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giovedì 31 gennaio 2013

Messaggio di servizio (come ti sevizio l'IP)

E’ molto chiara l’esigenza, la vede bene chi degli occhiali può fare senza ma anche e soprattutto chi la mattina non accende l’intelligenza con diavolerie cinesi ad intermittenza. Senza neanche la possibilità di avanzare eccezioni specifiche tipo l’intelligenza intermittente perché la squadra gioca con l’albero di Natale o perché uno ha scelto anche Moranduzzo tra i suoi tanti nick. E alla fine l’essenza è solo una questione d’intolleranza, non al glutine in questo caso, ma al vivere tutti insieme nella stessa stanza, questione di convivenza, insomma, senza che per constatarlo ci voglia per forza un blitz della Guardia di Finanza. Chi scrive su un blog come questo  è perché vuole condividere una passione scambiando le proprie considerazioni e vuole sentirsi tutelato dal fenomeno del multinickismo che s’inerpica in qualche caso fin sulle vette di siti importanti, Dolomiti e dementi fuori pista, di quei siti per capirsi che fanno del numero dei contatti il core business. Quello di cui stiamo parlando non è il problema di gestire uno scambio anche vivace di opinioni diverse, anzi questo è l’unico sale che non da noia alla pressione, stiamo parlando degli agguati di chi si sdoppia come la vista di un ubriaco razzista che preferisce stordirsi col Mojito invece che con dei Negroni. Tutto questo panegirico per dire cosa, intanto che per l’intolleranza di cui sopra il panegirico è senza glutine, e poi per rassicurare gli abitanti del blog che non verrà concessa la residenza a chi usa più identità come fa Diabolik e che proprio per la confusione mentale che questo comporta a chi è costretto spesso ad emigrare dalla propria identità verso la svizzera dell’hamburger, si ritrova poi a trombare Immanuel invece di Eva Kant. E questo è inaccettabile per il nostro blog che fa della lucidità sessuale un vanto, identità sessuali tutte ma ben definite, e lo fa soprattutto a scapito dei contatti, nessuno cioè può toccarci il culo così come se niente fosse. Sono molti gli strumenti per dissuadere i malintenzionati, che per spiegare agli spioni confusi non sono i tifosi personali di Sissoko che è il capitano del Mali, strumenti dicevamo primo dei quali la volontà di farlo cercando appunto di tutelare un ambiente sano dal fumo passivo. Ed oltre al più efficace e tradizionale come il cotto dell’Impruneta, che è quello di fare a fette l’IP come il Parmacotto, ci sono altri filtri meno definitivi, quelli cioè che concedono al soggetto dall’identità itinerante almeno un’altra chance. Diciamo un un filtro educativo alla pari, come una ragazza che da una mano in casa, mentre il primo è uno strumento con il più alto tasso d’inflazione perché è purgare un IP per educarne cento. Scrivo questo messaggio di servizio in attesa delle diciannove quando chiuderà il mercato, ho dato mandato ad una società che fa appunto ricerche di mercato e che per combattere il fenomeno ha voluto prima capire le caratteristiche e quindi quali sono gli imput che muovono oggi un multinick. Da questo è emerso che il mammifero marino ama molto guardare dal buco della serratura, diciamo pure che è attratto prima di tutto dallo spiare, e allora è stato attivato un filtro che tende a mortificare questo tipo di propensione. La foto di oggi è una demo che mostra come il software filtri le immagini solo verso chi ha il palletico del nick e quando identifica un indirizzo IP che sforna commenti dalle identità ridondanti, abbatte in automatico la qualità dell’immagine privando il soggetto delle immagini più salienti. E’ garantito al limone che il soggetto frustrato si allontanerà senza essersi limonato.

mercoledì 30 gennaio 2013

Acqua di colonia penale

Il campionato italiano è stato indicato dalle autorità in materia, procuratori e Direttori Sportivi in testa, come il più adatto alla riabilitazione professionalpenale, quando per penale s’intendono quelle carriere che per vari motivi stanno finendo a cazzo di cane. Questo tipo di procedura consente al calciatore condannato dalla propria testa di cazzo, appunto, oppure a quelli dispersi nell’atrio gigantesco di rose dove giochi solo quando il Mister inciampa su di te ricordandosi che esisti, a chi insomma ha perso un po’ del suo valore anche per infortunio e anche senza aver manifestato nessun segno di ravvedimento, di ottenere l’estinzione delle pene accessorie che alla fine sono quelle di stare ai margini di grandi società e della propria carriera. Pene accessorie che potrebbero diventare però quelle dei nuovi tifosi, perché questi tipi di rientro coatto, chi per un modo e chi per un altro si portano dietro giocatori a rischio, si, per far ritornare nel nostro campionato certi giocatori c’è bisogno della scommessa, e così nelle ultime ventiquattrore si rivedono Balotelli e Sissoko fare un percorso a ritroso dalla Premier del City e dalla Ligue 1 parigina, oppure da campionati spaparazzati in oriente come quello cinese dove giacciono milionarie balene spiaggiate come Anelka. E probabilmente se ne vedranno ancora delle belle in queste ultime quarantottore dove l’acqua sale alla gola e i calciatori condannati da campionati non più congeniali vogliono annotare la propria riabilitazione sul certificato di un campionato come il nostro, che anche lui con l’acqua alla gola si presta alla grande promettendo di restituire capacità perdute. Solo per parlare di casa nostra, la capacità riabilitativa della Fiorentina ha permesso il ritorno di giocatori come Pepito Rossi e Sissoko altrimenti improponibili, tante scommesse dicevamo, il campo ci dirà poi chi tra i tanti che hanno puntato le fiches su cavalli zoppi o pazzi come Balotelli avrà davvero vinto la propria, insomma chi sarà davvero riuscito a mettere in piedi quel’operazione al bacio che ho sintetizzato con la foto di copertina. Perché dove c’è rischio c’è anche fallimento e qualcuna di queste scommesse andrà sicuramente a puttana, la Fiorentina però, forse l’unica, non si è mossa solo in questa direzione, e attivissima ha chiuso anche affari di prospettiva scommettendo su giovani talenti, un mercato corposo come una donna di Botero, e variopinto come un pappagallo che però non è quello che usa il Delfino per pisciare senza mai alzarsi dal letto pur di contare gli utenti del blog senza perderne uno prima di addormentarsi stremato. Vedremo quindi chi avrà perso le sue scommesse, chi avrà azzardato pensando di aver acquistato primizie fuori stagione ritrovandosi in mano invece contratti importanti da pagare e giocatori alla frutta. La seconda foto è un po’ questo, un gioco, la simulazione cioè di un’operazione risultata poi una buccia di banana dove si vedono chiaramente Pradè e Macia scappare atterriiti pochi istanti prima di prenderlo nel culo.  

