Mentre
sul blog impazza ormai la moda di comporre la propria squadra dei
sogni, colgo l’occasione per fare il cambio dell’armadio e così tirare
fuori anche qualche scheletro tipo Rebonato, e poi rispondere alla
vostra occupazione preferita, che devo riconoscere è minuziosa e tiene
conto degli equilibri e quindi anche degli aspetti delle due diverse
fasi di gioco, aggiornando così anche quella che è invece la mia top-a
ten, ovvero la classifica della miglior didietrologia che si possa fare
nella fase Rem. E quella della foto di oggi sembra una fase a forma di
anfora senza manici, roba da maniaci della fase, e se mancano le anse
quelle che non mancano sono invece le ansie che mi assalgono al pensiero
di una fase che prevede la vista non accompagnata dai raddoppi del
tatto, e alla vigilia di una partita che a proposito di sogni fa agitare
il sonno di adrenalina e ormoni fino alle polluzioni che poi riempiono
l’anfora fino all’orlo. Se non siete troppo distratti dal romantico
ricordo di Ardiles non sarà ardito spostare un attimo l’attenzione sulla
partita di domani e magari sperare di dare un paio di pere anche al
Genoa dopo la Lazio, come anche ai più sensibili amanti della frutta a
fine pasto non mancherà di fare didietrologia proprio sull’anfora
contestandone la similitudine a favore di una più familiare pera, che vi
da lo spunto per andare oltre e parlare più propriamente da un punto di
vista tecnico della qualità superiore della nostra squadra che ci
lascia tranquilli e fiduciosi, come se parlassimo di qualità “coscia”
riferita appunto alla pera, perché saremmo assolutamente in tema con la
didietrologia, e ci permetterebbe nel poscia partita di toccare il cielo
con un dito mentre fuor di metafora e in piena fase Rem, il culo con
l’intera mano. Qualcuno eccepirà sul fatto che non si può sostenere che
un paio di mele abbiano la forma di una pera, e vi capisco perché avete
eccepito a pomeriggi interi tra chi fosse stato degno da essere inserito
nelle vostre liste di proscrizione, che non sono altro che il registro storico di chi
ha la prostata infiammata dalla passione di un calcio che fu, e che per
molti è proprio un calcio nella prostata, allora viro e prendo spunto
dalla maglia della signorina che è il momento più lirico della foto,
l’aspetto più fine che l’autore ha voluto dare all’immagine scegliendone non a caso una a coste fini, perché mi piacerebbe che a Genova si
rivedesse finalmente la squadra sotto la curva a lanciare le maglie, che
è un gesto che accompagna un risultato positivo a un immagine che
invece sta scomparendo, come se fosse diventato un momento troppo intimo
che il calcio non si può più permettere perché è sempre più lontano
dalla gente. E anche un augurio rivolto al Tocca perché gli possa
arrivare addosso la maglia di Roncaglia nello stesso preciso momento che
la mia serata tocca invece con mano tutto quella formosa didietrologia
della vittoria. Spero che l’immagine di oggi non abbia offuscato troppo
quella di Ardiles, non era mia intenzione distogliervi dalla fisicità di
giocatori così epici, so che preferite il rotolare della palla al
rantolare sopra alla pelle così volgarmente depilata e liscia, so che di
liscio preferireste il rinvio di Sampirisi con Jovetic pronto a
ribadire in rete. Capisco che una donna così spoglia, senza il boato di
una rete e senza neanche la miseria di una calza a rete non possa aspirare ad entrare
in una vostra classifica dei sogni, vorrei comunque farvi presente che
nella scelta ho accuratamente tenuto conto che le braccia fossero
attaccate al corpo per evitare il solito fallo di mano, che
nell’occasione però potrebbe spingervi a fare almeno un bagno di umiltà,
se non turco, o semplicemente un momento di riflessione da spendere nel
bagno di casa vostra per ritrovarvi alla fine magari proprio con il
fallo in mano.
.
mercoledì 31 ottobre 2012
martedì 30 ottobre 2012
Tecnologia nel campo visivo
Nel
calcio ci sono tante idee d’azzardo che alla fine formano una grande
bisca d’idee, certe strisciano come una biscia, altre sono frutto di una
tresca, di una matrioska che serve a nascondere gli scandali dentro a
se stessi, ma dalla bisca si staglia, illuminato, il suo esponente più
innovativo che è sempre stato Biscardi, il più longevo sostenitore della
tecnologia in campo, un autentico Rommel nel deserto della moralità ma
non del tartaro, come invece aveva scritto erroneamente Dino Buzzati,
perché nel calcio si è contraddistinto sempre e solo chi ha masticato le
regole della connivenza e della sudditanza, magari davanti a un fritto
di paranza. Biscardi, un’autentica volpe che già ai tempi di Tonino
Carino, Bubba, Necco, Ferruccio Gard e Cesare Castellotti era un
precursore a tutto tondo, e quindi non solo della moviola, ma anche
dell’uso del congiuntivo con il primo algoritmo del rapper, il più
colorito uso della lingua italiana e dei capelli, il cui tono caldo
della carota è stato poi ripreso dal Mulino Bianco per dare alle Camille
l’aria sana dell’ortaggio più comune, un uso sgangherato del
congiuntivo quindi, che avrebbe visto poi la sua età dell’oro con
l’avvento sulla scena di Corvino. Mentre Della Valle dovrebbe prendere
esempio proprio da quella grande schiera d’inviati del Novantesimo
Minuto, perché mentre lui non è riuscito a realizzare ne Cittadelle e ne
parchi a tema vari, Ferruccio Gard realizzava Gardaland e tra i
giocatori Pietro Fanna, l’Aquafan. E in una giornata infernale come
quella di domenica, dove le malefatte degli arbitri fanno di Biscardi
addirittura il nuovo che avanza, il vero rottamatore della
discrezionalità nel calcio, da disinnescare con l’occhio tecnologico che
non è quello di Marotta, appare Moggi come un’ulcera duodenale, che a
proposito di tecnologia propone con fare mafioso a Della Valle l’arte
della conservazione delle intercettazioni, tirate fuori dalla pece della
sua reputazione e conservate alla scapece, lui che è il vero Scarfece
del calcio, che a differenza di Al Pacino non è imbiancato dalla cocaina
ma dalla farina del suo sacco, che ha usato per la frittura delle
griglie arbitrali al posto delle triglie. E non è un caso che Lukcy
Luciano esca fuori proprio il giorno che si riparla di tecnologia,
argomento che viene usato come un defibrillatore dalla famiglia Biscardi
per ridare ad Aldo una scossa prima di rimetterlo nella formalina, o
come si dice in suo onore, nella formaldaide, perché Moggi, oggi, non
vorrebbe più essere costretto a chiudere manualmente gli arbitri nello
spogliatoio, ma farlo almeno con un telecomando se non inviando un sms
che agisca sull’elettroserratura, così come fa Conte da vero innamorato
del calcio che non usa il Ponte dei Sospiri sempre troppo congestionato,
ma usa invece il ponte radio per dare indicazioni alla squadra e
scansare così le code e aggirare le sentenze. Tecnologia che mortifica
anche il povero Marotta, che ha la vista disassata, anche se bisogna
dire che per quello che ha combinato alla Fiorentina nell’affare
Berbatov, con le successive e reiterate fesserie per giustificarsi,
meriterebbe una sassata nel capo, ma noi siamo la società del fair play e
alla lapidazione preferiamo sempre la depilazione, vedi Borja Valero,
Migliaccio e Olivera, perché Biscardi in preda a un rigurgito di
formalina e incurante degli inviati di Striscia sempre a caccia di
ciarlatani, si è fatto passare per un luminare in grado di correggere il
difetto di Marotta che ha un occhio che rotea normalmente mentre
l’altro è fisso sulla linea del fuorigioco di Catania e praticamente
sempre al di là o al di qua di dove dovrebbe guardare, insomma, alla
fine il piacere che ci ha fatto lui nella vicenda Berbatov evitandoci delle
brutte figure, gliel’ha fatto Biscardi impiantandogli un sistema di
lettura targhe, nella foto alcuni momenti della messa a punto, in modo da
evitargli la brutta figura di scambiare la luce di un top player, per
quella degli stop di una Crysler.
