e solo
un Berlusconi a braccetto con chi smacchia i giaguari, e solo con un
condono tombale ad personam potrebbe mai ridarcela di domenica
pomeriggio. Se poi uno non direttamente interessato alla fine sceglie di
guardare le repliche di Derrick non è che si possono meravigliare più
di tanto quelli della Lega, anche se bisogna riconoscere che il Bologna
ha una maglia più bella di quella del Barcellona e la Fiorentina un
gioco ultimamente più efficace. Queste partite disperse nella coda
dell’inverno di una giornata di campionato sono psicofarmaci solo per
malati passionali all’ultimo stadio, quello insomma passato Sasso
Marconi e poi sempre a diritto fino a dentro un bel piatto di tortellini
che fanno tanto Eraldo Pecci, malati esentati dal ticket per essere
reclutati dal racket del maldivita, un’associazione di tifosi piegati
alle logiche dei bacini d’utenza, gente insomma con i bacini doloranti,
una sorta non proprio di sacra famiglia ma di famiglia alla quale duole
l’osso sacro perché glielo metteno sempre nel culo, e invece della madre di tutte le tifoserie diventa il
padrino col lampredotto mangiato come avvertimento prima della partita
invece della solita testa di cavallo, tutto questo non è in sapore di
mafia e ne in salsa verde ma solo il risultato di aver fatto l’elementari
in via Maffia, e mi perdonerà la maestra Bianco che aveva pure un debole per me. Coppia d’attacco confermata
mentre Larrondo scala a riserva della riserva, e scala oggi e scala
domani la gelosia per chi gioca lo corroderà fino a quando Toni non
cercherà di consolarlo convincendolo di essere un centravanti lontano
dal campo lontano dal gol. La squadra va a Bologna con un solo cambio,
Sissoko al posto di Pizarro, una manciata di diffidati, un cauto
ottimismo con la soglia di sbarramento alla Champion fissata con tre
punti percentuali. Si, in questo martedì alle venti dove soffiano ancora i
venti che ci hanno portato l’invasione dei grillini invece delle
cavallette, con i rigurgiti sani di un Bersani che è il solito gobbo
sfigato, ci entusiasmeremo a tal punto da buttarci sulla
terza repubblica e sui tre punti.
lunedì 25 febbraio 2013
Il teatro di una domenica di neve e quindi di scheda bianca
Avrei
dovuto fermare il blog per neve. Rinviare il post per non sporcare il
manto bianco del foglio con il commento di una giornata di campionato
insulsa, conclusa con un derby dal sapore di centroclassifica. Una
domenica di facce anonime quella senza la Fiorentina, se non fosse stata
illuminata dal viso e dal talento di Gaia Nanni. E dal suo spettacolo.
Mi sono rifatto ampiamente con la più bella e brava attrice fiorentina.
Un emozione. Teatro e seggio elettorale in una domenica strana,
stregata dal manto moro di una ragazza splendida alla quale ho dato il
voto. La mia preferenza è andata a lei quindi in questa domenica
flagellata dal maltempo elettorale, a lei alla quale darei persino
l’Oscar se non ci fosse il rischio di far passare una candidatura a un
premio per uno spot a un candidato come Giannino. Un laureato tale e
quale a Vittorio Cecchi Gori. Uno che mi ha persino sputtanato il
diminutivo. E’ per applaudire Gaia ancora una volta che non chiudo il
blog per neve, “Camere con crimini” è un successo americano di Bobrick e
Clarck, un successo come i tanti recenti di Montella anche se Bobrick e
Clarck non sono i nuovi stranieri della Fiorentina ma gli autori. Un
bell’adattamento per un bel pomeriggio lontano dall’Orco Rubio Guetta,
dalle creste e dai tatuaggi di uno sport abitato sempre di più da
tamarri, lontano dalla simulazione e dal solito coro razzista a
Balotelli, un pomeriggio liberato dall’assedio d’interviste noiose come
il sudoku, condito invece con l’interpretazione di una bella compagnia
teatrale nostrana come il salame della macelleria Chini a Gaiole,
Kimera teatro in scena oltre che con Gaia Nanni anche con i bravissimi Marco Contè e Fabio Rubino che mi perdoneranno certi
paragoni, loro che non sono una kimera come invece lo è ormai un salame “bono”
se a uno gli viene voglia di mangiarlo lontano da Gaiole ed è costretto
ad andare alla Coop. La Littizzetto infatti è brava a San Remo ma non è affidabile quando fa la
pubblicità e poi non è bella come la Gaia, anzi, se fossi uno dei due
fratelli Chini farei fare alla Nanni la testimonial per i loro salami,
un po’ come la Ferilli per Poltrone & Sofà. Ah, un monito a tutti,
alla Gaia ci tengo molto, io e solo io posso fare lo spiritoso, non
accetterò nessuna battuta o volgare apprezzamento, non fatevi
riconoscere, non fate i Montolivi della situazione. Brava Gaia, un
abbraccio.
domenica 24 febbraio 2013
Quel pomeriggio di un giorno da cani
Una
regia nevosa più che illuminata come quella di Lumet, che pur
chiamandosi Sidney non era affatto australiano ma di Philadelfphia,
quello che purtroppo succede anche al povero Romulo che è nato in
Brasile ma che alla fine ha lo stesso sapore calcistico di uno di quei
troiai spalmabili tipo il Philadelphia. E proprio grazie a quella regia
nevosa il pomeriggio ci presenterà la ciotola vuota, senza emozioni e
con l’osso di una passione all’osso sotterrata nel giardino del cane del
vicino che invece mangia e scodinzola la sua bandiera. Quel pomeriggio
di un giorno da cani, spiazzato come dopo un rigore piazzato in mezzo al
rigore dell’inverno, praticamente un inferno, un pomeriggio passato ad
ascoltare i mugolii di piacere che provengono dalla stanza accanto, e
noi invece con lo sguardo perso come l’ultimo cellulare, con la speranza
almeno che quei mugolii non siano per il godere di una vittoria ma
quelli di una partita della Sharapova che geme come su un set porno.