martedì 29 gennaio 2013

L'idraulica della passione

C’è sempre qualcuno che dopo una sconfitta sbuca dal cesso, almeno a Firenze è sempre successo. E senza chiedere il permesso fa risalire su certi pensieri dalle fosse biologiche di logiche intasate e anche un po’ patetiche. E’ incredibile ma c’è davvero chi appoggia la propria passione sulle sconfitte, come la carta igienica dove capita quando manca il porta rotolo. Lì a portata di mano, insomma, si la Fiorentina a portata di mano quando serve per le impellenze, ecco, capita così di vivere la passione srotolandola per bisogno, e per scaricarla poi tra Fi.it e Wc Net. E quando tutto fila liscio come centrare il cesso con il piscio, quando insomma va tutto bene, allora è come se si fosse costretti a dividere le gioie a malincuore, dolorose soddisfazioni condominiali, e così quando qualcosa s’inceppa allora scatta la ritorsione che ha lo stesso rumore dello sciacquone che si porta via con se il buonsenso insieme al famoso bambino, si quello che una volta se lo mangiano i comunisti e l’altra viaggia con l’acqua sporca dell’Arno come fosse un alborella. Certi tifosi non aspettano altro che una sconfitta per staccarsi dal riscaldamento centralizzato e installare il termosingolo, tanto poi quando uno si smerda c’è sempre il copritermo. Lo so che è un quadro scarno però purtroppo è così, siamo litigiosi, rancorosi, e con qualcuno dobbiamo pure prendercela, anche se chi lo fa dovrebbe anche prendersi la briga di segnarselo da qualche parte con chi se la prende, con chi se l’è presa la volta prima e con chi se la prenderà la prossima volta, prima che emerga l’evasione fiscale di chi da i numeri ma non ci paga le tasse. Ci sono tifosi poi che hanno veramente uno sculo pazzesco, diciamo che stampano molto spesso la propria passione sulla traversa, perché i periodi di gioia e di grandi soddisfazioni della squadra coincidono con il loro letargo, poi quando si risvegliano dopo mesi e mesi senza mangiare, allora le cose precipitano. Forse più semplicemente sono proprio loro che portano sfiga. Perché per loro siamo passati da una società incapace ad una finalmente ravveduta solo grazie al fatto di avergli dato d’incapace, e subito dopo un in-Castro favorevole ad una nuovamente incapace perché si sono potute recuperare le vecchie accuse prima che andassero in prescrizione. Mi perdoneranno i transumanti se per me la Fiorentina rimane una gran bella realtà a prescindere dal solo punto racimolato in quattro partite, la società ha agito bene a prescindere dal mese di gennaio, non si possono rimangiare certi giudizi dopo che delle sconfitte del duemilatredici non ne ce n'è una meritata. E’ paradossale commentare il risultato di domenica dopo aver visto la partita se nel proprio DNA c’è almeno un cromosomo da vero omo e non da quaquaraquà. E’ vero che l’appetito vien mangiando, ma la squadra ha dimostrato ancora una volta carattere e personalità, e la società allo stesso tempo ha dimostrato di essere la più attiva sul mercato. Poi tutto è perfettibile, tutto è criticabile per carità, ma allora anche dire che se Cuadrado avesse avuto la testa più rotonda probabilmente si sarebbe fatta molta meno dietrologia al cuadrado. La Fiorentina del secondo tempo di Catania rimane una delle più belle degli ultimi anni, una squadra che impone sempre il proprio gioco, e visto che sono cosciente di dire certe cose perché illuminato da un raggio di irresponsabilità che non mi permette di vedere le malefatte societarie, consentendomi di vivere cioè inconsapevolmente come chi non capisce una sega, conscio di questa sfortuna/fortuna vorrei nel mio piccolo ricompensare chi invece è costretto a soffrire perché la verità la conosce. Perché come se non bastasse la condanna di custodire la soluzione del codice criptato dei Della Valle nel quale è stato sviluppato il primo algoritmo della smobilitazione ripianata a suon di trenta milioni per volta, verità dure da sopportare oltretutto se accompagnate dalla condanna ai lavori socialmente utili come la transumanza verso il blog ossigenato per monitorare l’esilio dei pericolosi fomentatori di sana passione. Allora per chi ci legge ma non può intervenire perché già gravato da compiti penosi come quello appunto di controllare dallo spioncino, voglio trasformare la visione dei poveri derelitti in un trionfo di deretano, con l’aggiunta di un frustino per le proprie frustrazioni.

lunedì 28 gennaio 2013

Tra tattoo e vodoo

Che inculata! Davanti a un gennaio che si è tatuato tutto di sfiga mentre pali e traverse delimitano ormai i labili confini tra facili alibi, il disagio e la sfortuna sotto porta, che evidenzia però anche un problema di chi dovrebbe fare servizio di guardiania alla nostra, problema più sgargiante di qualsiasi maglia in dotazione ai nostri numero uno, che in compenso e da ambientalisti sensibili, invece che al campo di gioco preferiscono andare in camporella tra papaveri e papere. Un gennaio che termina sostituendo i giorni della merla con i giorni della merda. E poi la sfortuna di Jovetic colpito da anemia mediterranea che lo rende avulso dalla manovra, dalla nostra sia chiaro, non certo da quella di Ramadani che sembra spostare, arzillo, il suo giocatore sulla scacchiera giocando con la Fiorentina come il gatto con il topo player. Perché se è vero che è lontano dal gol sembra essere soprattutto lontano dall’anima della squadra, con la testa e con il cuore, sentimentalmente abulico, un grande talento che però non usa, sbarcandolo invece che a Lampedusa, probabilmente in un centro d’accoglienza bianconero. Parole queste mie, portate con un gommone da uno scafista senza scrupoli e ragione, sugli scogli della delusione per una partita persa in un modo pazzesco. Per fortuna però c’è anche una ragione che prevale, che raccoglie la delusione e l’asciuga dalla rabbia scoprendo così anche una gran bella Fiorentina, che spreca e regala con le caratteristiche tipiche di chi ha le mani bucate, e non solo quelle dei propri portieri, ma che riesce a reagire al pareggio del Catania col piglio della grande squadra, con carattere, se possibile giocando un calcio migliore di quello espresso prima di essere tradita dall’atteggiamento sconsiderato di Aquilani. Bene sugli esterni con Pasqual che macina chilometri e scarica cross in area con arma automatica, e con Cuadrado che si piazza mina vagante nelle maglie della difesa etnea, come allo stesso modo si comporta sotto porta almeno in maniera stravagante, capace cioè di dilapidare le occasioni più ghiotte depilando la traversa. L’inserimento di un ragioniere come Migliaccio porta addirittura degli sgravi fiscali iinaspettati in zona gol mentre i manager fanno gli stessi buchi di bilancio di Mussari, tanto possesso palla e fase propositiva, ma anche un’incredibile percentuale nel riuscire a subire gol nelle pochissime occasioni concesse. Ma c’è speranza in questa settimana però, quella di alleviare il dolore per le sbruciacchiature riportate insieme ai lapilli siciliani, spalmandoci sopra l’emolliente curiosità in crema estratta dalle caratteristiche dei nuovi arrivati, specie il polacco visto che Vecino non ha ancora ottenuto il passaporto italiano, sperando che il padre non sia quel Caruso che conosciamo e che abbia invece conoscenze in alto, magari con qualche Papa che ci metta una parolina buona per allontanare la sfiga. C’è bisogno anche del ritorno di Pizarro e quello di El Ham che sembra il più capace di puntare con cattiveria la porta senza tanti giri di parole, sperando che Larrondo possa sorprenderci in positivo. Ma per il bene della Fiorentina c’è bisogno soprattutto di serenità e di tanto equilibrio, il girone di andata è lì come una stele per ricordarci le grandi doti di questa squadra, un monito a non creare dualismi o polemiche, perché anche la squadra adesso avrà bisogno di posteggiare gli episodi negativi nel dimenticatoio, per affidarsi al sistema automatico di ricerca del box libero dove scaricare la delusione e dove andare a ritirare la propria auto-stima bella lavata dagli schizzi di sfortuna e con il pieno di fiducia.

domenica 27 gennaio 2013

Buon compleanno Tommy

Come dicevamo ieri, e a maggior ragione dopo aver visto l’omaggio di Tarantino a Corbucci, quel Django che gasa più di un produttore di prosecco, dopo che la Lazio paga dazio e dopo che piove anche sulla Juve, davanti a tutto questo dopo, che riempie gli occhi come la bocca del gatto con un bel topo, dopo tutto questo grasso che cola che non è certo pizza e Coca Cola, la Fiorentina non può certo fare la bella statuina ed esimersi da una bella vittoria. Al limite, se proprio si sente di scolpire un’opera d’arte, lo faccia con la statuta della vittoria, così tanto per non trasformarci in statue di sale facilmente intaccabili dalle mogli e utilizzati quando bolle l’acqua. E’ stato un bel sabato, in grado di caricare ulteriormente di aspettative la domenica, come la Rita il cestello della lavatrice, e mentre lo fa ma mi mostra perplessa il nodo che avevo fatto al fazzoletto per non dimenticare che oggi è il giorno della memoria e del compleanno di Tommaso, il suo quattordicesimo, ma col cavolo che gli compro il motorino, crostoni di cavolo nero quelli si prima delle lasagne, si insomma, non glielo compro per adesso, prendo tempo cercando di corrompere la sua voglia di due ruote con una bella sacher, prendo tempo, si, forse il tempo che occorre alla lavatrice per arrivare a centrifugare le mie ferme convinzioni. Ci vorrebbe il gol di Larrondo, lo stop congiunto di Napoli, Roma e Milan, a reti unificate come un discorso di un Napolitano corrucciato proprio dalla sconfitta inaspettata, e se non proprio unificate almeno impallinate mentre noi gonfiamo quella del Catania. Mi aspetto di rivedere la Fiorentina che ci ha riempito gli occhi nel girone di andata, con la stessa personalità e voglia di giocare a calcio, e Pizarro o no ammazzare tutte le perplessità, proprio come Django, il bene che prevale sul male, un Tarantino su un leccese, un uomo franco su un bugiardo, il bianco sul nero, insomma, una vittoria che sia come il cameo interpretato da Franco Nero nel nuovo film del pugliese Quentin. Buon compleanno Tommaso, che tu possa prendere la vita di tacco come la Fiorentina la partita di oggi.