lunedì 29 ottobre 2012
"Rosso" al campionato
Sotto
a un paesaggio quasi padano, piovoso ma obbligatorio passaggio tra le
grandi, diciamo quasi, e padano come il grana, torna finalmente la
Fiorentina dal sapore più blaugrana, mentre scoppia fragorosa la grana
degli arbitri, e lì sono bombe come quella dell’Eta, perché questa
sembra proprio roba da Paesi Braschi. E sono cazzi nostri. Di un calcio
italiano sempre meno credibile e bello, da “rosso” insomma, con partite
squallide e stadi vuoti, con la Fiorentina che per essere eccezione
importa idee tattiche che non ci appartengono e che per questo ci
consentono di esprimere un gioco che si distingue nettamente in mezzo
alle macerie di un campionato che sembra giocato all’interno di un
vecchio cortile di periferia, dove l’emozioni più grandi sono i campioni
che se ne vanno, e come fattore tecnico più rilevante ci sono le
svirgolate arbitrali che rompono i vetri della credibilità, poi una volta
messa fuori la testa dal cortile Italia prende scoppole e calci in culo
da chicchessia. E la Fiorentina che passa davanti alla guardiania di
Nicchi è oro colato, il suo primo tempo è forse la miglior espressione
del Montella pensiero, che nel secondo invece arretra troppo proprio
come a Parma, che dimostra comunque di aver già fatto un miracolo a
trovare questa dimensione in così poco tempo, ma non ancora sufficiente
per essere considerata una grande, e per questo ho usato quel “quasi”
iniziale. Mentre per il portierato arbitrale che sfigura il campionato
non esiste quasi, sono proprio delle teste di cazzo. E’ incredibile come
la Fiorentina sia riuscita a registrare una difesa così nuova e sempre
diversa perché continuamente azzoppata da quella che è diventata una
vera piaga, la classe arbitrale, che ha fatto come le assicurazioni, o
come la criminalità colombiana, anche se da omini come si stanno
dimostrando non sono riusciti a fare cartello ma cartellino, comunque in
tutta questa macelleria sociale la Fiorentina dimostra di non buttare
mai via il pallone grazie alla perfetta scelta di giocatori tecnici e
compatibili al suo nuovo modo di fare calcio, e pensare che lo scorso anno
la fase difensiva veniva interpretata da Gamberini e Natali, in una squadra
che sembra intollerante solo al calcio di rigore, che per essere così
spudoratamente tecnica è un’autentica bestemmia. E adesso dopo aver giocato con
tutte le migliori possiamo stilare un primo bilancio positivo della
stagione, che ci lascia ragionevolmente pensare di poter dare uno
strappo alla classifica nell’immediato, visto che adesso potremo mettere
a frutto la superiorità nei confronti delle prossime avversarie. Fermo
restando che ad oggi non abbiamo sfigurato mai con nessuno, e direi
senza passare troppo da talebano Viola che ci mancano almeno i due punti
di Parma. La cosa più incredibile di questa squadra sono i margini di
miglioramento, e se si pensa che a questa percentuale va aggiunto
l’innesto di Aquilani che è il giocatore migliore della rosa, potremo
toglierci davvero delle grandi soddisfazioni, cercando già da giovedì di
recuperare anche il miglior Jovetic che è andato via via spegnendosi. E
a proposito di salto di qualità, se l’asticella è quella che ha
posizionato Montolivo, allora i dieci minuti di Aquilani, anche se
facilitati dalle condizioni favorevoli della partita, aprono davvero il
cuore, mentre fanno capire allo stesso tempo come mai il Milan sia
caduto così in basso. E solo il pensiero al gioco melenso di Montolivo a
deturpare quello di questa squadra fa venire le bolle, Riccardo che a
proposito di giornata piovosa si è dimostrato il più fantozziano dei
giocatori in attività, seguito com’è dalla nuvola della smobilitazione
fino a Milano, dove anche Pontello nel frattempo ha preso la residenza cercando di confortarlo. E mentre Abate, Acerbi, Yepes e De Sciglio, a turno gli
tengono l’asticella dell'ambizione, quei dieci minuti di Aquilani ci fanno benedire la
smobilitazione dei Della Valle e apprezzare la politica della Branchini band che punta
molto al parametro zero, risparmio e qualità che hanno portato alla
corte di Berlusconi un carciofo a chilometri zero.
domenica 28 ottobre 2012
Gioco bassotto con palla a terrier
Dovremo
essere più cinici, per non dire cinofili. Perché per battere la Lazio
non basterà essere solo belli da concorso, bisognerà essere soprattutto
figli di un cane, e Montella con Ljajic sembra proprio aver scelto
questa strada, quella della manovra, dello scambio veloce, un percorso a
ritroso sui propri passi con il ritorno alla palla a terra, al
giropalla rapido, sciolto, spigliato, disinvolto. Si insomma, un
classico percorso di agility dog, per una partita che richiede una
buona armonia tra il Mister che conduce e la squadra che deve
assecondare gli schemi, quella che si definisce un’ intesa perfetta. Per
non incorrere negli incidenti di percorso come quelli che si è trovato
ad affrontare il Milan con Montolivo, una razza la sua che è un incrocio
tra un campione e il sapore tutto campano di un uomo mozzarella, che ha
dato vita a un cane da ferma, che non è ne un mastino e ne tantomeno un
campione, piuttosto un lampione napoletano, una sorta di palo fioco che
illumina il gioco fino a un metro di distanza, che tende a schiantarsi
sull’asticelle, e che dopo Firenze sta contribuendo a svuotare anche il
Meazza. Attenzione però al pastore tedesco Klose che spesso ci ha
azzannati e che poteva trovare difficoltà contro il dogo argentino
Roncaglia se non ci fosse stato Guida, un cane che nasce come guida per
ciechi ma che alla fine è risultato il più cieco di tutti. E per
superare gli ostacoli di una partita tosta, difficile, punterei sulla
razza più geometrica che abbiamo, la più capace nello slalom, quel
Cuadrado che può creare la superiorità numerica, scambiare con i segugi
serbi e montenegrini, oppure dare lui stesso finalmente una zampata
vincente. Lieviterà il gioco a terra senza il levriero là davanti,
permettendo così a Pasqual di non sbagliare più tutti quei cross,
semplicemente perché non serviranno. Nessuno si dovrà rifiutare e
fermarsi davanti all’ostacolo Lazio, mai mollare l’osso, mordere le
caviglie di Hernanes e sfiancarli a rincorrere come cani da slitta, e
vincere potrà dipendere molto dalla capacità di Adem di essere
fiinalmente cattivo sotto porta come un Doberman, e da Jovetic di non
mangiarsi un altro rigore concesso dalla mano di uno sconosciuto, e poi
capace di dividere la pappa anche con gli altri senza necessariamente
provare a sbranare il pallone da tutte le posizioni. Sarà anche una
grande occasione per Mati per dimostrare di avere quel fiuto del gol
prezioso come un tartufo, perché per vincerla alla fine qualcuno dovrà pure buttarla dentro, si è fatto un gran parlare delle doti degli
uomini di Montella, delle loro qualità tecniche, delle proprietà
associate ai fondamentali di assoluto livello, tutti indizi che non
dovrebbero escludere la capacità di nascondere il pallone agli avversari
e quindi di sotterrarlo anche al di là della linea di porta. Ma a
prescindere dalle condivisibili intenzioni di Montella di tornare alla
Fiorentina spagnoleggiante delle prime giornate, quando Toni era ancora
alla ricerca di una toilettatura decente, e quando il gioco non era
quello elementare di lanciare i palloni per aria in modo da essere
riportati ai piedi del padrone per poi rilanciarli di nuovo, e da lì non
si usciva mai, perché la partita di oggi va vinta anche giocando male,
oggi va bene anche un gol randagio, anche brutto e mi viene in mente
Conte che è un cane da riporto, cioè brutto con il riporto ma capace di
riportare a casa anche il risultato però, perché vincere anche rubando
servirebbe alla classifica e anche a cancellare quell’alone di squadra
che si guarda troppo allo specchio e poi rimane in mutande, proprio come
con un bel paio di boxer. Bisogna vincere e basta, e se per farlo
occorrerà una rapina, sarà una decisione illuminata come il film di
Lumet, “Quel pomeriggio di un giorno da cani”, appunto.
sabato 27 ottobre 2012
Trine e trame
E’
arrivato il momento di capire che cosa c’è veramente sotto il vestito
della Joma, capire se la squadra è veramente “bona”, è ora di scoprire
quel popò di progetto e vararlo come una nave, fare della Lazio una nave
scuola per uscire dall’adolescenza, tastando con mano per verificare
cosa c’è dietro a quell’idea di calcio pensata in una calda estate di
rivoluzione sessuale perniciosa. Per farla diventare la nostra droga,
efficace come Drogba, un Didier che per noi potrebbe avere l’aspetto
sano di quel magnifico didietro. Ancora non troppo svelata, è sembrata
una squadra che però lascia intuire forme generose e rotonde come il
gusto di un buon distillato, whisky and soda, insomma, perché la forma
che ci ha fatto girare la testa sembra proprio quella bella soda di una
squadra in forma, frizzante, di fondamentali eleganti, di trine e di
trame, di manovra ricamata col pizzo ad accarezzare un gran bel mazzo,
che è quello che prima o poi dovremo fare ad una cosiddetta grande,
perché ancora non si è svelata del tutto, e pensiamo che possa
finalmente spogliarsi domani. E apparirci una squadra carnosa come
un’orchidea, un’idea di squadra che faccia venire alla Lazio l’orchite, a
noi solo venire, mentre ai tifosi biancocelesti la lotite, un monte di
discorsi ma neanche un punto. Vediamo se la Fiorentina sarà davvero quel
gran bel pezzo di squadra, finalmente convincente e allo stesso tempo
vincente al cospetto di chi ormai ha preso confidenza con l’alta
classifica. E per dire di poter essere tornata a far sognare i propri
tifosi, una squadra deve per forza dimostrare di essere bella tornita,
capace di riempire lo stadio e gli occhi, ma anche allontanando la
pantomima di un calcio che interrogato sul bel gioco faccia scena muta. E
così provo in anteprima a svelare le sue forme, che poi sono quelle che
dovrebbe prendere la partita una volta rifatti gli occhi, dopo aver
verificato che in quelle forme ci si potrebbe posteggiare una
bicicletta, magari quella di El Hamdaoui dopo che l’ultima pedalata del
genere toccò ad Osvaldo per tagliare il traguardo della qualificazione
Champion. Sembra che Montella non voglia sfigurare tutto quel ben di Dio
di manovra con protesi al silitoni là davanti, e al posto del
pennenciola dovrebbe tornare Liala Ljajic per un romanzo rosa dal finale
che ci piace, e se avrà avuto ragione il Mister, allora sarà arrivata
l’ora di brindare rigirandola dall’altra parte, per vedere se ci sono
tutte le cosine al suo posto, se le distanze tra i reparti saranno state
rispettate, e se evitando l’uso del lancio lungo come le cosce di
Giovannona si sarà ricamato davvero un calcio più sinuoso e dall’aria
più sexy. Ma se tutto questo non accadrà allora sarà arrivato il momento
di pensare a un piano B più che a un lato B.