Forse dovremo dare retta ad Antoine e farsi un irlandese invecchiato,
sorseggiato lentamente mentre fuori piove, mentre insomma piove sul
bagnato, scacciando da quel maledetto pomeriggio da cani anche
l’ambiguità di un irlandese che è solo imbottigliato e non incaprettato,
un whisky torbato che non sguazzi nel pensiero più torbido ma in quello
di una Sharapova che geme dallo sforzo. Forse insieme al confortante
whisky di Antoine dovremo dare retta anche a Vitalogy e così sfilare
dalla libreria la sua Bibbia per rileggere la storia recente della
Fiorentina, una bella ripassatina sempre utile in mancanza di una
ripassatina più mugolante, aspetttando così che stasera nel derby di
Milano “passatina” ci mostri di essere per il Milan almeno determinante
come lo è stato per noi quando ha deciso di non rinnovare, lasciando
finalmente il nostro centrocampo in balia di centrocampisti veri e non
di quelli che hanno bisogno della balia. Con il muso appoggiato in
terra e gli occhi tristi come quelli di Stramaccioni dopo che Montella
gliene aveva cantate quattro, aspettiamo che ritorni il campionato,
quello che per noi sarà il vero martedì grasso anche se al freddo delle
venti oltre a quello dei venti gelati di certe decisioni partorite da
menti ibernate dentro a quella che all’apparenza sembra neve ma che in
realtà è forofora. Torno dentro la cuccia di questo pomeriggio di un
giorno da cani, che guardando alle altre con un occhio non certo
benevolo potrebbe diventare anche da gufi.
sabato 23 febbraio 2013
Il caffè mi rende nevoso
Mentre
prima il pericolo veniva calcolato con l’algoritmo dell’avversario, e
di conseguenza a cascata anche con tutti i sottopericoli che un’analisi
pignola del pre-partita poteva comportare, diciamo pure un intero
campionario per un intero campionato, una mazza colori che variava a
seconda delle caratteristiche della squadra da affrontare, alcune delle
quali dentro ad un’equazione che comprendeva il ritmo, il pressing alto,
la capacità di verticalizzare, insomma, tutta una serie di
considerazioni e di aspetti che proprio perché te li aspetti vorresti
prevenire facendo tutti i tipi di vaccini tecnico-tattici disponibili
sul mercato, in poche parole un ipocondria dell’inferiore o
semplicemente pallosa burocrazia dei perdenti, faldoni e faldoni di
pratiche tipiche della squadra timorosa, oggi no. O almeno per fortuna
non più, dopo la vittoria contro l’Inter che è diventato il punto di non
ritorno dal quale niente sarà più come prima, come le stesse manovre
che hanno assunto il colore e il sapore dello Chateau d’Yquem, oggi il
vero pericolo, quello che per chi sa contare viene definito il pericolo numero uno, è diventato la neve. Il
pericolo di non poter giocare sostituisce e cancella il precedente che
comprendeva solo l’avversario o perlomeno le difficoltà legate al match.
Oggi guardiamo terrorizzati al meteo come un tempo alla registrazione
delle ultime partite della squadra da affrontare, giorni sostanzialmente
di merda, da oggi per fortuna ridotti a tre o quattro l’anno che sono
poi quelli della merla o giù di lì. Il Colonnello Giuliacci è più temuto
ormai del Giudice Sportivo, le precipitazioni nevose portano a reazioni
molto più nervose di quelle pur devastanti di un tempo che riguardavano
le squalifiche per somma di ammonizioni. Dopo la vittoria nella suite
del Franchi, con l’inter più a suo agio a versarci lo champagne che a
giocare alla pari, un qualsiasi rinvio legato a qualcosa di avverso che
non sia un cartellino giallo a Pizarro o un rigore contro al
centotrentottesimo per mani di Toni che le teneva in tasca allo stesso
identico modo di quando va allo Yab, ci fa tanto male, diventa
insopportabile come il ricordo del campionato di Montolivo diventato
uomo solo dopo la doppietta contro il Novara, e invece di andare a fare
il militare come avrebbe voluto la De Pin è andato al Milan. La neve
sulla nostra passione come la forfora sulla giacca scura che toglie
qualsiasi fantasia, libidini azzerate, se non fosse però che l’uomo
riesce comunque ad adattarsi anche alle situazioni più sfavorevoli
sviluppando difese immunitarie, e mentre Gelardino si mimetizzerà bene
nella fredda realtà del suo ridimensionamento, il tifo Viola no, va
oltre, anche alla coltre, la neve può anche diventare sfondo di
fantasie, perché non c’è barriera o palo che possa stopparla, fuorigioco
o fallo tattico, la fantasia non ha i confini risicati dell’area di
rigore, e allora noi ce la giochiamo a viso aperto e a tutto campo.
Sdraiata.
venerdì 22 febbraio 2013
L'idraulica della manovra
Il
segreto è lo scarico palla, lo smaltimento cioè del pallone verso
l’isola viologica più vicina, libera e capace di ricevere, perché la
differenza la fa la differenziata, e quando tutto questo defluisce senza
intasamenti di sorta vengono fuori partite come quella con l’Inter, che
invece accumula calcio spazzatura grazie ad un allenatore che attua la
stessa politica della Rosa Russo Iervolino. E’ quindi determinante avere
accanto l’idraulico, quel trombaio che invece non è consigliato avere
in casa quando noi siamo in trasferta, insomma quello che ti suggerisce
sempre il passaggio giusto del tubo, e non uno che non è ne carne e ne
pesce e non capisce un tubo, e il primo che mi viene in mente è
Montolivo, ci vuole sempre un raccordo tra una parte e l’altra della
manovra, e dicevo Montolivo perché lui il raccordo l’ha ingoiato e
adesso sembra che abbia un gozzo chissà come, perché se il raccordo
risulta quello giusto si riesce a mettere in piedi quello che è un
impianto di gioco a regola d’arte. La Fiorentina ha tutte le pendenze
giuste e nessuna con le banche, a differenza dei divulgatori della
pontellizzazione che hanno dovuto usare bocce e bocce di idraulico
liquido per far scaricare nelle fogne la teoria ristagnante del loro
pensiero acquitrinoso, e i saponi per lavare lo sporco di qualche nostra
sconfitta sono ecologici, sgrassano velocemente l’unto rimasto
attaccato al risultato negativo, ma non inquinano un programma di
crescita progressiva che prevede un ulteriore rafforzamento della
squadra portandola da una SPA sana ad un grande Gruppo che dovrebbe
consacrare l’egemonia del bel gioco con l’innesto di altri grandi
interpreti, da Marsiglia si vocifera che uno potrebbe essere il più
classico dei top player che dispenser giocate avvolte dal profumo del
campione, tra l’altro l’unico capace di rendere il gioco ancora più fluido, diciamo addirittura
liquido come appunto può fare Sapone, e dopo il cugino di Drogba sembra siano
state messe le mani anche sul nipote di Kenny Dalglish, un vero fustino,
un giocatore che gli esperti assicurano ne valga due, e infatti
l’avvoltoio Galliani ha subito provato a darci due fustini come
Montolivo e Pazzini in cambio di Dash, ma Della Valle si sa che è un
pontellizzatore ma non certo uno scemo e alla fine s’è tenuto il suo. Domenica
intanto, visto l’assenza di quella saponettina da viaggio di un Pizarro,
tutto sembra remare contro, si vuole mettere alla prova la nostra
idraulica di gioco, ma soprattutto lo scarico, con montagne di neve che
nella notte si dice saranno sostituite dal Gat con schiuma di rabbia di
chi ci vuole male per cercare di intasare la fluidità meravigliosa del
nostro gioco, tutto bianco poi il giorno dell’esordio dal primo
minuto di Sissoko, che non ci sembra proprio un pensiero carino visto che
risalterà come un catarifrangente nella notte, ci permettiamo di dire
che ci sembra una situazione atmosferica quantomeno razzista. Comunque sia niente paura,
la macchina va in automatico come una lavanderia a gettone, lava,
smacchia e asciuga bucati, e noi siamo lì a chiaccherare del più e del
meno, se è meglio Maradona o Messi, Della Valle o Tutunci, mentre
aspettiamo il terzo scudetto, e per far si che tutto avvenga nel più
breve tempo possibile, e che non inquini menti o intasi scarichi già
compromessi come certe vene che dovrebbero portare del sangue al
cervello, usiamo il Bio Presto.