sabato 26 gennaio 2013

Vietato distrarsi

Adesso bisogna iniziare a risalire la classifica portando via l’intera posta da Catania, senza affrancare o mettere tempo in mezzo anche se la scala dei valori è ripida e tagliente come una katana. E se vogliamo davvero parlare di mercato con cognizione di causa, fermandoci almeno un attimo a riflettere alla stazione dell’intera posta su chi sarebbe più adatto a fare cosa, invece che riempirci la bocca di sudamericani sarebbe più realistico pensare ad un norvegese più adatto a risalire come ci insegna la natura grazie ai salmoni. Comunque sia non ci resta che vincere, e da quel Massimino che non è certo il povero Troisi, bisognerà riportare a casa segnali Benigni a proposito di quel tumore che ha attaccato le cellule della classifica di gennaio, e al massimino, se proprio non c’è nient’altro da fare, bisognerà obtorto collo farsi piacere anche un pareggio che saprebbe però tanto di brodino di pollo, e solo se ben sgrassato potrà essere una magra consolazione, altrimenti non ci resta che piangere, una magra consolazione, se dovrà essere, da accompagnare magari con una buona mostarda di Cremona o con una più nostrana salsa verde speranza. Sono categorico nelle aspettative e pitagorico nel conto della serva che mi aspetto come resto da questa trasferta siciliana, non accetterò creste dopo aver disinnescato quella più pericolosa di Hamsik domenica scorsa, perché la Fiorentina dovrà imporre la propria superiorità e dimostrare con i fatti di voler assolutamente vincere questa partita, senza se e senza ma che è l’essenza di una grande squadra. Perché se vogliamo portare due fiori al cimitero allora andiamo pure a Trespiano che di ipotesi e obiezioni son piene le fosse. Quello che mi aspetto dalla spesa siciliana del resto è matematico, vittoria uguale a tre punti. Perché quella di domani è una partita che ci impone di imporci per non buttare il resto del campionato ai porci, e proprio per non opporci a quel domani che sembra venirci incontro a piene mani. Non mi aspetto altro che una vittoria quindi, voglio una grande partita e non una partita grande come un capodoglio, una prestazione convincente, lontana da qualsiasi alibi o governo di coalizione per condurre la partita all’armistizio come fece il maresciallo Badoglio. Ci vuole solo una dimostrazione di forza, o qualsiasi altra cosa che sia sufficiente a non permettere nemmeno all’arbitro di contaminare la scena di una vittoria a scena aperta. Come oscena risulterebbe invece una qualsiasi battuta d’arresto, inaccettabile anche l’ipotesi di costituirsi ad un pareggio che ci lascerebbe nei paraggi della delusione a meno che non stai perdendo quindici a zero e poi recuperi. Sono molto concentrato sulla trasferta etnea, nella preparazione della partita potrebbe battermi solo quel Mutti che quando allenava e non era polpa era doppio concentrato, mi aspetto davvero tanto e quindi non accetto nessuna distrazione, del resto non mi manca niente, pizza, birra e la partita della Fiorentina. Come da foto allegata, non le solite chiacchere.

venerdì 25 gennaio 2013

A Ozpetek gl'importa una sega del riscontro

Non si può certo dire che è stata alla finestra, perché in questa finestra di mercato la Fiorentina non solo non ha mangiato la solita minestra di un calcio ai tempi della crisi, ma non si è buttata neanche dalla finestra. Ha scelto di guardare lontano e non dalla finestra di fronte, ha preferito Wolsky a Ozpetek incurante del riscontro, in poche parole ha programmato, ha scommesso pur non essendo Buffon, non è stata miope, non ha creato quel disagio che entra addosso all’intervistatore quando non sa se Marotta guarda in camera o in cucina, quella tensione tipica hitchcockiana della finestra sul cortile per capirci, e soprattutto non è rimasta ne in mutande e nemmeno con il cerino in mano come Cellino con il nuovo stadio. Con l’acquisto di Rossi ha mostrato il petto alle ambizioni, un seno che dimostra senno anche se ancora non tutti lo sanno, legati come sono a certi legacci psicologici che sono molto meno stabili di quelli nuovi del ginocchio di Pepito, che poi sono quei crociati che non sono nemmeno i controlli della Finanza, perché quelli sono incrociati, e ne tantomeno sono sbattuti in prima pagina perché quello era invece Incocciati, e poi sono crociati che non faranno nessuna guerra santa a meno che non si nomini Prandelli. E così adesso Lud scrive centoquaranta commenti e il Delfino chiede il riconteggio delle schede. Legati a certo malcostume come quello di pagare i pizzi ai procuratori invece di toccare i merletti, avvinti come l’edera di Nilla Pizzi, o come il nulla di chi fa mercato con il prestito di Pozzi. Poi ci sono gli incroci di mercato, quelli dai quali transitano trattative senza lasciare più traccia, accordi che valgono come la carta straccia, passaggi di meteore per i quali nessuno le vesti si straccia, tifosi gelati da notizie di trattative saltate e gelati alla stracciatella che come il pistacchio sono un classico del mercato del gelato, mentre Pistocchi è la classica espressione del giornalismo congelato da ipermercato. Insomma ipotesi d’incroci che alla fine non si sono verificati e poi incroci magici come quelli con il Villareal, ormai tutta pappa e ciccia, culo e camicia, Criss e Cross che sono invece quelli che non arrivano mai dal fondo sulla testa di Toni perché Pasqual è attratto da quelli stinchi di santo dei difensori che usano parastinchi con l’immagine di Prandelli. E così adesso Lud scrive altri centoquaranta commenti e il Delfino attacca la magistratura politcizzata rea persino di mangiare i bambini, un po’ come Antoine che dichiara d’ingerire solo tofu mentre muore dalla voglia di Sau. Il famoso Playtex, insomma, che non è la bomba di mercato di Louis, che non proviene dalla vecchia Europa e nemmeno dal vecchio West, ma che esalta certe forme di mercato avveduto come quelle di un bel seno sostenuto, e non come quello fatto con il senno del poi, perché a Firenze si è voluto adirittura esgerare con la pianificazione, e alla canonica misura da miss ha risposto con molti novantadue che sono un seno di più grande talento, più di un classico seno novanta. Il duo che lavora in parallelo proprio come un seno, a differenza di un seno nudo non lascia trasparire niente, lavora dietro le quinte pur sapendo che sono donne dalle misure maggiorate, che gli permettono però di portare a casa l’obiettivo senza la fastidiosa luce della ribalta. Un monte di parole, insomma, voli prima pindarici e poi low cost, lancio di pirulini dalla finestra per colpire qualche gobbo alla schiena, fantasie di mercato, ma adesso va riportato in primo piano la partita che ultimamente ci ricordiamo esistere solo dal venerdì in poi, un evento che per qualcuno dura novanta minuti e per qualcun’altro invece fa si che è la sessualità a diventare dura perché provocata da quei novanta minuti che ricordano tanto le emozioni provocate dai novanta gradi. “Tu me provochi e io me te magno!”