venerdì 26 ottobre 2012
Anda e rianda
Oggi
ho dovuto riempire la vasca per raffreddare un po’ i vostri bollenti
spiriti, presi come siete da una sorta di eccitazione infettiva che ha
contagiato anche il povero Bucchioni, che come potrete vedere sembra più
interessato al culo della signorina che a un’arabona di Mati Fernandez,
e allora è proprio vero che tira di più un pelo di Fac che un carro di
vincitori. E Bucchioni è molto più fortunato dei colleghi di Genova,
perché lui almeno gli occhi li sgrana per verificare meglio il
baricentro della Miss e accorciare in pressing, mentre alla
presentazione di Gigi Delneri gli occhi sono stati sgranati dopo non
aver capito una sega di quanto veniva farfugliato dal redivivo
Superciuk, come del resto succedeva da noi quando c’era Corvino. E’ bene quindi
tornare a mettere la testa sulla partita, perché altrimenti alla fine il
culo ce lo faranno a noi, intanto Montella sembra aver escluso
l’utilizzo dal primo minuto di Aquilani e si dovrebbe andare verso un
centrocampo con Olivera, Valero e Fernandez, davanti il solito
ballottaggio con ancora Toni in vantaggio dopo gli exit poll del
giovedì, dietro, Savic per il rimpasto della difesa orfana di Roncaglia.
Ancora grande attesa per una partita trampolino o trappola, che ci vede
di fronte a una squadra dal rendimento robusto, affidabile, mentre noi
siamo ancora alla ricerca di un identità precisa, combattuti tra
l’egoismo di un possesso palla troppo sterile, e quel dar aria ai
lancioni per fare di Toni il nostro organo riproduttivo, da una parte
quindi parecchi preliminari e poco trombare e dall’altra forse un
eiaculazione troppo precoce, in mezzo le squalifiche ma anche il ritorno
di Aquilani e il fattore campo. Gli ingredienti ci sono tutti per
misurare ancora le qualità, le ambizioni e il carattere di una squadra
nuova ma che sembra essere stata disegnata bene, molto motivata e
secondo me anche capace di ritagliarsi una dimensione che possa essere
qualcosa di più di quella di una semplice squadra rivelazione. Certo è
che i centrocampisti devono dare un apporto superiore in fase
realizzativa, che le palle inattive vanno sfruttate meglio nella
direzione di un calcio moderno che ormai lo ritiene requisito
indispensabile per risolvere le partite, e che Jovetic bene come media
gol prenda atto però che non è Carmelo Bene, e abbandoni il monologo per
dividere la scena con il resto della compagnia. Siamo a venerdì e
quello che vi chiedo è solo di mettere la testa sulla partita, anche per
rispetto di Antoine, che sgranerà gli occhi come Bucchioni nel vedervi
sbavare per signorine discinte invece che per giocatori prestanti come
De Sciglio, qua bisogna parlare di calcio e dei protagonisti che lo
interpretano proprio con la loro fisicità, e quindi bisogna interessarsi
di uomini per di più in mutande, e non di poster squallidi da attaccare
nella cabina del proprio camion, vorrei sdoganare lo stereotipo di un
ambiente calcio avvolto da gretto maschilismo, e non solo per
accattivarmi le simpatie dei metrosexual, che non è come pensate voi un
disperato tentativo marketing tutto sanfredianino per non perdere utenti
e anzi guadagnarne molti altri, ma è soprattutto un modo per dare al
blog una modernità più trasversale, un attualità che ne faccia un
contenitore più evoluto, e non un Drive In scollacciato con io che
sembro Greggio a fare battute datate, dove insomma la cultura non sia
solo quella della mercificazione dell’immagine femminile ma anche di
quella maschile. L’idea è quella di alternare la Bice con Cecchi Paone e
le foto dei culi non solo limitate a quelle femminili, perché il grande
vantaggio dell’espressione fisica dell’uomo è che a differenza di un
culo femminile è molto meno connotata di retaggi sessuali, e l’esempio è
proprio nella foto di Bucchioni che inaugura così la nuova rubrica, una
faccia la sua che non è solo faccia, insomma, ma anche culo.
giovedì 25 ottobre 2012
Malizia
Ha
ragione Lotito a temere un condizionamento arbitrale dopo le
rimostranze di Pradè, e ha ragione perché conosce molto bene la politica
del calcio, lui che a Roma è presidente di una della “società dei
magnaccioni”, infatti è sempre lui che di fronte ai debiti cantava
“c’hai messo l’acqua e nun te pagamo “, annacquando l’Irpef in 21 anni. E
poi mal si sposa il fair play con le proteste così terra terra, la
Fornero direbbe che siamo troppo “choosy” perché non si può fare così
tanto gli schizzinosi per du’ cartellini gialli e allo stesso tempo
mettere sulla maglia “Save the Children”. Ora se si vuole spaccare il
capello e la faccia in quattro a Guida per una trattenuta di maglia,
quando Lotito ha invece 21 anni di trattenute Irpef arretrate, si capirà
bene perché il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali si rivolge
ai tanti giovani come Ljajic, poveri viziati che spalmano la Nutella
sul pane invece di fare appunto come Lotito che si adatta ad ogni tipo
di rateizazzione, e mentre gli interessi dei comuni mortali volano con
Equitalia lievito madre, Lotito si limita a far volare sull’Olimpico
l’aquila biancoceleste. La foto di copertina mostra la malizia con la
quale il tifoso Viola interpreta le decisioni arbitrali che viste con
gli occhi di chi guarda dentro a quello scollo risulteranno sempre delle
decisioni a pera, sviste e riviste, torti arbitrali ma anche occhi
storti a forza di guardarle, tanto e comunque prima o poi gli errori si
compensano, e se a quei seni manca solo la parola ai tifosi Viola manca
un cazzone come Rosetti a proprio favore che non si è mai paventato,
altro che compensazione, mentre il Presidente della Lazio si ricorderà
bene la mano di Zauri, che alla fine è la spiegazione più semplice di
come mai la Fiorentina negli ultimi cinquantanni abbia messo in bacheca
Zauri tituli. Riconosciamo alla Fornero il nostro essere troppo choosy, e
le chiediamo però se è possibile allungarci quella delega alle Pari
Opportunità, in modo che tutti abbiano le stesse per avere un calcio di
rigore a progetto, oppure un call center come Conte con il quale poter
svolgere la propria professione anche durante una squalifica, tutti a
suo servizio e rigorosamente a settecento euro il mese tanto per non
passare troppo da choosy.. E’ anche vero che la squadra va tenuta
lontano dagli alibi, e Montella questo lo sa bene e non parla di episodi
a sfavore, ma si concentra sulle primarie per capire chi tra Toni e El
Hamdoui scenderanno in camper domenica, e chi di aquila ferisce di
Aquilani perisce ci viene da augurare a Lotito, mentre a chi ci fa le
paternali suggerendoci che gli arbitri vanno aiutati, che vanno messi in
condizione di sbagliare il meno possibile, rispondiamo che sono anni
che lo prendiamo nel culo senza mai protestare, e l’ultima volta che
l’abbiamo fatto ci siamo ritrovati nelle aule improvvisate della
giustizia sportiva, e giudicati mentre c’era chi inzuppava la brioche
nel cappuccino prima di sottrarci una caterva di punti tutti insieme,
senza neanche spalmarceli in una quarantina d’anni. Ma il fair play è il
fair play e non si può rinnegarlo solo perché ci è capitato qualche
episodio sfavorevole, gli arbitri vanno aiutati e noi lo faremo come
sempre, anzi visto come il blog è prodigo di iniziative, la seconda foto
mostra proprio lo strumento principe, a dimostrazione di come a Firenze
siano tutti ben disposti ad aiutare chi svolge una professione
difficile come quella dell’arbitro, squadra e tifosi accettano di buon
grado gli errori perché coscienti che vengono commessi in buona fede,
anzi la foto mostra proprio come i tifosi siano addirittura disposti a dare una
mano all’arbitro. Con tutta la forza.
mercoledì 24 ottobre 2012
Ho solo la Fiorentina in testa
Ho
solo la Fiorentina in testa, e soffro, dopo l’arbitraggio di Verona
sono pervaso da cattivi pensieri, mi alzo nel cuore della notte, vado in
bagno e piscio fuori dal vaso, poi mi rigiro dentro al letto come a
voler rosolare quelle ingiustizie per farle diventare spiedini da
offrire a Lotito, un vero maestro della spennellata finale, anche se la
sua scuola di pensiero non prevede l’olio d’oliva ma lo spalmadebiti su
tutta la superfice, per anni. Ho solo la Fiorentina in testa, mi sveglio
con gli occhi sbarrati pensando alle squalifiche di Roncaglia e
Pizarro, e allora scatarro, mentre mi tremano le mani al bollettino
medico sulle condizioni di Aquilani, l’unico pensiero leggero oltre il
Viola, è quando in compagnia del budino di riso rifletto sull’asticella
di Montolivo abbassata sull’ingresso del ritiro punitivo, Faac come la
marcatura di Faacundo che chiude tutti gli spazi. Ma è solo un attimo,
perché poi il mio pensiero torna subito alla Fiorentina, a quando
potremo finalmente vedere la terza maglia oppure il terzo scudetto, e
penso al CCVC che vive il disagio della coppia di fatto, schiacciato
sotto il peso del sospetto che quella Della Valle-Renzi possa alla fine
risultare fatale, teme e allora scrive lettere augurandosene una molto
meno ingombrante e già si fa il nome di quella Della Rocca-Te-Renzi.