giovedì 21 febbraio 2013
Lo slang sinistro
Volendo
guardare solo all’estetica di un mercoledì da Leone di Lernia, intanto
bisogna dire che il Barcellona è sceso in campo con la terza maglia che è
quella disegnata da Valeria Marini, e il risultato è un evidente
scempio del buon gusto, il tentativo di lanciarla in Italia è solo il
risultato, l’ennesimo, di un tentativo di dare un senso a chi è ormai ex
qualcosa come veline, calciatori che s’improvvisano stilisti, o come la
Marini che non è neanche ex non essendo mai stata qualcosa.
Milan-Barcellona sulla carta una partita che fa sangue, che emana
sentori di sesso, che sa tanto di accoppiamento, ma che poi partorisce
un testo di Califano. Perché a parte la maglia tutto il resto è noia. Le
grandi potenzialità blaugrana, tutto il petting del prepartita si è
trasformato in un incontro barboso, con Messi nano da giardino di Rocco
Siffredi, un possesso palla sterile come una sala operatoria, e Montella
inquadrato in tribuna potrebbe essere stato chiamato d’urgenza per fare
diagnosi. Certo il Milan non è l’Inter visto a Firenze, ma anche il
Barcellona non ci è sembrato cattivo e brillante come la Fiorentina,
sempre sotto ritmo come una trasmissione di Marzullo. Una partita che
sancisce una verità che anche noi abbiamo potuto assaggiare, amara,
indigesta come la cassoeula, un rabarbaro e ruvido modo di dirci che il
possesso palla fine a se stesso non è un salvacondotto verso un
risultato positivo. E il Milan ha saputo giocare con l’atteggiamento del
Pescara ma con i valori che nel frattempo sono purtroppo venuti fuori,
con lo stesso Montolivo che trova la sua giusta dimensione esaltandosi
di più nella quantità che nel cesello, come un posteggiatore di Piazza
Cestello, e il Milan lo pagherà questo sforzo europeo che speriamo
continui il più possibile, mentre noi sbarbati e profumati prepareremo
le partite con la vestaglia di seta legata in vita. La Fiorentina sembra
aver superato l’inverno dei risultati, e una volta ritrovato lo smalto e
l’entusiasmo adesso è necessario ritrovare la continuità di quei
risultati che ci avevano permesso nel girone di andata di dare uno
strappo, di togliere il tappo alla vasca da bagno di un campionato
ristagnante e presentare la vera novità tutta bella cosparsa di
borotalco, fino al borotacco sontuoso di Aquilani. Urge, necessita, per
non dire con lo slang sinistro del nostro river che ci comoda proprio la
cosiddetta serie positiva, è necessario adesso mettere in fila
soprattutto tre/quattro vittorie consecutive per spaccare la classifica e
il culo a qualche pretendente che ha portato il proprio motore fuori
giri e che adesso dovrà fermarsi in officina. Per rendere bene il senso
delle vittore da mettere in fila ho scelto i piccioni stanziali di Santo
Spirito, una risposta più umile, quotidiana e popolare dell’aquila
spaccona e burina della Lazio. Per esempio.
mercoledì 20 febbraio 2013
Mandato di comparazione
Sono
in ritardo di preparazione, infortuni di stagione, anche se c’è già chi
in curva prima insinua e poi inveisce contro la mia soglia del dolore.
Si, è vero che non ce l’ho do marmo, la soglia, e quindi per fare una
doppietta come i due là davanti mi ci vorrebbe una farmacia, ma a
Firenze c’è un’eccellenza che ha superato anche Milan Lab che altro non è
che il Viola Lampr. E’ un post questo che guarda al futuro con
ottimismo, pieno cioè di legittime aspirazioni ed effervescenti
Aspirine, il mio è un pensiero che va oltre anche alle incertezze di
Viviano sul tiro di Cassano, carico com’è di Vivian C. Si, anche i miei
atteggiamenti sono un po’ cambiati, adesso arrivo a scrivere a bordo di
una fuoriserie, nel senso che ho comprato un modello che non fanno più,
uno di quelli che gli rimangono sul gozzo e che porti via con un
prezzaccio, come ha fatto Galliani con Montolivo, insomma, il primo
giocatore della serie A che è rimasto sul gozzo a se stesso, più ancora
che a Gazzi e a Nocerino. Milan che stasera sarà al cospetto della nostra cugina, e
si sa quale sia da sempre la cosa più divina, io per esempio ricordo il
petto della mia, tanto che quando c’era da salutarla abbracciandola ti
veniva la scoliosi. Sappiamo poi come nel nostro paese volino i mandati
di comparizione, anche più dell’aquila della Lazio che ultimamente
cammina come fosse un pollo allevato a terra, per dire che alla
Fiorentina, e me lo comunica proprio adesso una Bice trafelata, è arrivato stamani un
mandato di comparazione, dove si accusa la società Viola di plagio ai
danni del Barcellona. Possiamo dire che la Fiorentina è un gran bel
gruppo come del resto anche i blaugrana, come le foto testimoniano in
maniera fin troppo bionda, in questo senso mi sento di dire tra un
soffumo, un bagliore soffuso e un modo di dire diffuso, che
effettivamente siamo spagnoleggianti tanto quanto i sogni di cugine che
andavano prese di petto e non solo accompagnate di qua e di là
esentassametro. A Barcellona intanto non hanno il lampredotto, si, il
pata negra va bene, ma dopo Cuadrado anche noi abbiamo incrementato la
produzione con Sissoko, prosciutto poi molto spesso sostituito con
il più volgare jamon serrano, come cercare di far passare Montolivo per
un grande centrocampista, poi è un prosciutto iberico, meno radicato in
un solo territorio, mentre il lampredotto è il Messi dello street food e
si gusta solo a Firenze Un mandato di comparazione che ci onora, ma che
dissacranti e orgogliosi come siamo vogliamo comunque rivendicare la
bellezza unica della nostra squadra, gioco e gruppo. Anche se lo
sappiamo che ogni scarrafone è bello a mamma soja, anche come Aquilani e
Montolivo, come cioè l’olio extra vergine d’oliva e quello di soia.