giovedì 24 gennaio 2013

3

Forse ci siamo. Si ricominicia a godere. All’alba di una trasferta che dovrebbe risultare preziosa come un tartufo d’Alba, siparietti o non siparietti dei soliti reietti, siamo alla ricerca di una vittoria la cui assenza è ormai datata come Alba Parietti. L’odore sembra quello buono di un tartufo bianco da non confondersi però con il puzzo che viene fuori da un risultato in bianco. Come dicono quelli bravi il trend sembra invertito dopo la bella prova di domenica, e se è vero che non ha costituito niente di straordinario ma un solo punto, ha staccato almeno un certificato di sana e robusta costituzione. La squadra c’è, anche Larrondo ha già visto Firenze sullo sfondo, Vecino è passato sotto l’Arco di San Pierino mentre Wolsky sfrecciava sul Viale dei Mille sopra un Sulky. Che si ricominci da tre allora, come Troisi, e con i sorrisi al posto dei troiai per niente condivisi di certe cose scritte solo per rizzare questioni che invece andrebbero tenute ancora nel cassetto di chi ha a cuore la questione stadio e non di chi invece vorrebbe fare in modo che tutto finisca nel cassonetto. Tre come i tre punti dei quali sentiamo la mancanza come del cibo quando l’eco diventa troppo forte nella panza, la stessa mancanza che sente il fedigrafo della su’ ganza e la sposa quando fiinisce la festa e si spoglia di tutta quell’organza. Tre come gli uomini nuovi che speriamo non siano quelli delle barzellette, anche se nel nostro caso non c’è l’italiano, il francese e il tedesco, ma un argentino, un uruguayano e un polacco. Tre come gli uomini in fuga con Louis de Funès, come i fuggiaschi Della Rocca, Olivera e forse Viviano, mentre per i profeti del ridimensionamento quel Funès lì potrebbe essere strumentalizzato e diventare Funes Mori con scappellamento a destra forse antani come specchietto per le allodole prematurato solo per evidenziare i mancati investimenti dei pontellizzatori, quel Rogelio che fa rima con Delio portato in trionfo mentre tra uno stonfo e l’altro a Firenze ha fatto solo un bel tonfo. Tre come il numero perfetto, Montella, Macia e Pradè ma anche come il gioco delle tre carte di chi usa la tessera sanitaria, quella della Coop e quella di Sky per fare apparire improvvisamente quella da giornalista, e il problema a quel punto diventa lo streaming che si blocca come appunto la dismissione dei Della Valle oggi improvvisamente ravveduti solo grazie ai profeti dei feti, quelli degli investimenti buttati nel cassonetto dai marchigiani, profeti che con la loro denuncia hanno permesso di ricaricare la pagina, far ripartire così l’immagine e infine il progetto. Come per incanto. Mentre qualcuno propone che certe tessere di giornalista vadano messe all’incanto, magari rilanciando come all’asta di Montolivo, o se asticella, meglio se messi direttamente in cella. Si, gennaio sta finalmente sfilando via come certi indumenti che una volta arrivati al capolinea aprono scenari importanti come le coppe più importanti, o per chi preferisce misure più contenute, stanno dentro alle coppe di champagne, che permettono soprattutto l’apertura delle gambe che a loro volta permettono l’accesso ai tre punti fondamentali che fanno classifica oppure fanno di meglio se senza “classi”. Il punto di ritrovo è davanti alla Porta del Paradiso che è come quella del Battistero ma che non è affatto un mistero anche se dentro c’è un gran nero e non bisogna avere paura, per arrivare poi al mitico punto G e da lì alla tipica contraddizione in essere all’italiana che si esplica proprio dentro alle passere, che è un punto fermo assoluto ma che consiste per l’appunto nel muoversi quando si è dentro, un punto fermo nel quale più ti muovi e più godi. E allora muoviamoci e andiamo a prenderci questi tre punti, sennò si diventa ciechi.

mercoledì 23 gennaio 2013

Trenitalia "buhaiola"

Ieri sono stato tutto il giorno a Milano, di cui sei ore a strasciconi ostaggio di Trenitalia che almeno ha scelto di non inviare nessun brandello di orecchio alla Rita. Non ho letto niente sulla Fiorentina e neanche seguito la discussione sul blog, non ho nessun aggancio col mondo del calcio se non quello di essere passato davanti a Giannino e alla Saras, senza però incrociare ne Galliani con il fantasma di Kakà e ne Moratti accerchiato da giornalisti vogliosi di sapere a che punto fosse la trattativa per portare a Milano quel Durbans che anche se solo in comproprietà risolverebbe almeno in parte il problema orale anche se non quello del gol. Praticamente non so una sega di quanto è successo ieri, è vero anche che ieri sera ci sarebbe stata una semifinale di Coppa Italia, ma io scrivo prima, scrivo come Silvio Pellico durante la detenzione e scrivo quindi le mie prigioni alle quali mi ha costretto Trenitalia, della partita non me ne può fregare di meno. Treno Frecciarossa 9555, 1° Business delle 18:20 da Milano Centrale, la mattina scorre come da programma mentre il pomeriggio no, quello è affetto da eiaculazione precoce e così alle 12:30 sono libero compreso il bidè già fatto, e potrei quindi ritornare a Firenze con qualche ora di vantaggio se non fosse che l’anonima sequestri mi fa presente che con quel tipo di biglietto comprato on line con un qualche cavolo di offerta non è possibile effettuare nessuna sostituzione, di fatto sei ore in mano ai rapitori a meno che la famiglia non fosse disposta a pagare un riscatto pari ad un nuovo biglietto, cercando di evitare con depistaggi vari il blocco patrimoniale predisposto dalle forze dell’ordine, visto anche che la mia azienda col cavolo che me lo rimborserebbe. Diciamo pure uno di quei sequestri lampo che vanno per la maggiore. Come se non bastasse e vista la malaparata chiedo ai sequestratori di poter affrontare questa detenzione per ingiusta causa scontandola almeno in un ambiente il più confortevole possibile come sembrava essere lo spazio appositamente adibito e predisposto nelle stazioni dove transita l’alta velocità, battezzato Freccia Club. Manco per il cazzo mi si risponde, perché lì ci può accedere solo chi ha un biglietto business come il mio ma nella formula “salottino” oppure “executive”. Altrimenti tessera Freccia Club come se non bastasse quella dei tifosi, un’operazione marketing vergognosa. Allora chiedo da dove traggono ispirazione e mi viene mostrato con orgoglio l’albero delle idee che riporto nella foto di copertina dopo loro precisa richiesta. Poveri stronzi. Ma andate affanculo razza di barboni, discriminatori sociali e pezzi di fango, ideatori di centri asociali. Viva Della Valle e viva  NTV, accogliente, politicamente corretto e democratico, tanto che ti accoglie a Casa Italo, lo spazio equivalente al Freccia Club di questa minchia, semplicemente perché sei un cliente, qualsiasi biglietto tu abbia acquistato, e lo fa oltretutto facendoti posare il culo su Poltrona Frau e non su quel trionfo di vilpelle che ha lo stesso effetto dell’ortica. Allora utilizzo l’impedimento tecnico per alimentare un po’ anche l’anima gastronomica del blog sempre troppo trascurata e disintossicandola anche un po’ da un calcio ai tempi di Romeo. E sfrutto le ore d’aria che Trenitalia mi concede solo perché così non gli sporco quell’immondezzaio di Freccia Club del cazzo e vado a mangiare la migliore pizza a taglio di Milano, basta imboccare Corso Buenos Aires e prendendo una qualche traversa sulla destra si arriva da Spontini, locale scarno e quasi squallido quanto Trenitalia, con tavoli di formica, scortesia funzionale a chi ha bisogno di liberare il tavolo perché c’è sempre la fila, con un locale non certo piccolo tanto per far capire di quale fenomeno si stia parlando, locale dove vanno i milanesi, Sponitni che segue ancora la ricetta degli anni cinquanta, in un unica versione, con pomodoro, mozzarella e qualche acciuga... Un solo tipo di pizza, l’unica cosa che si può scegliere è la versione abbondante. Fine. Una gran pizza, un trancio incredibilmente alto, soffice ma croccante alla base, cotta nel forno a legna e ricoperta di mozzarella, insomma unica, il segreto è nella pasta e nella lievitazione, ma anche nel condimento. Non puoi prendere nemmeno il caffè, puoi solo mangiare quella pizza lì, buona e trasversale a tutte le età e target, mentre per Trenitalia è d’obbligo  pensare a un menù più vario, o almeno a qualche ingrediente in più del tipo “capperi”, e questa sarebbe l’esclamazione aggiuntiva, “che teste di cazzo”, questo invece come per Spontini dimostra quanto anche loro siano unici nel loro genere. Leggo solo adesso di Wolsky, troppo tardi ormai. Sono stanco e tra un po’ anche già a Venezia.