Perché ho solo la Fiorentina in testa anche se la Rita ha qualche
sospetto che non sia così, ma non è vero, anche ieri la rassicuravo che
il mio unico pensiero in questo momento è quello di capire come mai
quella manovra bella dal sapore di paella si è andata via via mutando,
desertificando il giropalla a favore di un lancione dal retrogusto un
po’ rancido. Ho solo la Fiorentina in testa anche quando vado alla
lavenderia a gettone sotto casa per lavare il piumone, penso sempre e
solo a quella passione che ho in seno, ed è soprattutto mentre aspetto
che asciughi, che m’incanto su quel seno, quando cioè ci sono i tempi
morti, è in quel momento che mi vengono i cattivi pensieri, alcune volte
anche biondi, ma essendo cattivi si mescolano per non darmi punti di
riferimento e a volte sono mori, poi mi scuoto e ripenso alle difficoltà
della partita contro la Lazio, dove però potremo vincere e farli
sparire quei brutti pensieri, si insomma, diciamo più nudi che brutti. E
non sono fessa lo dice anche la Rita quando mi giro a guardare le
ancheggianti presenze che animano la lavanderia sotto casa, quindi non
solo Pradé sospetta ed esige rispetto, perché come la Fiorentina si è
fatta sentire rivendicando lo stesso trattamento nella gestione dei
cartellini, alla Rita non è piaciuto il trattamento che ho fatto al
piumone, secondo lei sono troppo distratto quando vado in quella
lavanderia sotto casa e sbaglio il programma, perché lei dice che è
frequentata da persone che non la convincono. A lei però, a me
convincono molto le persone di quella lavanderia sotto casa, perché sono
pulite dentro, persone che oltretutto hanno la sana abitudine di lavare i
vestiti che indossano senza portarsi dietro il ricambio, ed è mentre
aspettano di rimettersi i vestiti lavati che mi vengono i cattivi
pensieri sugli arbitraggi. Devo confessare che molto spesso mi apposto
fuori dalla lavanderia, e quando invece le incontro al bar lì accanto
alla lavanderia sotto casa faccio finta di inciampare e gli verso il
caffè addosso, riempendole poi di gettoni. Ho solo la Fiorentina in
testa, l’ho detto alla Rita con forza dopo aver preferito mangiare un
panino in lavanderia invece di salire su a cena, l’ho supplicata
strappandole tutta la biancheria sporca di mano, cercando di farla
crescere, per renderla meno provinciale e abbandonare usi e costumi
popolari che vogliono che i panni sporchi si lavino in famiglia. Mi ha
visto turbato ultimamente, gli ho detto che la colpa è della classe
arbitrale, non ci crede, gli ho detto che il comportamento di Montolivo
mi ha ferito, cazzate, che El Hamdaoui non sembra uscito da un digiuno
ma dal dietista di Vargas, sei un buffone mi risponde, dura, non
credendo affatto che ho solo la Fiorentina in testa, sei troppo svagato
oltre che a essere la solita fava. Mi è toccato rassicurarla
promettendole di andare a fare una visita specialistica dal marito di
una sua amica che è bravo a curare gli esaurimenti nervosi. Tutto bene
fino a quando non sono tornato a casa carico di gettoni e l’ho trovata
alla finestra a guardare la tac del mio cervello, come se la volesse
vedere meglio con la luce diretta, tutto bene prima di avermi posto la
domanda che aveva tutto il tono perentorio dell’ultimatum, alla quale ho
risposto senza nessuna incertezza “ho solo la Fiorentina in testa”. Poi
non ricordo più niente.
martedì 23 ottobre 2012
Tecnologia in campo sentimentale
Hai
voglia a dire “arbitro cornuto”, frase inefficace come l’apporto alla
manovra di Montolivo che per ora ha fruttato un ritiro punitivo, e
diventata ormai puro folclore, come la Taranta nel Salento, un modo di
apostrofare che ha perso tutto il suo potere offensivo, al quale rimane
attaccato solo un po’ di quel “colore” che guardandolo oggi ritroviamo
ancora nelle corna di Gassman durante il “Sorpasso”, oppure come la
“sgozzata” o la “spunzonata” che i nostri figli non tirano più. Bisogna
evolvere anche le proteste, lottare in maniera più efficace contro chi
dopo aver costituito una cupola ha pensato di prendere di mira il
Cupolone, e non è sufficiente ingaggiare un criminologo declinato
proprio dal Brunelleschi come potrebbe essere Francesco Bruno, perché
uno è chiaro autore dell’opera architettonica e l’altro è invece più
Bruno appunto. La categoria arbitrale si è fatta furba e se ne frega
degli epiteti sfocati, di offese alle mamme che si riconoscono
orgogliose della loro professione, che viene urlata dietro ai figli come
fosse un’offesa invece del mestiere più antico del mondo, e per
combatterla bisogna fare come hanno fatto i reparti d’investigazione
scentifica tipo i Ris di Parma, che oggi adottano strumenti che
permettono l’acquisizione di prove della presenza dell’indagato sulla
scena del crimine, quello che un tempo non era possibile ricavare se non
con la flagranza di reato o attraverso testimonianze oculari. Questo la
categoria arbitrale lo sa bene, e infatti non vuole la tecnologia in
campo, perché sarebbe come concedere al sistema calcio la prova del DNA
di un rigore o di un fuorigioco, togliendo la mitica discrezionalità che
fa tanto carriera. Il loro grande merito poi non è stato quello di
lasciare la tecnologia fuori dalle loro decisioni concordate a tavolino,
ma sono stati così bravi da innescare addirittura un circolo vizioso
che invece di ridurne i poteri ne aumenta proporzionalmente proprio la
percentuale di discrezionalità, che è un autentico obrobrio dei nostri
tempi, perché da tre sono passati a quattro e poi a sei, aumentando così
solo la percentuale dei cornuti in campo invece di diminuire gli
errori, fino a quello che sarà il grande disegno finale intercettato
attraverso una di quelle famose tessere telefoniche svizzere, dove si è
svelato il perché gli stadi oggi si svuotano, lo ha spiegato molto bene
Moggi a Bergamo, gli stadi vengono svuotati a lotti di decisioni
appaltate proprio dalla categoria per impossessarsi del calcio, e
attraverso l’uso di strumenti come tornelli, tessere del tifoso, zone di
prefiltraggio e televisioni, tutto alla fine per riempirli di arbitri,
passando così dagli attuali sei fino a una media di trentamila a
partita, e con gli stadi nuovi si consentirà alle famiglie degli arbitri
di trascorrere le domeniche in ambienti più confortevoli, fino a quando
l’evoluzione della specie porterà l’uomo a perdere la lingua come le
foglie d’autunno, e non ci saranno più proteste per gli episodi dubbi, e
in ultimo l’uomo potrà esprimersi usando solo il fischietto. Ma il blog
lancia oggi la sua grande iniziativa per bloccare i furbini della
discrezionalità assistita, per colpirli là dove oggi invece si sentono
più forti, perché attaccati con armi spuntate o avvelenate solo da
folclore o da azioni tragicomiche come il Fantozzi di Luciano Salce, che
non fanno male neanche a una mosca, che tra l’altro è animale
connivente con la categoria di merde sulla quale come sappiamo ci si
posa molto volentieri, ma chi di mancata tecnologia ferisce, di
applicata tecnologia perisce, perché il blog ha chiuso un importante
partnership con Google Maps, in modo che nessuno si possa più sentire
protetto da frasi da avanspettacolo come appunto l’ormai patetico
“arbitro cornuto” diverso invece se all’arbitro viene mostrato alla Domenica Sportiva la prova dell’attività ludica della moglie mentre lui è
ad arbitrare Chievo-Fiorentina, con Baconi che illustra attraverso le
frecce come il piacere della consorte sia frutto di una manovra curva
con marcatura a uomo che non sia il suo. La foto di copertina è il primo
esempio della collaborazione satellitare che ci permette di applicare
oggi per la prima volta quella tecnologia che gli arbitri non vogliono
in campo, almeno nel loro campo sentimentale.
lunedì 22 ottobre 2012
Guida pericolosa
L’ennesimo
Giuda Guida sapientemente la Fiorentina ai bordi della zona europea che
conta, e gode, perché porta a termine una conduzione che ormai si è
rivelata concordata, chiara, che ricalca un andamento della gestione dei
cartellini e dei calci di rigore, in flagranza di malafede, una società
dei magnaccioni quella arbitrale, che sanziona la Fiorentina in maniera
fiscale, che siano rigori, ammonizioni, espulsioni, falli di mano,
mentre quando subisce lo stesso tipo di episodi, la precisione fiscale
diventa evasione totale, giudizi con sede legale alle Cayman, giochi di
scatole cinesi utilizzate per nascondere la moralità, insomma, un trend
ormai consolidato dall’inizio di un campionato falsato. Poi la squadra
ci mette del suo, ma se Montella rimane a parlare con l’arbitro e poi
dichiara che non c’è stata collaborazione, Pizzarro che di partite ne ha
viste fa dichiarazioni gravi, e Pradè per la prima volta racconta
quella che è diventata ormai una chiara insofferenza per la classe
arbitrale, perché per chi mastica calcio è palese che anche
l’arbitraggio di ieri abbia guidato la partita lontano dalla buona fede,
allora vuol dire che la misura è proprio colma. E che ci sia una regia
lo dimostra il fatto che la Fiorentina viene affossata non solo con le
grandi, ma sistematicamente, a Parma, come in casa con il Bologna oppure
a Chievo. La squadra poi, pur forse nella sua versione più opaca, come
imballata dalla sosta e dalle Nazionali che richiamano al fronte i
riservisti, succhiandogli al lavoro di Montella che se li ritrova poi
frastornati da jet lag vari e check-in, avrebbe probabilmente vinto, e
comunque anche in questa sua versione più imprecisa e meno manovrata,
comunque capace di procurarsi più palle gol che nelle altre versioni
esterne dove aveva convinto di più. E’ difficile fare un’analisi tecnica
quando è chiaro che gli episodi avrebbero cambiato la partita, e se
questa squadra avesse quattro punti in più, che sono quelli che gli sono
stati sottratti di concerto, oggi saremmo qua a spellarci le mani pur
essendo consapevoli che siamo in costruzione, che è una squadra nuova e
ancora irrisolta, che nello specifico di ieri Montella ha fatto tre
cambi che hanno avuto un impatto sulla partita uguale e contrario a
quello di Viviano sul terreno di gioco in occasione del gol del Chievo.