martedì 19 febbraio 2013
Il Ro-Mario do Rinascimiento
Mario
Ciuffi si spegne dopo una vita da tedoforo Viola, e prima di farlo ha
voluto lasciare la sua fiamma a Ljajic che fino a quel momento aveva
mostrato invece solo la sua flemma olimpica. E così come d’incanto Adem
si è acceso, quella di Mario sarà l’ultima traccia di una passione che
ritroveremo poi scolpita nei marmi verdi, dipinta negli affreschi,
appesa agli Uffizi, quella fiorentintà che scorre tutti i giorni insieme
all’Arno, l’ultimo gesto di un’intera esistenza legata a doppio filo
con la Fiorentina, un po’ come la salsa verde al lampredotto. E tutti
allora l’hanno voluto omaggiare sul campo con grandi giocate, gol e
colpi di tacco da fare invidia anche a Corvino che è si uomo di panza ma
geograficamente soprattutto di tacco. Il Ciuffi si è spento passando il
suo “fuoco” alla squadra e accendendo così lo stadio con una partita
fantastica. Un pallet della passione che ha prodotto tante pallet gol. E
con Marione si spegne anche Stramaccioni, tradito dal suo portaborse,
che come il maggiordomo del dimissionario capo di Prandelli, passa
documentazione fotografica scottante alla curva Fiesole. E’ per questo
motivo che parte il coro “il pallone è quello giallo” dopo che il nostro
informatore aveva mostrato come lo Strama si fosse attrezzato per
individuare in qualche modo dove fosse realmente il pallone nascosto
sapientemente dentro ad una fitta rete di passaggi. Una geometrica fitta
rete degenerata poi in una violenta emicrania. Dopo aver visto le foto
rubate al suo segreto, lo Strama ha dovuto confessare suo malgrado di
avere assunto un porta obiettivi invece di un più classico porta mazze,
visto che invece del golf incassa caterve di gol che poi sono veri e
propri cappotti altro che golf. E già che c’era ci ha voluto regalare
anche una curiosità, dopo la chicca antiberlusconiana dell’acccusa
all’arbitro invece che alla magistratura, un arbitro vegano che si
mangia un cartellino giallo di mais invece del solito bambino, reo
secondo il vincitore della pacchina d’oro, oltretutto di non aver
fischiato la fine dopo solo cinque minuti. Dicevamo della curiosità che
ha poi voluto raccontarci mentre si preparava i 4 salti in padella
rimediati al Franchi, ci ha svelato che gli obiettivi per individuare il
pallone giallo li aveva comprati su ebay proprio da un tifoso Viola che
a sua volta li aveva usati invano fino a degenerare nella
macrofotografia a forza di zoommare sulla pontellizzazione. E mentre
Stramaccioni inquadrava un centrocampo di prim’ordine formato da Borja
Valero, Pizarro e Aquilani, talmente grande che ha dovuto montare
addirittura il grandangolo, è continuata ad essere una giornata
improntata sulle confidenze, fino in fondo, con Marione che si è saputo
dopo, essersene andato quando aveva capito che non sarebbe mai arrivato
a mettere la sciarpa al collo di un Sissoko alto come il Biancone pur
essendo nerissimo, e anche Elio ha concesso una foto alla solita
intraprendente Bice, che incuriosita dalla canzone mononota inno della
partita mononota ha voluto conoscere qualcosa di più, cosa l’avesse
ispirata, e così Elio ci ha spiegato che era stato un omaggio alla
partita monoteista, a quella manifestazione cioè che sostiene un calcio
da Dio. Poi la Bice ha chiesto al grande Elio a chi fosse riferito
invece il travestimento che lo ingrassava così vistosamente, e vista
anche la sua confessata fede nerazzurra ci ha svelato che era stato un
omaggio a Cassano.
lunedì 18 febbraio 2013
La partita mononota
Il
giovane Stramaccioni prende lezione di calcio e anche scapaccioni,
quattro come le ruote motrici che servono alla Fiorentina per avere più
aderenza su una meravigliosa realtà, quella di una squadra in serata di
grazia, mentre il popolo Viola ringrazia, e la famiglia Della Valle,
sazia, si fuma anche una bella sigaretta elettronica, di Muratti rimane
così solo vapore acqueo. E’ stata la vera partita mononota, con un
superiorità così schiacciante da diventare quasi monotonia, “la palla è
quella gialla”, invece, è stato il refrain cantato dalla curva oltre a
dedicare un coro ai Della Valle che abbandonano definitivamente la
pontellizzazione per virare su un più pecoreccio cecchigorismo,
televisioni e non più smobilitazioni, lasciato il mondo dei traslochi
per evirare di fatto i nostri sogni. I più scaltri adesso vedranno un
imminente fallimento, gli altri continueranno a tifare per la Fiorentina
a prescindere da Prandelli, come del resto gli interisti che vorrebbero
che Bettega andasse a cena anche con Stramaccioni. La partita perfetta,
se non fosse stata sporcata da quel tiro intriso di disperata bellezza
da un Cassano sempre più grasso, forse truccato per l’occasione come il
geniale Elio per la finale di San Remo, con lo stesso finale, con
l’Inter che arrivava sempre seconda sul pallone e un Moratti teso più
ancora delle storie tese di Elio, ancora di più delle palle tese di
Jovetic e Ljajic che impallinavano un Inter più brutta della
Littizzetto, anonima come Bersani che non ha trovato Fazio che la
difendesse dalle intemperanze tattiche della Fiorentina, come ha fatto
con il povero Crozza, e così ha pagato dazio con la speranza che
Berlusconi glielo restituisca insieme all’Imu. Fischietto la partita
mononota davanti allo specchio mentre mi faccio la barba con il bilama, e
ripenso finalmente senza tagliarmi alla partita a senso unico, una sola
squadra in campo, un grande predominio, una supremazia fastidiosa per
l’avversario più di una vecchia zia, di quelle per intendersi che ti
davano il pizzicotto nella guancia e tu le odiavi più di Conte.
Purtroppo la partita mononota si porta dietro anche la difficoltà del
commento, perché ti prosciuga le parole, ti secca tutti gli argomenti,
ti inibisce la fantasia iniettandoti un liquido che ti paralizza
l’ispirazione come uno scorpione, per portarti ad essere asciutto, il
resoconto mononota della partita come un accappatoio di spugna, perché
il futuro è questo, bisogna avere il coraggio della sintesi estrema e
non specchiarsi nella propria scrittura ricca di proteine animali. Per
una vittoria così ci vorrebbe la forza del commento mononota, non sono
ancora pronto, anche se come vedete intanto non ho fatto nessun accenno
alla partita, ci sto provando, prima di praticare il digiuno sto
diventando vegano per non farmi prendere più la mano da quella merdaiola
di una metafora. Confesso che prima della partita ho persino fatto i
tarocchi, quando ancora ero avvelenato, prima di aver assistito alla
partita mononota che mi ha fatto capire, e anche le carte avevano
parlato chiaro, mi avevano raccontato di una fiorentina sontuosa, bella
piena, strabordante, e i tarocchi non mentono come invece i Della Valle.