martedì 22 gennaio 2013

Quel che resta della testa

Una settimana all’insegna del caseario, un comparto che a Firenze riesce nel non facile parto di rendere vero quello che del pensiero dovrebbe risultare invece uno scarto, capace cioè di mettere alla luce il paradosso intrecciato con l’inverosimile, capace di farlo con la stessa elasticità mentale di un carapace. Una settimana, insomma, dove la treccia da calare da quella torre che un tempo fu Toni, oggi a Firenze è solo quella di una bufala di giornata. Si è cominciato con la Lampard di Aladino dove “ala” è il finale di bufala e “dino” quello di truffaldino, poi si è passati senza colpo ferire alla ventilata cessione di Roncaglia, così ventilata che alla fine ci ha rimesso il povero De Sanctis preso d’infilata dalla folata di una notizia inventata. Larrondo, intanto, nel menù del venerdì aveva scelto un infortunio al ginocchio invece del pesce, e la comanda l’avevano presa i centottanta camerieri del Guetta dopo aver assistito agli allenamenti con la cucina a porte chiuse, come del resto certe vene che non sono quelle creative ma quelle che dovrebbero trasportare il sangue e l’ossigeno in sala macchine. E alle porte chiuse dalle quali evidentemente non si vede una sega, figuriamoci l’infortunio al ginocchio di Larrondo, facevano da contraltare i casi aperti come il difficile rapporto Viviano-Montella e l’irruenza di Roncaglia che mentre preparava il soffritto sul gol di Cavani ha fatto piangere il sensibilissimo Failla impietrito persino davanti ad un polpo lesso scambiato per il trial del film cult di Tarantino. A qualcuno evidentemente pesa troppo la testa, la foto di copertina mostra infatti il giornalista fiorentino medio, un martello piegato dal peso delle proprie brillanti considerazioni, come quelle di chi ha dato l’insufficenza a Cuadrado e Aquilani, compensando poi con la sufficenza a Bergonzi mentre non c’è stato un solo giornale sportivo nazionale che l’abbia fatto. Una testa che non dice il vero, che sembra quella di un maniaco che cerca di adescare gli errori di Neto sul gol di Cavani direttamente dai giardinetti della propria adolescenza triste. Forse il girone di andata ha fatto girare un po’ troppo la testa a chi è evidentemente astemio alle emozioni intense, abituato com’era a quelle melense della doppietta di Montolivo contro il Novara City, e qualcuno prende spunto dal calendario per mettere in evidenza che nel duemilatredici la Fiorentina non ha ancora vinto, e chi se ne frega quindi se uno guarda sempre e solo il lato positivo invece della televisione, perché qualunque cosa tu voglia fare con il tuo televisore il canone è un imposta obbligatoria legata al suo possesso, ricordandoci così di ripagarci con qualche altra cazzata entro il trentuno di gennaio. Una mancanza di qualsiasi logica, anche perché spesso abbandonata proprio in salottini televisivi dove il testa a testa tra le teste di cazzo presenti viene deciso neanche sul filo di lana ma su quello di lattice grazie ad uno speciale serbatoio utile per conservarci intatta la registrazione della puntata. E la curva, intanto, probabilmente dietro suggerimento di chi aveva visto l’infortunio al ginocchio di Larrondo, espone striscioni di squadra, quelli per intendersi che aiutano a cementare il gruppo, o forse è probabilmente solo il frutto di un gruppo sanguigno sfavorevole che determina poi certe iniziative prive di testa. A Firenze, insomma, ci sono tifosi e giornalisti che condiscono il pinzimonio dei loro giudizi crudi con l’olio di sansa, una categoria alla quale dovrebbero dedicare il conio di una moneta sulla quale eliminare la testa per lasciargli solo la croce da trascinare sul Golgota del proprio destino, oppure intitolargli semplicemente un manicomio. Noi che tra testa e croce scegliamo la testa di Gonzalo Rodriguez, siamo convinti che la squadra possa riprendere al più presto il passo del girone di andata, un rendimento che ci garantirebbe non solo un piazzamento finale di prestigio ma anche di evitare l’escalation dolorosa di chi dalla testa estrae una sostanza maleodorosa, tifosi con l’alitosi che con qualche perfida fiatata si vogliono distinguere proprio da chi è invece abituato a tenere sempre la testa a posto.

lunedì 21 gennaio 2013

Miele di perspicacia

Partita prima bloccata, giocata sui lanci lunghi per cercare di scavalcare i ranghi, e poi sbloccata proprio da uno di quei lanci lunghi che vede il portiere e il difensore napoletani intervenire come oranghi. Seguito da dieci minuti di musi lunghi, quelli dei partenopei almeno fino alla frustata dai capelli lunghi di Cavani in torsione, che Facundo ha potuto ammirare solo più tardi in televisione, con il muso lungo. Di Barcellona solo un ricordo, ombre lunghe se non a macchia di Leopardi in quel rimembramblas ancora quella tua manovra mortale quando beltà splendea tra il giro palla di un Pizarro che oggi invece ricorda più Enea per le sue peregrinazioni lontano dal campo, e Jovetic lontano dal gol che sembra più anchilosato ancora del figlio di Anchise. Qualche ricordo in mezzo a una partita che per lunghi tratti, e sotto la pioggia, poggia il suo equilibrio scivoloso dentro a schemi astratti, si cerca il taglio nella tela, ma a differenza di Fontana, senza trovare nessuna ispirazione se non quella suicida di De Sanctis, che a proposito di portieri non è Fontana e nemmeno Taglialatela, trovando però il multiplo di Cavani numerato a cento esemplari in serie A. Una volta si sarebbe detto partita maschia, oggi per via delle pari opportunità si deve per forza dire anche partita femmino pur senza Montolivo, con poche opportunità ma quelle poche in grado di mettere in luce il buon momento di Neto e gli errori sotto misura di JoJo e Aquilani che avrebbe potuto suggellare la sua bella partita e allo stesso tempo uccellare la difesa del Napoli. Partenopei che invece di quello di San Gennaro assistono al miracolo di Neto su Pandev, e i Viola che invece di quella di San Gennaro assistono alla liquefazione del top player Jovetic. Una bella partita muscolosa dentro alla quale la Fiorentina ha dimostrato di valere il Napoli, gestendo la fatica per gli straordinari di Coppa non retribuiti, e trovando la forza di chiudere in avanti. La squadra di ieri, quella cioè priva di Pizarro, del miglior Jovetic, Valero e Cuadrado, quella dissanguata in coppa ha giocato la partita tatticamente più giusta anche se meno blaugrana, quella necessaria ad affrontare con profitto una squadra robusta e scorbutica come quella azzurra, comunque una gran bella partita, una partita differente come certe banche, con la difesa che ritrova la giusta venatura del marmo, solida, compatta che lascia al Napoli solo le briciole sufficienti però a sfamare l’unico top player in campo. Il primo punto del duemilatredici inverte una tendenza che sembrava quella della grande depressione, la crisi del ventinove o crollo di Wall Street, quando oggi rimane da superare solo la crisi di Jovetic e quella del gol. Una squadra che non è solo bella ma che dimostra di avere anche cuore, che rinuncia se necessario a mostrare le sue forme sinuose per tirare fuori i muscoli e il carattere, adesso ci aspettiamo di risentire in bocca il sapore inconfondibile della vittoria, quel dolce come il miele, o anche solo quel miele, si proprio quel sapore lì che un po’ ci manca, quello che ho cercato di rappresentare nella seconda foto, perché il suo  ricordo è ancora un po’ troppo lontano.