La squadra nel suo complesso, escluso Cuadrado, è sembrata sotto il suo
standard anche se tutti i numeri della partita sono a suo favore, e
nella quale spicca la quantità di cross sbagliati da Pasqual che sono
quelli che solitamente un giocatore di serie A sbaglia nell’arco
dell’intera stagione. Sarà interessante vedere adesso come Montella
cambierà la squadra contro la Lazio dopo la liposuzione dell’arbitro
alla sua formazione, forse Mati, Aquilani forse un azzardo, comunque le
alternative ci sono, anche dietro per sostituire Roncaglia. Braschi
invece dovrà tirare le orecchie a Guida che in sala operatoria si è
dimenticato un cartellino giallo nella pancia di Jovetic, che lo avrebbe
così tolto dalla strada della Lazio come ha fatto con gli altri, chiaro
esempio di malaarbitrarietà. Servisse almeno a caricare il gruppo con
la rabbia necessaria ad affrontare una partita per certi versi
complicata ma per altri invece ghiotta occasione per accreditarsi al
desk delle migliori della stagione. Comunque la partita di ieri è
l’esatto specchio dei tempi che cambiano, di quando un tempo il culo era
quello della Guida e tutti i salmi finivano in Gloria e in gabinetto,
mentre oggi il culo ce l’ha fatto un altro tipo di Guida che nel cesso
ci butta il regolamento e che per ironia della sorte, visto il suo
rapporto così bipolare con quel cartellino giallo dai riflessi d’oro, a
Pompei dove è nato, per prenderlo per il culo lo chiamano Johnny dai
cartellini Dorelli.
domenica 21 ottobre 2012
Ponti
In
anticipo sui fatti mi gioco subito un bel Ponte alle Grazie di cuore
per quello che sarà il Ponte alla Vittoria là a Verona in un pomeriggio
tinto di Viola, ci credo, e poi il mio povero cuore Ponte Vecchio ne ha
tanto bisogno. E’ arrivata l’ora del salto di qualità da un ponte
all’altro, è tempo di remare verso la consacrazione, di pescare dalla
Pescaia di Santa Rosa la maglia rosa di chi comanda il giropalla e
sprinta un’idea di squadra che fila via che è una bellezza, che sale in
classifica, che salta anche sopra l’asticella di quel Montolivo che
Corvino ha lasciato in via Turati come fosse un pacco bomba, e che per
questo oggi è indagato come anarco insurrezionalista, mentre i tifosi
rossoneri imbufaliti stanno cercando con i forconi quel “Re Mida” di un
Gat che lo spaccia per oro dimostrandosi invece un monarco
insurrezionalista. Intanto Montella magnifico canottiere, mette la prua
diritta verso il sogno del terzo scudetto, e con il timoniere Roncaglia
passa sotto il Ponte Santa Trinita, da dove si è suicidato l’uomo della
gomma del ponte, un allenatore che ha usato gli sganassoni invece del
gioco per lasciare l’accento su un’esperienza allucinante e sulla A,
come una lapide sulla carriera e sul quel ponte da dove si è gettato,
tanto che continuavano a chiamarlo Ponte Santa Trinità. Abbiamo voglia
di tuffare il cuore in questa squadra e poi farci interrogare in
geometria, parlare di manovra palla a terra, di disegni cachemire,
possesso palla e trame di gioco che finiscono col gonfiare la rete.
Vincere per dare uno scossone a chi ancora tituba, a chi si perplime
sotto il Ponte di Varlungo, uomini che lo sguardo lungo l’hanno avuto su
pontellizzazioni però ancora troppo premature, mentre sotto il Ponte di
Baracca c’è un omin che fa la cacca, che per colpa di smobilitazioni
fantasma non la fa dura dura dura e il dottore non la misura, perché nel
frattempo gli si è sciolto il corpo. El Ham facci godere, e dopo la
fine del Ramadan rompi anche il digiuno del gol, regalaci un pomeriggio
di gioia e nuove consapevolezze, così posso andare finalmente a spostare
quel tronco di traverso che blocca il sogno e non lo fa passare dal
Ponte alla Carraia, per farlo diventare finalmente carrabile. Togliamo
la polvere, apriamo il bandone e usciamo dal garage dei sogni
accatastati, dimenticati, e andiamo incontro a quello nuovo che ritorna
da Verona, un sogno pandoro che luccica e lievita sulla pietra serena
Diladdarno, dove si distinguono i passi da gigante, da ieri quando non c’era futuro, ma solo Vuturo a vomitare mediocrità. In questo giro della
città tra ponti, e chi per salire sul carro del sogno ha bisogno di un
carroponte perché ha il cuore pesante, un sogno che vogliamo portare in
giro fino al piazzale, e allora per farci entrare tutti, dal garage
tiriamo fuori un vecchio autobus a due piani. Oggi la squadra deve dare
una risposta prima di tutto a se stessa, per gonfiarsi il petto di
orgoglio e autostima, per far lievitare la classifica e impreziosire il
suo presente da portare in dote al campionato, per dare un senso alle
tante parole e per dimostrare che quei complimenti erano meritati, per
presentarsi al sogno dalla porta principale, e mettere sul panno verde
le fiches necessarie a sbancare, per fare un ulteriore passo verso il
calcio dei grandi, ma soprattutto per dimostraci che non sarà stata
illusione, insomma, che il sogno non faccia il Ponte all’Indiano.
sabato 20 ottobre 2012
Non bere tutte le cazzate che scrivo
Ogni
soggetto ambizioso almeno quanto Montolivo, a un certo punto sente
l’esigenza irrefrenabile di istituire un premio, lui si dice stia
pensando insieme alla compagna ad un riconoscimento per tutto ciò che
gravita intorno allo zero, indiscrezioni milanesi racconatano che stiano
pensando di rendere merito al mondo del tasso zero, ai cibi a zero
calorie, alla carriera di Renato Zero, ma con un focus importante per i
giocatori che vanno via a parametro zero. Sono in molti dicevamo, a
sentire questo desiderio di consegnare più che di ricevere un premio,
perché per quello ci vogliono capacità riconosciute da qualcuno di
diverso dalla propria madre, premi che vanno dal Nobel fino all’ultimo e
interessantissimo cartellino Viola, solo per ricordare i più
prestigiosi, ma oltre a questi vorrei citarne uno che ha caratteristiche
sostanzialmente differenti e che ci piace perché è un premio dal
confine molto labile tra appunto il riconoscimento e la presa per il
culo. Ci piace per quella sua aria un po’canzonatoria, e anche perché è
l’equivalente del comfort food, diciamo da una parte, latte, Nesquik e
le Macine, biscotti che hanno la migliore capacità di assorbire la
giusta quantità di liquido, e dall’altra il cosiddetto premio di
consolazione. Siccome noi siamo ambiziosi e irrefrenabili, e siccome ci
piace l’idea di un premio che possa essere consegnato agli ultimi dei
bravi o ai primi degli sfigati, anche il blog vuole istituire il suo.
Dichiariamo subito che non lo daremo a Klose, perché non risponde a
nessuna delle caratteristiche richieste, troppo sobrio, e poi già al
centro di polemiche da premio di consolazione questa volta del
giornalismo, categoria secondo la quale, o meglio secondo quelli che
girano in città a piede libero e di porco con il quale forzano il
bandone della decenza professionale, compreso Luca Calamai, Klose
avrebbe dovuto dichiarare di essere in fuorigioco senza saperlo, primo
imbecille al mondo a farsi annullare un gol, forse perché i geni della
polemica insulsa sono convinti che il giocatore giochi oltre che con i
parastinchi anche dotato di un body network Wi-Fi al quale Carlo Sassi
trasmette gragnuole di comunicati di moviola in tempo reale. Tanta
demagogia, risentimento e dichiarata superiorità, per quella capacità
nauseabonda di riconoscere un merito anche a un giocatore così indegno,
mentre il risentimento dovrebbe riguardare tutti coloro costretti a
subire questo provincialismo gretto e questa intelligenza volgare come
un rutto. Il nostro sarà un premio settimanale e si chiamerà “ La
poltrona di Tannino”, sarà come il Tapiro di Striscia, verrà fisicamente
consegnato al vincitore, e nel nostro caso dalla Bice. La poltrona di
Tannino verrà realizzata con i sugheri delle bottiglie utilizzate da
Vargas durante la settimana, manufatti, ovvero fatti a manu da artisti
anonimi dalla sezione sarda degli Alcolisti Anonimi, là in Sardegna
anche per promuovere il loro sughero di qualità, e vista la problematica
del bere che spesso colpisce gli extracomunitari del calcio anche per
promuovere Alghero in compagnia di uno straniero. Verranno quindi
premiati i giocatori che bevono di più o che hanno comunque una tendenza
ad ingrassare, e mentre a Firenze è stata data la cittadinanza onoraria
a Prandelli, noi daremo il premio onorario ad Adriano, mentre il Masala
e il cugino di Vargas non potranno essere votati. Riteniamo la nostra
una iniziativa socialmente utile perché avrà soprattutto il significato
del monito, dell’invito alla moderazione, anche perché il campione del
calcio a torto o a ragione molte volte è un modello per i nostri
ragazzi, e ci sono quelli che hanno come modello Montolivo che già
scontano un rendimento scolastico vicino allo zero, allora abbiamo
pensato che al momento della consegna, la Bice chiuderà la premazione
pronunciando quello che sarà poi lo slogan della Poltrona di Tannino “
Tutti quei tuoi brindisi alla fine ti porteranno a giocare in Lega
Prosit”.