Ho conservato la carta che ho estratto per farvela vedere, l’appeso,
con la Fiorentina e Guarin, prima di ritirarmi a praticare la nouvelle
cousine del pensiero, naturalmente in un monolocale.
domenica 17 febbraio 2013
Manie
Sono
stati pubblicati i risultati di una ricerca sulle manie presenti nel
pianeta Viola commissionata da Tutunci per capire come accaparrarsi i
consensi degli scontenti prima di lanciare l’OPA per l’acquisizione del
pacchetto di maggioranza della società, OPA che un antidellavallismo
spinto all’eccesso fino dentro al cesso dell’intelligenza ha
strumentalmente fatto passare per l’asteroide DA14 e così trasformarla
in accusa sull’uso degli steroidi, EPO insomma, altro che OPA, con i
Della Valle sul banco degli imputati per aver portato il doping nel
calcio, nascosto dentro al bagagliaio tra le patate rosse comprate a
Colfiorito. Si sono chiusi due anni di duro lavoro, e dall’osservatorio
di Borgo Tegolaio ci fanno sapere di aver festeggiato con il lampredotto
in inzimino, e un solo rammarico che è la mancata vittoria a San Remo
de “la canzone mononota" di Elio, arrivata seconda mentre invece Diego
staserà arriverà per primo ad assistere al match. Premesso che tutti
abbiamo delle manie, che so, la pontellizzazione, problemi d’identità
geografica tali da ribadire in maniera ossessiva che Firenze non è
Lecce, l’apparizione del Santo d’Orzinuovi al posto della Madonnina del
Grappa, l’uso eccessivo della grappa per poi rimpiangere Cecchi Gori,
sentire le voci di smobilitazione, insomma, cose normali, dai
ricercatori di San Frediano abbiamo però le sette manie vere che
caratterizzano la nostra passione. Scarabbocchiare.
Trovarsi un foglio bianco davanti magari mentre siamo al telefono, una
mania che indica un forte senso di libertà, di comunicare le proprie
emozioni troppo spesso nascoste, i soggetti che disegnano piccoli
grovigli evidenziano stress ed il bisogno di uscire da una situazione
poco piacevole, scarabocchi che purtroppo qualcuno addirittura pubblica
su Fi.it come nel caso del Gat. Essere in ritardo.
Jovetic è il più colpito per quanto riguarda la puntualità in zona gol,
e poi la stragrande maggioranza del tifosi che hanno un’ intelligenza
media troppo bassa per capire in tempo che i Della Valle stavano
smobilitando. Bere molto caffè. Un
eccessivo uso del caffè indica il costante bisogno di essere stimolati,
con dosi elevate i sintomi psicopatologici sono: ansia, flessione
dell’umore, disturbi del sonno, confusione mentale e suscettibilità, il
Gat è stato ritratto ultimamente accanto ad una caffettiera che è
l’equivalente del barattolone di Nutella di Nanni Moretti. Masticare un chewing gum. Mania
che fortunatamente ci ha solo sfiorato come l’asteroide DA14, con Delio
Rossi che ha portato la propria personalità costantemente indecisa a
Genova, e Ljajic che ne è rimasto talmente scioccato tanto da cominciare
a fumare la sigaretta elettronica. Mangiarsi le unghie.
La tipica mania che rileva nervosismo se non fosse che Vargas aveva
cominciato a mangiarsi anche tutte quelle degli atri fino ad ingrassare.
Lavarsi spesso le mani. O
disturbo ossessivo-compulsivo di personalità, caratterizzato da un
esigenza di perfezionismo. I soggetti con questo disturbo son
inflessibilmente guidati da un forte senso della disciplina, per questo
Prandelli gridava “ordine” , in una recente intervista Osvaldo ha
raccontato che Cesare gli regalava fusti da dieci litri di sapone di
Marsiglia, uno stalking che lo costrinse alla fine a chiedere di essere
ceduto. Perdere le chiavi. Chi
le perde spesso ha bisogno di protezione perché nasconde la paura del
futuro. Il nostro ottimismo per la partita di stasera ci consente di
dare un consiglio, e per non perdere la chiave della vittoria sarà
sufficiente non uscire di casa, oppure legarsi questa certezza, questa
chiave psicologica al passante dei pantaloni, passante che per gli
studiosi di Borgo Tegolaio è l’equivalente di un assist.
sabato 16 febbraio 2013
Ci vogliono le palle non Pellè
Mentre
Balotelli continua ad incidere almeno quanto Renato Zero, Jovetic no,
lui incide zero, Mario lo fa con la precisione e la prontezza di un
chirurgo di pronto soccorso, pur chiamandosi come un imbianchino di
Carugate, Stevan no, fa un concerto l’anno e gira svagato intorno al gol
con il suo caravan. Ha il nome giusto ma non il messaggio che trasmette
ultimamente sulle radiofrequenze della partita, speriamo in un
massaggio almeno, non dico di essere profetico e quindi neanche
jovetico, ma forse un massaggio ayurvedico potrebbe essere proprio
quello del suo destro a girare sul secondo palo. Fatale invece sarebbe
rimanere ancora al palo, o anche solo prendere un altro palo, mentre il
Milan si arrampica su Balotelli come fosse il palo della cuccagna. La
chiave della partita di domani sera dovrebbe essere proprio questa,
troverà Jovetic l’area di sosta attrezzata di gol per scendere
finalmente sulla partita? Anche solo per scaricare il suo rendimento che
è finito dentro al WC chimico. La chiave d’accensione del quadro ce
l’ha nella sua pinacoteca dove espone talento in una permanente speriamo
chiusa solo per qualche inconveniente tecnico, magari anche tattico, e
se sarà veramente il camper il mezzo giusto per entrare in nuova
vittoria mi sembrerebbe più scontato di un "fuori tutto”, anzi sarebbe
addirittura fuori luogo come una decisione senza cittadinanza, se
Montella non facesse giocare Compper, che mentre si presenta al
campionato potrebbe dare qualche ripetizione d’italiano a Cassano visto
che ci sono stati gli scrutini da poco. Sissoko poi a difendere il
vantaggio, El Ham che potrebbe entrare dritto dentro allo stagno
difensivo nerazzurro togliendosi dal ristagno di un ruolo da comprimario
per sorprendere Ranocchia in tutto il suo gracidio. Insomma, abbiamo
frecce importanti al nostro arco, piacevolmente spettinate come la
nostra idea al vento caldo di un libeccio pervaso di ottimismo che
prevede nella sua sceneggiatura originale il ritorno al gol e al suo
ruolo di prima di donna di Stevan Jovetic, il perfetto inserimento dei
nuovi capaci di presentarsi con autorevolezza e addirittura di risultare
alla fine anche decisivi. Rilanciamoci come una freccia, basta che non
sia quella rossa di Trenitalia però, ieri che ho dovuto tagliare
l’Italia come fosse roast beef ho usato Italo come coltello, e seduto su
Poltrona Frau ho pensato anche un po’ a Sau, lo devo confessare, ho
visto che siete in forma, che ora c’è anche Max, e se poi c’è qualcuno
che non ama l’arco e le sue frecce perché per lui l’arco è solo quello
di San Pierino, può sempre scegliersi la seconda foto perché questo è un
blog democratico come solo Bersani può esserlo, e pensare così di sparare pallottole di ottimismo comodamente seduto sulla sua poltrona
rivestita di metafore in pelle per fare streaming sulla vittoria. E per
trasformare l’ecopelle di un pensiero in vittoria in carne e ossa che
faccia eco, ci vogliono uomini con le palle, o forse più semplicemente
le palle gol.
venerdì 15 febbraio 2013
La coppia d'attacco festeggerà anche dopo San Valentino?