domenica 20 gennaio 2013

Una partita sproporzionata

C’era una volta una partita sproporzionata, una partita di calcio spezzatino sporzionato sul piatto che piange direttamente da una cucina piovosa all’ora di pranzo, servito ai tifosi Viola dopo che la mucca del lilla che invoglia ha brucato tutto il campo per drenarlo, mentre i tifosi napoletani, corna, bicorna, aglio, frattaglie, fattura ca nun quaglie, temono invece che la mucca sia un cavallo di troia nel quale si nasconde una brutta sconfitta. Poi c’è anche qualche figlio di troia che invece non gliene può fregare di meno se la principessa è grassa come una mucca, oppure se è troia, ne se arriva o non arriva in carrozza, perché quello che importa è che dentro la carrozza ci sia la mozzarella. Una partita dove non servono i buoni sentimenti, o almeno servirebbero se fossero Ennio (I), Arnaldo (II), Vittorio (III), Lucidio (IV) e Primo (V), una famiglia piena di Sentimenti che riempiva le squadre non solo di buoni giocatori ma anche di buoni propositi. Questa però è una partita dove è vietato essere buoni come il pane, dove la fase difensiva non deve essere di marzapane, dove non c’è Glenn Hysen e ne tantomeno Hansel e Gretel, ma dura come un tozzo di pane, dura ma leale, con frasi non certo da fiaba come voglio vedere il sangue, sostutuite con il pomodoro San Marzano, e con la difesa del Napoli intenta a fare una bella pizza difensiva con la quale sfamare il nostro desiderio di ritornare alla vittoria. E’ una partita sproporzionata perché priva di un giocatore scapolo ma allo stesso tempo coniugato, quel Larrondo che essendo gerundio è soggetto a infortuni perché sempre in movimento, sarebbe bastato un Larrondò per aver già superato l’infortunio al ginocchio o un Larrondrò per rimandarlo a un un futuro prossimo. In un calcio sproporzionato dove c’è l’unico Vigile che mi fa i complimenti invece delle solite multe. Intanto il bello addormentato nel bosco Jovetic baciato dalla buona sorte si risveglierà dalla pennichella e una volta ripresa coscienza di essere ancora un top player e non una semplice Ranocchia, nella ripresa segnerà le due pere della foto. Lo gnomo Pek come in tutte le più belle favole alla fine giocherà e salverà la Fiorentina dall’antipatia dell’orco Mazzarri, uomo che mal si adatta a una visione fiabesca di una domenica da cani, perché uomo ruvido e specifico dei giorni nostri, un mastino napoletano ringhioso e bavoso, un inelegante che inala rozzezza puzzolente come l’acqua di Sirmione, un burbero spesso in maniche di camicia salvato spesso dalle prodezze Cavaniche, un uomo che per coerenza scenografica oggi dovrebbe ritrovarsi nel bel mezzo di una partita incolore del suo Napoli, lui certamente più adatto al bianco e nero come in un film di Spike Lee, lui che è un vero afronapoletano della lamentela, e se è vero che la fiaba è quanto di più distante gli si possa accostare, vogliamo comunque accontentarlo  inserendolo nel suo ambiente più naturale, tanto che per amore della sua estrema praticità lontana da sogni e poesia, e per un uso iperrealista della fotografia a lui più congeniale, che non sia insomma così volgarmente fanciullesco come la foto di copertina, ma per non cambiare il senso a noi tanto caro, comunque sempre due belle pere gli vogliamo regalare.

sabato 19 gennaio 2013

Rattop player

Non è facile costruire una squadra, gestirla, quando necessita cercare di correggerla in corsa, e si parla di chi questo lo fa di professione, di chi la squadra la gestisce come fosse una casa chiusa, parecchio chiusa all’esterno, con la tenutaria che ne conosce gli equilibri, tutti gli spifferi fino all’ultimo dei mugolii, insomma di chi conosce bene la materia dall’interno come hanno dimostrato Pradè e Macia nella costruzione e Montella nella gestione. Perché poi c’è invece chi va solo a trombare, c’è il tifoso che ragiona sul risultato, che gode o si lamenta, che si esprime in maniera triviale sulla trombata, lontano molto lontano dal peso di decisioni importanti come quelle della tenutaria, che sono determinanti a far scaturire poi la qualità di quell’evento trombata. Al tifoso le opinioni  non costano niente, non le pratica per lavoro ma per passione, non è richiesta una competenza specifica in materia, ma questo non gli vieta di emettere giudizi anche severi verso chi invece è pagato proprio per la propria competenza, nonchè professionalità. Il tifoso non conosce le pieghe del mercato, ma se ne nutre costantemente come se ne avesse letto gli ingredienti sulla confezione e non sul giornale, e confeziona così formazioni su formazioni, per intere giornate e sogna di scrivere la sua formazione tipo proprio su un giornale. Si approvvigiona di giocatori in tutto il mondo senza che il campo possa mai imputargli l’inadeguatezza di nessuna di quelle scelte, senza che il campo ne evidenzi mai una sostanziale mancanza di equilibri tra i reparti, non ultima la mancanza di equilibrio proprio in quel reparto dove produce fantasie a ciclo continuo. Lui lo spogliatoio non lo gestisce mai, lui si spoglia per godere, i suoi giocatori preferiti sono il frutto di un lavoro di patchwork, gioca di collage, il suo collegio giudicante è severo e non ha mai torto, il suo insomma è l’atteggiamento più classico, come un paio di College. Non tratta ingaggi ma ingaggia discussioni con chi non tratta ingaggi come lui e come lui ingaggia discussioni, e ce ne fosse uno che paga un ingaggio. Il vantaggio di questa posizione di forza è la sostanziale mancanza di pericolo di un esonero nella notte, l’unico svantaggio è la mancanza sostanziale d’ingaggio percepito comunque anche in caso di esonero, i suoi giudizi dopo aver perso dimostrano che se si fosse fatto come diceva lui non si sarebbe perso, ci sono tifosi che nella loro lunga carriera non hanno mai perso, tutti. I nostri giocatori ideali sono spesso quelli che non ci sono, le sostituzioni da fare quelle che non sono state fatte, le scelte proporzionalmente diverse a seconda del risultato, disaccordo furioso in caso di sconfitta, concetti, idee, intrpretazioni in luna di miele dopo una vittoria. Metti quello, togli quell’altro, a quello e a quell’altro ci vorrebbe la qualità di quell’altro ancora e che invece manca ad entrambi, e allora forse avrai il giocatore tipo che ti manca per la fascia destra, perché per quella sinistra ci vuole gente di fascia equatoriale. Mi sono preso la briga di fare uno studio inserendo i dati incrociati di tutti i commenti inviati in un anno di vita del blog, escluso solo quelli riguardanti i crociati di Pepito Rossi per evitare di fare confusione con i controlli incrociati. Un software ha elaborato la quantità di indicazioni che sono state inserite in questo anno di dissertazioni tenendo conto di fattori determinanti come il giorno, l’orario ecc, filtrando quindi anche aspetti che incidono poi sul commento, come per esempio la stanchezza di un suggerimento dato di venerdì invece che di lunedì quando si è più riposati, oppure la lucidità di una metà mattinata invece di una tarda serata dove qualcuno ha alzato il gomito pur non essendo in mischia. Il software ha quindi elaborato il giocatore tipo del blog, il volto e il seno sono la conseguenza di una fissazione nota, non è stato possibile mostrarlo di spalle perché il sistema ha rilevato qualcosa di più di una fissazione, il resto è quello che Pradé e Macia dovrebbero comprare per risolvere il problema del gol, i pezzi mancanti sono stati fermati in dogana. I componenti metallici sono in realtà d’argento, argentini quindi. E naturalizzati.