venerdì 19 ottobre 2012
"Senza" è un sottoprodotto della domenica, come la sansa
Come
si esprime la mancanza, quel disagio del senza, dove la carenza toglie
il cielo dalla tua stanza, alla faccia di Gino Paoli, intanto prendendo
atto che senza il Viola è una domenica che sa di mattanza, ti alzi, esci
dalla camera da letto ed entri direttamente nella camera della morte,
senza passare dal bagno che è sempre occupato. E mentre rimpiangi i
tornelli che ti filtrano un po’ l’adrenalina, ma che comunque poi ti
spalancano le porte della passione, nuoti svuotato in mezzo ai
tonni, e se c’era Corvino anche senza Patronni, così dopo la messa già
t’inscatolano in un pomeriggio sottolio che è peggio della messa in
piega di donne alla riscossa, forti del fatto che senza il pallone sei
uomo dentro a una fossa, insomma, arpie che fanno prendere alla tua
domenica una brutta piega. Confessati! Ordine categorico di chi ha
sfruttato il golpe della Nazionale sulle nostre vite per salire al
potere, e la messa in piega da sola è il monumento della devastazione,
così laccata, spiega in maniera cruda quanto Prandelli ci abbia rovinato
il fine settimana. Mi inginocchio e intravedo Dom Bairo, che quando non
mi sente chiamo l’uvamaro perché somiglia al fraticello della
pubblicità, lo intravedo dalla grata mentre scarta un Kinder Pinguì e mi
dice “dimmi figliolo”, “ ho mandato affanculo Montolivo”, mi guarda,
da un morso alla merendina e mi risponde “anch’io”. Apre la tendina, mi
passa le fette al latte necessarie, e mi dice “stavo giustappunto
facendo la penitenza”, e mentre mangio le mie tre Ave Maria mi mostra
la sciarpa del Gruppo Chiava appesa dentro al confessionale
anticipandomi che all’omelia della domenica prima del Chievo, sotto la
tunica indosserà la maglia di Viviano, perché porta bene e perché fa
rima con Vaticano. Si guarda intorno abbassa la voce e aggiunge che la
domenica ancora dopo quando arriverà la Lazio ha invitato Suor Paola e
si deve ricordare di andare a comprare il Guttalax. “Menomale si
rigioca”, Padre, gli ho detto con voce sommessa proprio perché ero a
messa e per non farmi sentire dalla Rita, quando non c’è la Fiorentina
anche sul blog si scatena l’inferno e i fedeli mi abbandonano, “a chi lo
dici”, mi risponde stizzito, “ quando non gioca l’amata i fedeli sono
talmente depressi che tendono a non scambiarsi neanche il segno della
pace e mi avanzano tutte le ostie”. “Vai all’Ikea?” mi chiede mentre si
soffia il naso con un fazzoletto della Juve, “no Padre oggi vado nel
Mugello, tocca all’Outlet Village a Barberino”. Ma per spiegare ancora
meglio lo smarrimento di queste settimane di olio di fegato di merluzzo
tirato sul col secchio dal pozzo di Coverciano, giorni tra il mi manchi e
chi mi manda affanculo, giorni molto diversi da quando invece la
domenica si tromba, utilizzo la mia omelia per proporvi un teorema
internettiano.
“Tra
il vaffanculo e il mi manchi devi lasciar passare un tempo strategico.
Se il mi manchi segue a ruota il vaffanculo, ne vanifica
irrimediabilmente l’effetto; se lo segue di troppo, non riesce a
cancellarne l’impatto devastante.
Il
mi manchi va collocato in quella terra di mezzo che è la percezione
dell’assenza, la nostalgia: abbastanza lontano da permettere al
vaffanculo di produrre i suoi effetti educativi, ma mai troppo, in modo
da non perdere il suo potenziale riparatore.
Se
al mi manchi, invece, sostituisci il te la do senza discutere, puoi
ignorare serenamente ogni variabile e limite spazio-tamporale”.
E la Fiorentina ce la darà la vittoria.
giovedì 18 ottobre 2012
Kiss me here
Dopo
una settimana di Montolivo e di Cristo bresciano, ben rappresentati
dalla scatola e dalla grande rottura di scatole di un digiuno Viola
accompagnato dalla fumata bianca per l’elezione del nuovo Papa onorario
di Firenze, e dopo il gol di Riccardo che come quelli contro il Novara
ci rimarrà nel cuore come una boccata di fumo nei polmoni, giusto il
tempo di tossirlo fuori insieme agli occhi, e sarà subito campionato.
Che è goduria specie se è a Chievo che in barese sarebbe ancora più
goduria, che è fatta di futuro Viola montato a panna e non più di ex
dietro al solito vetro opaco del passato. Ma futuro. Mentre Jovetic è
già passato, venduto, argomento usato come riempitivo, come zeppa sotto
il tavolino traballante di due settimane lontano dal campionato, si
riaffaccia il dottor Manetti che dal campo usa finalmente parole che
profumano di olio di canfora e ospedale da campo, felicemente vuoto,
bollettino medico che ha i sentori della partita imminente. “Stanno
tutti bene”. Da Tornatore alla Fiorentina che torna a riempire la
domenica con il dolce, che torna speriamo a vincere in trasferta, che
tornano tutti dalle nazionali, che torna El Ham a una forma accettabile e
che torna forse anche Aquilan. Un giocatore che non sarebbe una idea
balzana per un centrocampo a sbalzo su un campionato mediocre, se non
fosse di balza. Vorrei usare l’immagine del sigaro anche come simbolico
calumet della pace, con più sfumature cubane fatte di rum e di “mulatta
sinuosa che non cammina ma balla, che non parla ma canta”, un sigaro da
fumare insieme a chi oggi gli esce il fumo dagli occhi per la mia
insensibilità, da fumare insieme a chi se ne è andato ma che ha
contribuito a far crescere questo blog, e insieme a chi verrà, mentre
con tutto questo fumare buone intenzioni non si vede più niente come
quando fuori c’è fog. E’ una vita da sbandati quella senza la
Fiorentina, di sbandate dentro a centri commerciali, di domeniche
abbandonate dalle Dee bendate, con le emozioni al palo e senza pali
interni e traverse favorevoli, senza Montella che sembra finto come il
ricamo di una manovra inaspettata fino alla nascita di questa nuova
Fiorentina. La Nazionale ci ha sfinito, un ecomostro, una colata di
cemento sulla nostra passione esclusiva, abbiamo la sindrome della
betoniera, quando ci manca la Viola mettiamo la testa sotto la sabbia
come lo struzzo, perché non vogliamo il calcestruzzo, vogliamo solo la
Fiorentina, vogliamo vincere a Chievo, sognare, e non vogliamo essere
traditi proprio adesso che dobbiamo spiccare il volo, voglia di
Fiorentina a quattro mani in questo giardino del Getsemani, e ho paura
di chi mi si fa incontro mentre a Chievo si sta per scrivere una nuova
pagina, si avvicina, si chiama Giuda, però Giuda, A, femminile, ma ho
sempre paura che mi tradisca lo stesso prima di entrare al Bentegodi, ho
paura del bacio, ma solo fino a quando non mi indica che non sarà la
guancia. Allora capisco che sarà vittoria. Paradiso.
mercoledì 17 ottobre 2012
Sono un po' figlio di puttana
Passa
un tizio e lascia un comunicato di servizio. Sembra un tipo alla mano e
forse per questo lo incastra sotto la Porta San Frediano. E non come
avrebbe potuto sulla Porta del Paradiso solo se fosse stato più
altezzoso, porta e non torta, che è quella principale del Battistero.
C’è scritto che sono successe cose. Profumo e spine come fossero rose.
Il profumo è quello popolare dei vicoli, del cibo di strada, della
trippa, di una piazza dove il dissacrare non è mai materia troppa, dove
la natura stessa dissacra chi dissacra togliendoli la naturale copertura
e lasciandolo in piazza, ma è la giusta andatura per frequentare questo
modo di essere che è un mondo di esseri diversi. E’ burro e acciughe.