Anche
San Valentino è passato se Dio vuole, peccato come anche quel tiro di
Vucinic che ha trafitto il tifoso innamorato di curva, tradito da un
malvagio cupido drugo, mentre le nostre frasi non sono quelle sdolcinate
dei Baci Perugina ma quelle ruvide degli striscioni, la nostra è
chianina non semplici manzoni tipo “ Quel ramo del lago di Como...” ma
frasi che hanno il sapore più popolare della piazza, si, quello di
piazza della Passera, come “Voi comaschi noi con le femmine” per
esempio. Snobbata la festa gabbato lo Santo potremmo dire con un sospiro
di sollievo e asciugandoci la fronte perlata da un sudore acido come
un’arancia di Ribera, se non fosse che anche noi siamo innamorati, anzi,
siamo proprio persi dietro a quella meravigliosa maglia Viola, e bene o
male siamo quindi commercialmente un target al quale non possiamo
sfuggire arricciando tanto il naso. Vedi merchandising e Sky anche se lo
streaming e il mercato del contraffatto non conoscono crisi e noi siamo
impuniti per non dire impanati nel torbido mondo della “sola”,
moralmente latitanti, uccel di boskov, così tanto che rigore morale è
quando arbitro fischia, e siccome a noi ce ne fischiano sempre pochi
allora razzoliamo nel promiscuo frequentando la nostra passione
spiaggiati nel salotto d’alcantara. Ci sono stadi in Europa dove la
stragrande maggioranza dei tifosi indossa la maglia originale della
squadra, da noi quei pochi che la indossano se la fanno fare col
cherosene a coste fini dai cinesi a San Donnino in modo che s’infiammi
lei quando cala la passione, poi vista la crisi e le incertezze del
presente usiamo il gerundio dello streaming che è tax free, insomma
siamo per così dire innamorati poco affidabili, marinai donne e guai,
perché per noi l’amore ha il gusto dolce e amaro, con un retrogusto che
sa di prigione, il troppo amore diventa così anche una pigione da
pagare, con promesse di obiettivi scaduti come le bollette, come i
comunicati del dottor Manetti da temere più delle manette stesse
dell’amore, e qualcosa ne sa anche Cellino. Poi c’è chi sfoga le
delusioni, le frustrazioni, le pontellizzazioni, gettandosi morbosamente
sul cibo, aggrappandosi così alle proprie maniglie dell’amore per non
perdere totalmente l’equilibrio ed evitare di fare il più classico colpo
di testa della coppia, le corna per vendetta insomma, esultando a un
gol dopo un colpo di testa di Giovinco. E poi l’amore e il calcio sono
spesso un intreccio che genera gelosie, tensioni, incomprensioni come le
interviste di Delneri, del resto è difficile per una donna accettare la
passione del proprio uomo se non condivisa, come per l’uomo non è
facile accettare l’amore della propria donna per l’ornitologia altrui,
io per esempio ho pensato tutto il giorno alla sfida con l’Inter e non
ho fatto il regalo alla Rita, invece di fare un presente alla mia
principessa Sissi mi son guardato la presentazione di Sissoko. Mi ha
preparato persino una bella cenettina con gusto ricercato, proprio come
Matteo Messina Denaro, allora gli ho detto “ Rita, a non farti il regalo
di buono c’è che almeno non ho speso denaro”, nel gergo degli innamorati
in senso stretto come quello di Messina mi ha mandato affanculo. Della
Valle tutto questo lo sa bene, conosce le tematiche di coppia, per
questo ha sempre parlato di riportare le famiglie allo stadio, e proprio
in occasione della festa degli innamorati ci ha voluto dare
un’anticipazione in esclusiva mostrandoci i seggiolini del nuovo stadio
che permetterano a lui di guardare la partita e a lei di guardare lui o
l’altro.
giovedì 14 febbraio 2013
Quando il comunismo entra nello spogliatoio
Emerge
come il culo della signorina, chiaro, come il latte dal quale emerge
chiaramente il culo della signorina, che il Festival di Sanremo fa parte
della campagna elettorale di Bersani, un programma di partito
mascherato da programma musicale, e non a caso ci sono Fazio,
Littizzetto e Crozza anche loro mascherati da qualcos’altro, ma traditi
da quell’arrogante ridondanza di zeta, nient’altro che “Zorri”
combattenti in nome della povera gente contro la tirannia della della
destra e in difesa della “cultura” che in quanto tale giace solo sulla
riva sinistra, un po’ come San Frediano. C’è persino il coro dell’Armata
Rossa, la Littizzetto che anche fuori dal Festival dell’Unità ci
ricorda di andare a fare la spesa alla Coop esprimendo l’identificazione
tra marchio e consumatore, una perfetta simbiosi tra i valori di
un’azienda della grande distribuzione e le scelte di acquisto in uno dei
migliaia punti vendita sparpagliati sul territorio, tanto che quando
vado alla Conad con la Rita mi sento una carogna come Mengele. Questo
per dire che è difficile mascherare l’evidenza, ci vuole una bella
faccia a culo, o come un culo appunto in rapporto al tempo che passa,
per quanto bello sia non potrà mai essere appeso, per esempio, sulla
parte di un museo e ammirato per centinaia d’anni, perché pur
mascherandolo come si vuole, tenendolo su con lo spago o con diavolerie
contenitive di ultima generazione, potrà anche apparire ai più distratti
un miracolato salvaguardato dal tempo che passa, ma poi comunque
scoprirà sempre la patetica formula “dietro liceo e davanti museo”. E
visto che la conduzione del Festival non è neanche poi così tanto
mascherata, chissà se chi è di destra paga il canone o preferisce andare
a fare la spesa alla Coop con quei soldi, oppure li versa direttamente
in uno dei tanti sportelli MPS sparpagliati sul territorio. Emerge che
non andrò a votare, ma come il culo della signorina, emerge anche che la
Fiorentina è una grande squadra mascherata per non farsene accorgere
dalla classifica, per adesso s’intende, perché lo aveva fatto vedere
subito di che pasta era fatta, perché vanitosa, capace di ricamare
manovre come pizzi seducenti, e per questo capace purtroppo di attirare
anche gli sguardi maniaci di arbitri comunisti, poi Jovetic ha preso la
tessera del partito e d’incanto ha smesso di andare in gol per cominciare
ad andare “In Coop”. Non siamo una squadra di sinistra, questo è il
problema della Fiorentina, altro che punte, c’è stato Renzi che ha
portato scompiglio con quelle cazzo di primarie, la squadra si è
distratta, ha perso un po’ della sua identità e invece che al campo ha
cominciato a pensare al camper. La Bice che è di destra e non lo dice,
ci racconta che Montella è stato molto chiaro, ha alzato la voce e
preteso che la politica rimanesse fuori dallo spogliatoio, ha usato il
lucido da scarpe sul viso per essere più credibile e democratico come
Obama. Insomma, ha sculacciato la squadra. Ora vediamo se con l’Inter
Jovetic l’ha capita oppure continuerà a mangiarsi gol e bambini.
mercoledì 13 febbraio 2013
E' più prezioso il rame o il ramato?