venerdì 18 gennaio 2013

Viagradinata

E così alla fine è arrivata la crisi mistica, il tifoso mastica amaro, e dopo le tre scoppole della vita non sa più chi è nemmeno dalla vita in giù. Ma chi è diventato allora il tifoso Viola dopo il tracollo e dopo le sconfitte arrivate tra capo e collo, quali sono oggi le sue emozioni, si sono travestite di delusione o è lui che per il dispiacere è diventato un travestito. Che cosa prevale quindi dentro di noi, qual’è il nostro aspetto interiore, trasandato per la delusione cresciuta come una barba di due settimane, oppure dentro ognuno interpreta il finto trasandato, un ultras andato e datato, oppure uno sornione e consapevole di provare ancora piacere anche dopo qualche battuta d’arresto perché conscio di avere comunque iniziato un percorso virtuoso che vede ancora il bilancio positivo, che poi alla fine è l’aspetto della questione che più c’interessa davvero, lui si sempre gradevole. E questa consapevolezza rimane comunque affilata come un buon rasoio mentre si è scatenata una tempesta tra l’ormonale e l’anormale, si sono perse le certezze, la sessualità vacilla, le credenze popolari insinuano tarli più voraci di quelli che ci sono nella credenza della nonna, e avanzano fino a scadere nella Pescaramanzia, tre sconfitte hanno fatto uscire la vera belva che è in noi, non rimane adesso che tagliarsi la barba per mettersi l’Acqua Velva. E gettare così anche un po’ di Acqua Velva sul fuoco. Aspettiamo il Napoli per capire meglio se siamo carne oppure pesce, se proseguiamo il cammino con le nostre gambe o se il pesce tra le gambe ce l’ha solo Cavani. Insomma qual’è oggi la nostra identità dell’umore, una collana di sconfitte in una perla di girone d’andata, oppure una collana di perle su un petto villoso, e tatuaggi che rendono più volgare un cammino che sembrava elegante, un rossetto in mezzo a una barba che è addirittura peggio che avere Rossitto in mezzo al campo. Siamo letteralmente scombussolati, questo duemitredici ci ha minato le certezze, la buona sorte non si è limitata a fare orecchie da mercante, ci ha messo orecchini e piercing, tutta ferraglia per marchiarci e così riconoscerci meglio prima di calamitarci addosso tutta la sfiga possibile. E al palo della lap dance dove si avvinghiava una squadra fino ad allora sinuosa, ha sostituito il suono del palo che sa di schianto, dove si stampa il dramma e si strozza in gola l’urlo del gol. E ancora non siamo usciti dall’equivoco delle palle inattive, che essendo tali sono però le uniche che procreano gol. E menomale che sono inattive. Allora compriamo una punta inattiva. Mentre anche il passivo Failla è stato colto da questa crisi d’identità sessuale a momenti, tanto che la sua soglia del dolore ha superato quella di Jovetic e la sensibilità ha superato persino quella di Heidi mettendosi a gridare tutto il suo sdegno per la violenza inaudita scaturita da un addetto che è scivolato dolcemente sulla copertura del tunnel che porta agli spogliatoi, è una vergogna! Aveva ragione Conte in quella famosa conferenza stampa perché aveva intuito prima di tutti la deriva di un calcio che stava scivolando da solo prima verso il fairiplay e poi verso il Failla. Dobbiamo rientrare al più presto nel nostro corpo di tifosi che altro non è che la nostra vera identità, non è facile perché alle porte c’è il Napoli che non solo non sembra essere d’accordo, ma è anche un cliente non certo dei più passivi, non proprio disposto a riavviarci ad un’attività sessuale soddisfacente facendoci da nave scuola. Abbiamo comunque bisogno di un aiutino psicologico e non, e allora ho pensato a qualcosa che sia facile e di sicura efficacia. Un interruttore?

giovedì 17 gennaio 2013

Tra il lusco e il brusco

Sfortuna a parte perché tre legni non sono pochi, sono legni però che non alimentano affatto la solita lagna dell’alibi della sfortuna, e ne tantomeno quel cammino in coppa che dopo l’eliminazione di ieri è diventato al massimo un “caminetto”.  La Fiorentina è troppo imprecisa, soffre maledettamente il pressing alto di una Roma a dir poco rimaneggiata, che pur in trasferta dimostra di essere a proprio agio tra lo smarrimento del fido palleggio Viola diventato ormai randagio. Oltretutto i giallorossi sbagliano una miriade di ripartenze che avrebbero potuto chiudere la partita molto prima, perché è una Fiorentina che vacilla tremendamente, come se fosse pressata non solo dal lavoro in prima battuta degli avanti della Roma, ma soprattutto dalle pressioni che si sono venute a creare in un duemilatredici che ci fa rimpiangere la previsione fallita dai Maya. Poi è anche vero che la squadra va all’assalto, ma è anche vero che sarebbe bastato invece della baionetta un semplice Baiano, perché tutti girano al largo del gol prendendo come riferimento lo spigolo dell’area di rigore dove battere delle gran belle chiorbate. La Fiorentina dei tempi supplementari ha dimostrato almeno di stare bene fisicamente ma anche di non essere più la stessa, quella che ci aveva fatto innamorare e che avevamo ammirato nel girone d’andata scomodando paragoni con il Barcellona, entusiasmo rimasto a bere delusione fino a tarda notte al massimo in un bar di Barcellona, perché sì è buttato via un’occasione enorme che ci porta davanti al primo obiettivo stagionale fallito. Una partita che ha dimostrato quanto pesi l’assenza di Pizarro, e quanto siano inadeguati i contrappesi Migliaccio e Romulo, ma che rivaluta anche la figura di El Hamdaoui sempre troppo sottovalutato e capace invece di fare un mestiere che oggi è scomparso dalla nostra area di rigore. Nel frattempo anche Jovetic ha smesso di fare Mister trenta milioni trasformando la manovra Viola in un imbuto, in un collo di bottiglia dove rimangono imprigionati tutti i buoni propositi della squadra, compreso Ljajic che svolazza come una zanzara per rimanere folgorata nella griglia elettrica della difesa avversaria. Con questo la squadra rimane comunque molto valida, capace di mettere in campo il cuore e di macinare più di un mulino, ma cosa manca adesso lo sappiamo ancora meglio e non sarà certo questa delusione a farci rinnegare la bontà del gruppo messo in piedi in tempi brevissimi, affrontiamo un periodo di appannamento anche psicologico probabilmente innescato dalle ultime battute d’arresto, che si somma ad una bella serie di episodi negativi. La cosa che salta di più agli occhi è che la squadra ha perso quella sicurezza nel palleggio che l’aveva caratterizzata e che gli aveva permesso di gestire al meglio il gioco, in questo senso si è vista oggi la peggiore Fiorentina, con errori nel disimpegno di Tomovic, Gonzalo ma anche di Aquilani in quantità industriali, terribile come dicevo la sofferenza sul pressing alto e bisogna riconoscere che la Roma era priva di Osvaldo, La Mela e Totti. Romulo un po’ meglio di Migliaccio e Llama di Pasqual, tutti comunque incredibilmente incapaci di mettere un cross in mezzo su cento provati, lunghi, corti, alti, sostanzialmente utilizzati non tanto per mettere in condizione di battere a rete un compagno da posizione favorevole, ma per abbattere l’avversario di turno, mentre Ljajic continua invano la caccia al fantasma dell’eurogol quando potrebbe essere più utile cominciare a farne qualcuno anche più facile. La delusione più grande si chiama Jovetic che prima di ricominciare a fare la differenza potrebbe intanto integrare qualche nuova finta a quelle solite due e magari ricominciare a inquadrare la porta, peccato davvero per questo spreco di energie che si somma ad una delusione che diventa filotto, e domenica arriva il Napoli di Cavani. Trovare è la parola d’ordine, bisogna ritrovare il prima possibile la via del gol ma anche e soprattutto il giocatore più capace di trovare appunto la giocata per spaccare la partita, Jovetic insomma e non solo nella foto, che invece sembra essersi nascosto proprio  tra il lusco e il brusco.

mercoledì 16 gennaio 2013

OvoMati-na da forza!

Il tempo della Tim Cup arriva insieme al maltempo che è lo startup vero di questo inverno, e c’è anche il tempo per fare alcune considerazioni in controtempo, mentre se ci fosse stato Pato avrei osato un ritmo più sincopato, con Lucone scelgo di tenere i Toni più bassi. Un quarto di finale del quale come per il maiale intero non si butta via niente, e allora ci accingiamo a gustarci tutte le sensazioni che potrà regalarci questa partita sperando che il finale sia da favola, le premesse ci sono, le promesse anche, vediamo se le buone intenzioni saranno allora anche promosse sul campo. Perché quella di stasera è una partita importante, che potrebbe aprirci il recinto verso una semifnale che per noi è sempre un evento allo stato brado, ma allo stesso tempo è una partita da maneggiare con cura, di quelle dal guscio delicato perché viene dopo due frittate consecutive. Ci sono però anche un paio di vantaggi nei paraggi di questa sfida al Franchi, e per chi non si fida ma anche per essere franchi, bisogna riconoscere che uno sarà la formazione in emergenza della Roma, l’altro oltre al fattore campo nasce proprio dal doppio scivolone, quasi uno zabaione di emozioni negative che non permetterà di sederci, ma anzi dovrebbe garantirci una buona dose di rabbia, che se veicolata nella giusta maniera avrà per il tifoso l’effetto confortante del Vov. Le ultimissime indicano Borja Valero recuperato come anche OvoMati-na che invece di dare potrebbe trovare la forza di fare finalmente la differenza, mancherà probabilmente all’appello ancora Pizarro che per certi versi è uno di quelli che più ci terrebbe a questa sfida, e allora chissà che alla fine non ci conforti con la sua presenza a sorpresa, del resto le motivazioni fanno molto più dell’uovo sbattuto, del mostro sbattuto in prima pagina o di una caviglia pestata come il mosto. Dentro ad una partita così importante e delicata non c’è solo l’obiettivo semifinale che probabilmente significherebbe qualificazione in Europa League, dentro c’è anche un altro tarlo per non dire tuorlo che fa accendere la vera spia rossa di casa Viola, che non è un controsenso cromatico e nemmeno quella del rosso d’uovo, ma è un tarlo/tuorlo che rischia di far tracimare il problema oltre l’orlo, e che per farla breve è il problema del portiere, e visto l’andazzo che ha preso questa presentazione del match, se non altro per alternanza e per tematica oggi dovrebbe vedere scendere in campo probabilmente Voviano. Una partita nella quale mancherà Larrondo come altro motivo di fondo o almeno sullo sfondo, che deciderà l’avversario dell’orrendo Inter di Stramaccioni dopo che il Pulcino Pio-li ha sfiorato il miracolo a Milano, intanto il pubblico romanista incita la propria squadra a Trigoria con uno striscione dove invita a sbancare il Franchi togliendo di mezzo i possibili alibi delle assenze, il tifoso Viola invece, più composto e concreto come da seconda foto, sotto lo striscione ci passa per significare a quello romanista  che vorrebbe andargli semplicemente nel culo.