E’ pecorino e pomodori secchi. Vuol dire essere fiorentinacci, o meglio,
vuol dire essere fiorentinacci come me. E questo è uno spazio che mi
rappresenta. E’ eccessivo? Forse. Delle volte lo sono, ma non ho
contratti con nessuno o numeri da rispettare, e quindi cerco di non
mettere filtri, scrivo quello che sono e lascio scrivere quello che
siete Le spine sono il voler pensare che questo mio modo di essere sia
mancanza di sensibilità verso qualcuno. Non è così. Piango molto di più
di un salice, che tra l’altro è albero che rappresenterebbe meglio
Mazzarri, ma che lui snobba a favore di una barca a tre alberi, piango
persino quando capisco il grande sforzo del sottocosto della Conad
studiato per venirci incontro, allora crollo, piango come una vite
tagliata per l’acquavite scontata, per quella bontà da libro Cuore e per
l’olio Cuore praticamente regalato, apprezzo la generosità eccessiva
verso il consumatore e piango con sprezzo, e per un prezzo fatto a pezzi
mi sdilinquisco, mi commuove persino l’aragosta quando soffre di un
acqua troppo termale dentro la pentola, e quella sua sofferenza mi si
attacca addosso come uno sbadiglio. Le spine sono anche vedere qualcuno
che se ne va dalla piazza perché qualcun’altro alza la voce, oppure
sputa in terra, oppure fa il tifo contro, ma non è la mia piazza quella
con le zone di prefiltraggio e la tessera del tifoso, è aperta e qualche
volta spigolosa, divertente, sporca, dove qualcuno spaccia la focaccia e
qualcuno si spaccia per quello che non è. Mi dispiace quando qualcuno
se ne va ma penso che se è così aperta qualcuno potrà arrivare e saperla
riempire, colorare con i propri sapori, o sporcare, e io non metto
limiti alla provvidenza o alla sfortuna. E poi ci sono dei momenti nei
quali la piazza è più bella quando è vuota. Mi dispiace se qualcuno
occupa il suo tempo a fare la voce fuori campo, doppiando cioè il
significato di quello che vuole essere questo spazio, che non ha bisogno
di essere spiegato ma solo vissuto dando un contributo. Sono moralmente
scalpellato a mano come la pietra serena, sconnesso, non rappresento
nessuna Onlus, nessun esempio di buongusto da seguire, ma ho l’anima
buona. Ci sono dei sapori qua dentro, c’è brodo di cottura e brodi, c’è
posto per tutti e per nessuno, e ci si deve saper stare, anche con la
giusta voglia di graffiare, con la voglia di centopelli che è sempre
meglio di Graffiedi, per non dire di Centopellicanò, e per chi paga
l’affitto sarò sempre Silvio Centopellico e gli scriverò “le mie
pigioni”. C’è posto per Bolatti e per i bolliti, c’è salsa verde e
Salsano che ci ha sempre fatto vedere i sorci verdi. E intanto quel
tizio ripassa e lascia un altro comunicato di servizio. Sembra una
persona strana e forse per questo lo incastra sotto Porta Romana. Sono
successe cose. Poi una lavagna con gessi e cimose. Allora capisco che
devo scrivere qualcosa di me. Non ho dubbi, e mentre scrivo “sono un po’
figlio di puttana” passa il Tozzi che era il pizzicagnolo di quando da
ragazzo usavo la sua bottega per passare da Via de’ Serragli a Via
Romana senza fare il giro e senza comprare niente, conosce la mi’ mamma e
s’incazza come s’incazzava quando lo usavo come scorciatoia, e mi dice
“non puoi offendere tua madre perché non è presente e non si può
difendere, qui non siamo sul tuo blog, siamo a Porta Romana, e se
proprio devi scrivere qualcosa scrivi che Montolivo ha fatto un gran
gol”. Allora ho pensato a quanto sia ingenuone, e come uno che è ancora
così tanto pizzicagnolo dentro non potrebbe resistere alle bassezze del
blog, mi ha fatto tanta tenerezza, perché non sa che mia madre rischia
di più proprio quando è presente, allora si che non si può difendere
dalla mia furia, dalla mia tossicodipendenza, di quando gli rubo la
pensione per andare a comprare la mia dose giornaliera di panino col
lampredotto.
martedì 16 ottobre 2012
Un dito di untori
Sono
stati anni di tic, di titicche titocche, dove si è premuto sempre sullo
stesso tasto. Quello del ciclo di Prandelli, della sua irripetibile
bontà che avrebbe ammazzato qualsiasi futuro, e il meccanismo vizioso
consisteva nel riattivare sempre il solito tasto. Un sapore forte di
cloro e poi di Clero nella sua parte di fedeli alla direzione di una
religione finita poi in sclerosi. Tra scenari apocalittici, calendari
Maya rivisitati in chiave vuturista, pontellizzazioni, smobilitazioni,
consessi di Mamme Ebe, di efebi senza i sessi ma con l’organo
riproduttivo in testa come un palco di corna, come fosse un marchio,
come quello sul cofano della Merdeges, come un comizio sul palco dove
tutti gli altri erano caio, sempronio e soprattiutto tizio, dove si
raccontava un futuro scorfano fatto di branchi e Branchini illuminati
dalla lampara, e di separati in casa sparati dalla lupara, e rosate di
rosiconi. E dopo le Coop e le Unicoop Firenze era diventa la città del
loop, del corto circuito della passione, del tifo contro,
dell’autoscontro del cugino di Vargas, dell’autotreno che ha portato i
tifosi fuori dal seminato e i giocatori fuori dalla professionalità, e
del treno che ci portava Kharja fuori dalle palle, e di Montolivo che ha
traccheggiato così tanto, che per rallentare il più possibile la
risposta alla proposta di rinnovo, la Branchini band gli ha messo un
dosso sulla trachea, quello che poi in molti avrebbero scambiato per il
gozzo. Un pozzo, sembrava un pozzo senza fine, mentre ci ricordavano che
Pozzo aveva trovato il punto G del calcio, un pozzo riempito di
recriminazioni, di rimpianti dall’accento bresciano, di tutti contro
tutti tra sganassoni e ciccingomma, nasi finti, pernici, Tutunci,
Preziosi, Zamparini, Jovetic già venduto e Della Valle prima da
difendere e poi da condannare per Calciopoli, anche peggio di Moggi. E
poi l’oggi dove qualcuno ha fermato quel dito che riarmava continuamente
il cane dell’autolesionismo di un pomeriggio da cani, e tra questi
dolci poggi la gara è diventata quella di mettere la propria impronta
digitale su quel dito, per prendersi i meriti, e poi di ciucciarselo
come fa Totti, e ognuno la pensi come crede e assegni pure i meriti a
chi vuole perché l’importante è che oggi a quel dito gli sia venuta
l’artrosi, il circolo vizioso si è interrotto e si è ricominciato a
pensare in maniera più sana anche davanti a una sconfitta, Montella
& Co sembrano riusciti davvero a far saltare quel meccanismo
infernale, hanno fatto saltare il banco dei pegni dove era stata portata
la passione. La scelta degli uomini più adatti a quel tipo di gioco ha
fatto il miracolo, e se non fosse stato per questa settimana di agonia
azzurra, Prandelli oggi sarebbe a sedere ai giardini della nostra
memoria, pensionato sulla panchina dei ricordi più cari, cittadino
onorario. Siamo riusciti in pochi mesi a ribaltare una situazione che
per qualcuno più sfortunato ancora oggi porta i segni della
convalescenza psicologica, fatta di risvegli notturni, di flash reduci
da guerre vietnamite, Kmher Rossi come Delio e sogni rossi dalla rabbia
da non poter sopportare più i Della Valle, Ljajic e le loro camicine
finto sudate, e Pol Potter fratello di Henry, unico maghetto in grado di
riportarci Prandelli. Siamo passati da anni nei quali la sconfitta
ricompattava gli untori del pessimismo mentre la vittoria era roba da
partigiani da festeggiare nascosti sulla collina di Fiesole, e domenica a
Chievo, dopo la vittoria, ci sarà la cerimonia della distruzione del
marchingegno attivato da quel dito di olio, perché siamo passati da un
palla che scottava tra i piedi a un magnifico giropalla che ha bloccato
quel meccanismo infernale grazie alla cottura a scottadito.
lunedì 15 ottobre 2012
Alla ricerca del motore
La
vittoria a Chievo. Da ricercare in tutti i modi. Prima sul motore di
ricerca per ricordare come si fa, poi alla ricerca della consacrazione
lontano dalla nostra piccola, povera città. E Verona si presta bene, è
la dimensione giusta, e se c’avesse da ridire qualcosa con Pellissier,
Marchionne direbbe che è una città molto piatta dove l’unica cosa che
lievita è il pandoro. Il motore di ricerca della crescita, della
conferma delle ambizioni, la definisce essenziale, irrinunciabile,
doverosa, una tappa indispensabile per dare sostanza al gran lavoro che è
stato compiuto fino al gol di Jovetic contro il Bologna. La vittoria a
Chievo deve essere il secondo chicco da sgranare nel rosario delle
vittorie consecutive, per trasformare la prossima domenica in messa a
norma dell’impianto dei sogni e delle ambizioni, un omelia nella quale
si racconta la parabola vincente di una palla che finisce in rete, del
miracolo di gol che non siano solo quelli di JoJo, della moltiplicazione
dei gol non più contati. Vogliamo riempire il vuoto nella casella del
due in trasferta che manca alla squadra di Montella, e dal quale non si
può prescindere se si vuole disputare davvero un campionato importante, e
vogliamo riempire anche il vuoto di una domenica povera, vuota, a
cavallo delle due partite con la nazionale che non compensano la
mancanza del Viola. La vittoria a Chievo ci spetta anche per riprenderci
il gusto della classifica importante, per cancellare gli anni delle
poche soddisfazioni e dell’attaccamento alla maglia, per mettere una
parolina buona su un campionato che sembra averne tanto bisogno, ma
anche per rispondere a chi se ne è andato dichiarando di non credere al
progetto. Adesso ci vuole il motore, come per un sorpasso, e passare
dalle belle parole ai fatti, e il motore di ricerca del campionato è
proprio alla ricerca della squadra giusta per aggiungere al suo nome la
definizione di squadra rivelazione, stanno tutti rientrando, dalle
Nazionali, dagli infortuni, da anni sottotono, ci sono tutte le
componenti giuste, c’è qualità ma anche motivazioni, spirito di gruppo e
attaccamento alla maglia, e quanto sembrano lontane le ultime
Fiorentine, lontano da certi comportamenti, atteggiamenti, degrado della
professionalità, sembra proprio tutto un altro mondo al quale adesso
manca però il fiocco rosa della vittoria in trasferta, e subito dopo
quello per la mini serie, la terza, tre gemelli che mettano scompiglio
nella classifica e tra i sogni dei tifosi, d’altra parte è tutto
possibile, è lì a portata di mano, basta solo afferrarlo, e noi ci
crediamo. E se digitiamo la parola sogno associata a Firenze, il motore
di ricerca fa un eccezione e apre l’immagine di un sogno che danza su
una piccola, povera città.