Qualcuno
ha pensato a un duemilatredici con focolai di peste bubbonica sparata
sulla Fiorentina al ritmo dei Subsonica, rimbalzi irregolari di Eupalla,
e sbalzi d’umore che hanno aperto una falla sulle nostre certezze,
sobbalzi di una difesa dapprima protesa con Roncaglia verso il ricordo
di Passarella, poi diventata una passerella traballante protesa verso
l’inferno di una difesa senza più nessuna pretesa. Altri invece hanno
pensato ad una piccola peste che ha ucciso il sogno dopo essersi accorta
che non esiste Babbo Natale ma solo Mamma Ebe, e che dentro al pacco di
un girone d’andata preso di tacco non c’era il Barcellona ma un pacco,
un mattone duro da digerire come un mattone dentro a un
videoregistratore fuori dall’Autogrill, l’entusiasmo sostituito con gli
sbadigli e il lampredotto con un Camogli. Ma per fortuna c’è ancora chi
ci crede al sogno e ha dotato la propria fede di giubbotto
antiproiettile, perché è vero che dentro al pacco non ha trovato il
Barcellona ma neanche il Gravellona Toce, un tifoso che a differenza del
Papa non scende dalla croce, che perde a Torino ma che canta la
propria passione con tutta la voce. E dopo l’odio per la Riviera delle
Palme, l’antidellavallismo portato avanti con l’esercito dal punteruolo
rosso, è ora di disinfestare questo duemilatredici, e così su certe
depressioni parassitarie dare un po’ di ramato come sulla vigna, usando
equilibrio e serenità, senza sorseggiare l’Amaro del Capo ma usandolo il
capo, perché non servono inchieste del Procuratore Capo Pier Luigi
Vigna, anche se uomo d’esperienza che era all’antimafia quando io ero
ancora in via Maffia alle elementari, perché la vigna che intendo è
quella che da frutti, insomma, grappoli di gol e punti, e non pentiti
che invece del raspo gli è rimasto in mano solo il Daspo. Non c’è da
buttar giù nessun rospo. Anche la luna del resto ha le sue fasi, siamo
passati da quella piena alla quale ululavamo tutta la nostra passione,
all’eclissi che ci ha fatto sprofondare nella notte fonda e buia dei
risultati, un’insonnia dove restano sveglie anche le frustrazioni e dove
il malumore si posa sulla Fiorentina come la brina della mattina. Tutto
normale, come anche il ritorno a un rendimento che la squadra saprà
ritrovare presto, troppo bravi sono lo staff e il gruppo per lasciare
gli scontenti cronici nei propri disagi cranici, perché se è vero che
erano stati sedati con i risultati, che erano state le vittorie a tenere
sotto controllo i valori della pontellizzazione nel sangue, basterà
integrare la dieta con un trionfo che sostituisca un tonfo troppo più
duro da digerire, c’è un verbo che sintetizza alla grande il concetto di
battere l’Inter alla grande, che per l’appunto è proprio integrare. Il
blog sempre attento e sensibile alle vicessitudini della squadra e della
piazza, visto il momento, e soprattutto vista la disinfestazione in
atto, vuole integrare il ramato da spargere sulla vigna, fornendo tra i
filari della Fiesole anche il prototipo del tifoso ramato.
martedì 12 febbraio 2013
Il mattino ha l'Orzinuovi in bocca
Era
già stato parecchio duro accettare che un apparecchio gli avesse
portato via dal campionato italiano uno come Boruc, nell’indifferenza
generale di gente senza ormai più fede, anzi, gente dedita solo al
fanatismo di curva, non un portiere qualunque, mentre moralmente alla
deriva c’era persino chi si metteva nasi e parrucche finte per non
riconoscersi davanti allo specchio la mattina prima di uscire di casa
per andare a contestare i Della Valle, ma un portiere capace con quelle
magliette così fortemente cattoliche, di essere, a differenza di un più
dozzinale Amelia, la vera omelia della domenica. Poi ci si son messi
pure Viviano e Neto con quelle cappelle, e allora uno così abituato a
frequentare il genere, uno con tanto di Sistina come luogo dove prendere
il fresco sotto l’affresco di Michelangelo invece che il fresco troppo
spampanato del glicine, alla fine ha sbottato e prima che venisse
esonerato da Zamparini ha dato le dimissioni. Stremato come lo può
essere solo un tifoso nerazzurro dal gioco di Stremaccioni, ha dato il
preavviso subito dopo aver visto passare il tiro di Vucinic tra le
nebbie di Viviano. E mentre Prada perde un cliente importante la
Fiorentina ritrova il piede educato di Aquilani e quello ruvido di un
Sissoko che non viene certo a Firenze a fare il Papa nero, ma la
sorpresa vera potrebbe essere un gol di Ljajic prima della fumata
bianca, oppure ancora, che dalla fumata bianca esca a sorpresa il nome
di Milingo tenuto sapientemente nascosto da Pradè e Macia. La Fiat,
intanto, con il Papa in cassa integrazione e la conseguente crisi della
Papamobile chiude lo stabilimento di Cassino dove si produce la nuova
Panda, con Marchionne che ha voluto ribadire come sia piccola e povera, e
se Firenze è la Lecce del nord, Renzi risopnde che la Panda è la Prinz
senza schiuma, mentre il Cardinale Piovanelli inferocito dal fatto che
Marchionne faccia le prediche e chiuda gli stabilimenti indossando solo
un maglioncino per mimetizzare scelte non certo casual, risponde
professionalmente in maniera impeccabile servendo la messa avvolto nello
striscione storico “Siete brutti come la Multipla”. Tanta carne al
fuoco, insomma, c’è da fare il Governo, il Papa e la formazione
anti-Inter, la Cittadella, l’ottavo gol di Toni per fare pagare la
scommessa al Guetta, l’antidoping a Delio Rossi, il palloncino a Vargas.