martedì 15 gennaio 2013

Urca, orca, Porca Valero

La sconfitta si porta dietro spesso una disperata ricerca delle responsabilità nelle quali far defluire la delusione, il risultato prevale sulla prestazione e il giudizio ne risente come la digestione dopo un’abbuffata di gol nella propria porta. Anche Ljajic in questo crogiolo di depressione alla fine non sembra diventare solo una semplice capra capace di pascolare driblando i paletti che la tifoseria ha messo davanti alla propria soglia di sopportazione, non solo quindi capace di brucare in slalom lontano dagli occhi e lontano dal gol, ma sembra oltrepassare addirittura quella soglia mangiando Nutella invece della foglia, diventando di fatto una capra espiatoria. Poi con lo stesso principio e con tre salti pari al dislivello che c’è tra quando si vince e quando si perde, tra quando si prendono e quando si fanno tre gol, si è dato il via ad una cascata di mormorii invece delle Marmore, mugugni a Firenze eterni invece di Terni, naturali mal di pancia invece di polemiche artificiali frutto di cascate a flusso controllato. Insomma, un incontrollato modo di giudicare, un serbatoio critico invece che idrico, che non preserva niente e nessuno a differenza di quello di un preservativo che qualcosa di costruttivo invece trattiene. Ma anche senza preservativo magari durante l’aperitivo, a Firenze le critiche non saranno mai procreative. La sconfitta è per noi una cascata negli inferi dell’umore, niente ci può consolare più del rancore, la rabbia è il nostro calcio di rigore, ai dieci piani di morbidezza Firenze risponde dagli undici metri di scontentezza. Invece delle classiche caramelle Fallani al rabarbaro ciucciamo quelle al raburbero dopo che il destino ci ha preso in fallo, e allora anche Larrondo diventa Lorrendo, Rossi è rotto e magari non è più così mobile come la donna e allora sarebbe stato forse meglio prendere Immobile e così avremmo cantato  la “donna immobile qual piuma al vento”, visto che a Firenze ci facciamo addirittura vanto che persino il Savonarola è stato oggetto “di quella pira Lorrendo fuoco”, perché il tifoso fiorentino è un vero Trovatore di malessere. Confesso che qualcosa però sta cambiando in me, perché la Fiorentina di quest’anno mi fa uscire dalle sconfitte come da un ristorante dove hai mangiato bene anche se il conto è stato un po’ troppo salato, per me che con la cultura ho avuto il solito problemino di Ciccio Graziani, quello cioè dello stop a seguire, e praticamente non ho mai fatto seguito, non l’ho mai arrestata in tempo e mi è sfilata in fallo laterale, solo un obbligo come la scuola dell’obbligo. Ma in una città come Firenze però dove la Fiorentina ci ha regalato una certa cultura di strada, io che dalla strada ho attinto e poi tinto il mio murales della vita mi sono fatto una certa cultura della sconfitta. Del resto i risultati possibili sono tre e se non riesci a tirare fuori l’asso dalla manica per raggiungere quello più gradito, basta tirare fuori l’assonanza. L’epiteto trasformarlo in peto, un “porca di qua” e un “porca di là” almeno in un “urca”, come Borja Valero in Porca Valero, o anche in un “orca” come del resto la povera orca che salviamo da qualsiasi grave imputazione perché con noi non diventerà mai assassina visto che la passione a Firenze non ce la facciamo certo uccidere.

lunedì 14 gennaio 2013

Ghostbusters

E’ ancora un’altra volta bella la Fiorentina di Udine, una squadra che ci rende orgogliosi anche dopo una sconfitta colorata di giallo, falsata nel suo magma da quello stesso arbitro che aveva fallito il primo tentativo fraudolento a Milano perché tradito dall’errore dal dischetto di Pato che non se l’era sentito di parare il sacco. Una bella partita anche se coincide con la seconda bella sconfitta consecutiva, e visto l’andamento di entrambe è roba da ufficio inchieste, se non fosse che il gol di mano laziale dimostra che l’ufficio in questione è rientrato tra i tagli della spending review. Mentre a Roma si sostiene con un manuale di anatomia alla mano, che uno non è che se le può tagliare così tanto facilmente le mani visto la crisi economica e la conseguente difficoltà ad avere la sacrosanta pensione d’invalidità. Un Udinese rintuzzata nella sua area e costretta all’unica soluzione praticabile, il lancio lungo a Di Natale, mai vista una superiorità così manifesta a Udine nemmeno nella vittoriosa partita di Tim Cup, come del resto non si era mai visto un pareggio così irregolare maturato tra un fuorigioco di massa e una bega condominiale sfociata in un rigore fantasma al culmine di un’assemblea con l’amministratore sopraffatto dagli interessi di portierato del giudice di porta che non vuole mollare la guardiola mentre i condomini lo vorrebbero mandare affanculo. Ghostbusters. E dopo un pareggio frutto di truffa si è subito formata la muffa sulla capacità realizzativa di una squadra che gioca un secondo tempo comunque di grande personalità fino a un passo dall’urlo in gola che invece diventa fuffa, capacità di fare gioco sfociata poi nel gol fantasma. Ghostbusters. La sensazione era quella di giocare con la consapevolezza di andare incontro alla vittoria, con l’ultima giocata spesso mancata di un soffio, con la partita che dava l’idea, insomma, che quel tocco vincente sarebbe potuto arrivare di lì a poco, e invece di lì a poco si è andati incontro a una sconfitta immeritata in un campo dove per la prima volta, e in fase sperimentale, è stata tolta la regola del fuorigioco, un tentativo di rendere il gioco meno tattico, che sfocia nella figura nuova del guardalinee presente ma allo stesso tempo fantasma. Ghostbusters. Guidolin si mette in luce per un battibecco con Montella dopo essersi lamentato per un calcio d’angolo malagrado tutto quello di cui era stato omaggiato, una faccia come il culo che sfocia in una simpatia fantasma. Ghostbusters. Uno stadio vuoto, la panchina corta, il servizio Rai del Novantesimo che occulta entrambi i gol in fuorigioco dell’Udinese, la mancata espulsione di Di Natale per un calcione rifilato ad Aquilani a gioco fermo in occasione del calcio di rigore, la valutazione della partita troppo condizionata dal risultato, atteggiamenti e situazioni negative che sfociano in una domenica fatta di gioia fantasma. Ghostbusters. Ci riportiamo a casa un problema portiere invece dei tre punti, con Neto che si butta nello stesso laghetto delle papere di Viviano, adesso dovranno entrambi superare il fantasma delle papere. Ghostbusters. Si è vero, mancanza di concretezza, Jovetic che non incide e Ljajic che svolazza leggero al largo dell’area di rigore, ma la squadra conferma anche personalità, grande presenza nella partita, gioco, ci rimane addosso la sgradevole sensazione che riassumo nella foto, quella di un campionato mosso dai fili della regia di un puparo, ma poi mi accorgo subito che è solo una caccia ai fantasmi. Ghostbusters. Il duemilatredici è iniziato male fondamentalmente per molta sfortuna e anche per qualche nostra responsabilità, in due settimane ci siamo persi un po’ di quelle belle sensazioni che ci avevano accompagnati per tutto il girone di andata, e quando meno ce lo aspettavamo puff! Sono diventate fantasmi, e in fretta e furia allora mi sono messo la tuta e ho cominciato subito la caccia. Ghostbusters.