domenica 14 ottobre 2012
Ma non vi porto rancore
Vi
scrivo dalla mia cella umida. Cari pezzi di merda. Mi scuso per il
linguaggio colorito già abbondantemente carcerario. Vi scrivo in
risposta al comunicato del portavoce del governo provvisorio qui sotto
riproposto:
“Sitollockiani,
Sitollockiane, questo è un comunicato della giunta militare che ha
preso, in piena emergenza, nelle sue mani i destini del sito. Chi scrive
è un portavoce del governo provvisorio, presieduto dal Generalissimo
Sopravvissuto. Tutte le cariche sono state azzerate, tutti i luoghi
istituzionali sono presidiati dalla guardia civile, le funzioni della
vita pubblica assicurate nella continuità: gli abitanti del sito non
temano violenze, permangano nelle loro attività pacifiche e ordinarie.
Cosa sia successo ben lo sapete: il sito si è ribellato spontaneamente a
un regime, quello del Signor (o piuttosto Mr., come giustamente e
sprezzantemente lo chiama Schreber, Presidente di uno stato limitrofo
dove i terrazzani portano lunghi camici bianchi e vivono in case dalle
pareti di gommapiuma) Pollock, che da giorni faceva ormai scarseggiare
ciò di cui solo si pascono i sitollockiani, con effetti evidenti
sull'ordine pubblico e sul sistema nervoso degli un tempo felici
abitanti del sito. Sì, stiamo ovviamente parlando della fica, di questo
bisogno primario dell'uomo, ma anche di certe donne. Come si è arrivati a
tutto ciò? L'irruzione dei cittadini sdegnati e armati nel palazzo
presidenziale ha svelato l'atroce verità: al popolo affamato è apparso,
in un volgare pigiamino rosso a pallini verdi, un uomo e meglio direi
una larva, con occhiaie scolpite negli abissi, ingobbito dalla deboscia,
un sorriso inebetito sul fior delle labbra, un uomo circondato da un
centinaio circa di tope mostruose, spaventatissime davanti alla massa
inferocita coi forconi eppure in breve già disposte a cambiar manico, in
breve fattesi più fiduciose, in breve convinte alla causa
rivoluzionaria, in breve... sì, ci siamo capiti! Tope, sì, tope a sfare,
tope negli armadi, tope nei bagni, tope negli sgabuzzini, tope sopra e
sotto i letti, tope scendiletti... Un uomo senza scrupoli, un ambizioso,
un avventuriero, che aveva plagiato e ingannato (ma, come diceva
Lincoln, si può ingannare tutti una volta, uno tutte le volte, non tutti
tutte le volte!) un popolo di gente onesta e laboriosa, credente solo
nel premio peloso finale, un uomo siffatto aveva, per quasi un anno di
suo efferato regime, accumulato i sudati risparmi topeschi dei suoi
soggetti, sempre mostrando il volto affabile, sempre predicando pace e
fica per tutti. A lui tutte le tope, nulla ai sitollockiani! Ecco cosa
celavano gli imbonimenti mattutini, cui la Fiorentina (oppio dei
sitollockiani, come già Marx denunciava) era solo pretesto per un
facile, superficiale consenso! E gli accordi coi paesi stranieri, coi
paesi contro i quali i sitollockiani sono da sempre in guerra
dichiarata! Gli scambi di tope, di cui abbiamo trovato le prove forzando
i cassetti della scrivania presidenziale! Transazioni private col
senese, col baseballista, per partouze nelle ambasciate o dentro le
Mercedes fumé d'ordinanza! Un mostro! Un affamatore! Che si lasciava
andare, nelle conversazioni telefoniche intercettate col Multinick, a
espressioni come «Quel cazzone di Vitalogy, se sapesse che gnocche mi
sto sbattendo mentre lui sproloquia di 3-5-2», oppure «Parli, parli di
Montolivo, che ha fatto ma bene ad andarsene [= capite, Montolivo ha
fatto bene, e poi ci parla di asticelle, nei suoi topic!], parli pure
Antognoniforever, che le tope che mi faccio io con gli introiti
pubblicitari che mi procura con le sue analisi delle partite della
Nazionale, lui le vede col binocolo!». Mio Dio, che orrore! L'orgia del
potere! Con un popolo che andava avanti a seghe e che credeva che
fossero sacrifici necessari, in un momento di crisi! Adesso, questo
spregevole individuo, al quale abbiamo avuto il torto di affidare in le
nostre emozioni, marcisce in una cella umida, in isolamento, in attesa
di processo. Ha chiesto poco fa al suo carceriere, credendo di fare il
simpatico, di ingraziarselo: «Com'è finita, poi, quella storia del
Chiari? E Jordan, se fa sempre col Mala?». Troppo tardi, quando già
soccombeva sotto le manganellate, si avvide che l'uomo in divisa, che
era uscito dalla luce del corridoio nel buio interno, era Jordan, cupo
come il cielo sopra il mare in tempesta.”
So
già che il Chiarificatore farà di tutto per farmi avere almeno un
permesso di un’ora, certo, non perché mi è rimasto fedele, unico in
mezzo a questa manica di stronzi che m’hanno messo qua dentro ad
ammuffire, ma lo farà solo per arrivare in Piazza del Tiratoio a farsi
pagare quel cazzo di panino col lampredotto che gli avevo promesso. Mi
avete tradito mentre io vi ho sempre governato come Diego fa con i suoi
operai, ho sempre diviso gli utili con voi. Ma non vi porto rancore.
Siete come Marchionne, mi avete relegato in questa piccola, povera cella
per via della forza motrice di quel “pelo” volgare che vi hanno
sventolato sotto il nasone, quella maitresse di un Generale
Sopravvissuto vi ha promesso Legioni di ancelle vogliose e già
divaricate come cosce di rane, e invece dei miei ricercati formaggi di
pecora, stuoli di lenzuoli abitati da una popolazione a pecorina, siete
stati presi per la gola dal miele del diavolo, mentre io ingenuo vi
proponevo presidi di prodotti biologici. Erano confetti ai maiali i
miei, mentre voi pensavate solo alle maiale, e non è vero, come scritto
nel comunicato da quel gran falsone di un portavoce, che vi avrei
affamato facendo scarseggiare i rifornimenti, ho dovuto difendere anche
la vostra reputazione già abbondantemente di merda di suo, da un delfino
che aveva messo il numerino come alla Coop per controllare la fila
davanti alla porta di questo casino, vi ho difeso le spalle e anche le
palle da un Marco Siena che si era accorto di questo bassofondo di un
baccanale segnalandolo subito alla Buoncostume, come a suo tempo aveva
fatto con la spiata sulla pontellizzazione, abbiamo l’uccello sotto
controllo cari cazzoni, come a Palazzo Grazioli, e voi vi siete fatti
inculare (escluso Jordan) dal quel gran paragnosta di un Generale
affiancato da quell’altro paraculo di un portavoce. Ma non vi porto
rancore. Anche se quei due stronzoni hanno montato intercettazioni
farlocche, come aveva fatto Palazzi per Calciopoli, poveri gobbi di
merda, e poi mi sono dovuto violentare pur di alimentare questo vostro
schifoso mercato del corpo femminile, violentato sì, perché sono un
omosensuale, ho sempre avuto un debole solo per Antoine Rouge e non l’ho
mai potuto esprimere, adesso lo grido, anzi grido ad Antoine di tirarmi
fuori da questa latrina, e ora che ho fatto outing potremo scappare via
da questa manica di pervertiti. Ma non vi porto rancore. Ho sofferto
tanto quando ironizzavate sui metrosexual, merdaioli che non siete
altro. Ma non vi porto rancore. Perché siete condannati a una vita
nella quale il cervello sarà sempre e solo collegato a una logica
idraulica destinata prima o poi a non funzionare più, e quel giorno non
vi resterà che pigliarlo nelle mele da chi è ancora idraulico
funzionante. Ma non vi porto rancore. Perché la mia anima da grande
governatore, baciata da una visione illuminata va oltre a questo
meritricio di popolo meschino, anzi, va oltre a questa prigionia che
non mi scalfisce, e prima ancora che Antoine Rouge venga a prendermi con
il sidecar vi dimostro la mia infinita grandezza, generosità e mancanza
assoluta di astio regalandovi la vostra droga preferita, l’ultima
arrivata che vi mostro nella foto di copertina, un mio regalo d’addio
per un popolo ingrato che proprio per quella fiha mi ha venduto. Mentre
mesto e omosensuale immalinconito dalla solitudine, nella seconda foto
vi mostro la triste realtà della parte più buia, umida e mal frequentata
della mia cella, tra quei sorci dove mi rifnisco dalle seghe aspettando
Antoine Rouge.
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