Sospese intanto tutte le naturalizzazioni per la Nazionale italiana
viste le ultime esternazioni di Prandelli che non crede più nel
progetto, intento com’è ad usare l’autoclave per tirare su polemiche ad
hoc, perché nell’ambiente dei baciapile alimentati dall’ambizione, si
dice che voglia puntare al conclave. Sembra infatti che sia stato visto a
braccetto con il Pulcino Pio diretto verso la Cappella Sistina di buon
ora, perché il mattino ha l’Orzinuovi in bocca, e se la fumata bianca
non arriva a Coverciano basta lasciare Coverciano e andare incontro alla
fumata bianca, perché si sa che chi dorme non piglia pesci.
lunedì 11 febbraio 2013
Il profumo del mastice selvatico
Sarà
una settimana che richiede un’anima in 3D, di quelle non proprio da
incorniciare e neanche speciali, ma da inforcare occhiali speciali per
vedere oltre alla squadra piatta di una disgraziata partita in
bianconero, per rispondere il più serenamente possibile ad una
prestazione senza seno e senno. Si, ci vuole un tifoso sano che non
perda il sonno e che professi la propria fede con il piglio del castoro.
In maniera costruttiva, insomma, per accompagnare la squadra verso
un’altra partita non proprio facile, che sia affrontata questa volta con
un atteggiamento meno gracile. Per fare diga davanti a un catastrofismo
emotivo sviluppato tra la rabbia e la delusione dell’ultim’ora, perché
quello che di buono è riuscito a fare la squadra nel girone di andata
rimane comunque scolpito nella speranza di veder crescere proprio
quell’idea di calcio che tanto è piaciuta, cominciando con gli innesti
immediati di Sissoko, poi di Pepito e poi di quelli che dovranno essere
gli interpreti mirati come da scenografia dei programmi. Magari
ritrovando anche un po’ di quella umiltà dispersa dentro a certi elogi
che oggi sono diventati anemici commenti mogi. La squadra del resto è
già un miracolo, un mosaico cioè dall’assemblaggio di fortuna, come
l’atterraggio nel grande calcio di un allenatore con poche ore di volo
come Montella. Tutto è in divenire, perché la squadra ha ancora il
profumo del mastice selvatico della fabbrica dei sogni marchigiana, e
deve diventare scarpa proprio per mettere in piedi quei sogni, anche
dopo scioperi a singhiozzo delle maestranze come sabato, e chi il sogno
lo sta costruendo deve avere modo di capire dove c’è più bisogno
d’intervenire. La squadra è forte e visto che l’Europa League non potrà
sfuggirci nemmeno volendo, potremo cominciare intanto a fare qualche
cambio per far tirare il fiato a chi ha tirato troppo la carretta, e
così anche per valutare chi non ha avuto ancora modo di far vedere
quanto vale come El Hamdaoui. Far rifiatare per rifiutare il rigetto di
una passione appena ritrovata, no al retaggio dell’antidellavallismo
mentre portiamo a termine il rodaggio di questo nuovo motore che tra non
molto diventerà anche da vero amatore. E mentre la giornata di
campionato si spegne dietro a una sfilza di pareggi, notiamo che a Delio
Rossi prima o poi scoppierà la milza, sempre più spesso nei paraggi di
una rissa, Osvaldo che prima ruba il rigore a Totti, e poi, pentito,
pensa di regalarlo a un Romero che non è sicurissimo che sia anche un
romanista. Roma quindi allo sbando grazie ad una Samp che invece monta
le ciccingomme da neve di Delio, giallorossi e Viola che sono le squadre
uscite peggio da questa tornata di campionato, ma mentre il progetto
tattico dei capitolini sembra ormai già capitolato, il nostro è solo da
svezzare. Dobbiamo ancora crescere prima di diventare grandi, è vero,
però siamo una squadra che promette bene, basta sapere che prima di
poter guidare il sogno capiterà ancora che ci fumeranno le palle.
domenica 10 febbraio 2013
I nani da giardino
Sgonfi.
Come un palloncino rimasto appeso dopo una festa. Per di più quella
della Juve che così è sempre più in testa, un palloncino
dall’atteggiamento grinzoso rimasto a mezz’aria come un sogno
anchilosato un attimo prima di arrendersi alla legge di gravità. Appeso e
dimenticato come un sogno impiccato, dimenticato come Pirlo nella ressa
dove sgomita la presunzione, vogliamo credere semplicemente a una
svista da parte di Montella nella lettura della formazione della Juve,
che il nome di Pirlo, insomma, sia stato cancellato da uno scherzo di
carnevale un po’ pirla, non voglio pensare che gli siano state concesse
volontariamente le traversate in solitario sulla nostra pochezza, quando
invece all’andata una certa dose di umiltà ci aveva consigliato l’uso
di marcatura più adeguata. E così la Juve ha potuto festeggiare una
superiorità schiacciante, che va oltre l’orizzonte di un risultato che
ci arriva addosso comunque come la carica di un bisonte. Senza nemmeno
la vasellina, senza la consolazione della crema chantilly a proposito
del ripieno di qualcosa di così schiacciante, ci hanno preso a pedate
con volgari stivali chantilly e poi schiacciati con una Croma. Ci hanno
risparmiato la Duna ma solo perché il deserto l’avevamo portato noi a
Torino, un deserto che per la prima volta nell’era Montella ci ha visti
senza anima, senza il giusto atteggiamento, senza forza e senza
reazione, un deserto senza una palma ma dalla desolazione palmare, tanto
che siamo sembrati una squadra elettrica che portava le mazze da golf
alla Vecchia Signora, che non solo ci metteva in buca i sogni ma ci
prendeva a mazzate negli stinchi. Dall’emorragia di una squadra
dissanguata proprio nel suo modo di essere stata squadra fino a ieri, si
è salvato solo Cuadrado e parzialmente Valero, il resto stecca mentre
la Juve ci assesta un uno due proprio come un tempo faceva Maurizio
Stecca, ci mangia vivi come forza atletica, voglia, insomma una
Fiorentina spoglia, o almeno non familiare proprio come può essere un
trullo di Puglia. Devo dire che mi sono rifatto ampiamente la bocca
prima con la bottarga e poi con Lazio-Napoli, altre due squadre che ieri
viaggiavano a velocità non consentite per questa Fiorentina che è
rimasta invece con la bottarga aperta dopo aver pisciato fuori dal vaso
delle aspettative. E mentre la Juve non sbaglia la Fiorentina sbadiglia
un calcio sonnolento, senza un sussulto, un sprazzo, senza un cazzo, e
mentre le speranze dopo solo quindici minuti erano già volate via come
un razzo, ci siamo arrotati i denti con il pane duro come la realtà, un
tozzo di dura realtà. E se le bugie hanno le gambe corte e molli di
Pizarro, la verità le ha invece belle lunghe e affusolate, in grado con
due passi di portarci di fronte alla superiorità juventina. La verità è
spesso cruda come un sushi, in questo caso è persino depilata,
dall’andatura sicura anche se la classifica la costringe a camminare con
tacchi sedici come i punti che ci separano in classifica. E la partita
di ieri ci dice che ci sono tutti, proprio perché nel giardino del
campionato abbiamo fatto la figura dei nanetti. E Pizarro non ce ne
voglia.
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