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lunedì 31 dicembre 2012

Tasselli

E’ rimasto l’ultimo tassello, oggi, un giorno secco per chiudere un duemiladodici che scappa via come un muretto a secco. Un tassello come quello che si dice mancare là davanti, che non è il duemilatredici, ma un reparto, un tassello che completi un sogno che sta a cavallo persino del calendario. Le bottiglie sono già in frigo ma il pensiero no, è fisso là, non alla mezzanotte ma al Pescara e a pescare il giusto tassello, come se fosse quello di un cocomero, per scoprire quanto ancora quel sogno possa essere zuccherino. La città intanto offre svariate tessere per completare il mosaico di un anno difficile, privo di tensioni poetiche, prosaico, più di prosecco che di champagne, come quelle campagne che si cuciono i confini proprio con i muretti a secco, c’è chi cercherà il suo ultimo tassello in piazza tra i Subsonica, New York Gospel Spirit, Nickthe Nightfly Quintet, l’Orchestra Sinfonica Ucraina in piazza Signoria e New Year’s Woodstock con sei ore di musica proprio nello spirito di Woodstock. La Fiorentina è oggi un pensiero felice, probabilmente una zeppa a un traballante senso di smarrimento, è un pezzetto che risolve il puzzle di tutti i giorni, che non puzza nemmeno di fregatura. Ieri ho percorso i muretti a secco di Firenze, con un po’ di vino per rendere meno secco questo viaggio gastronomico tra le mura amiche, panino tartufato dal Procacci per iniziare, burro e acciughe da “I Fratellini” e panino col lampredotto al “Porcellino”, il caffè invece l’ho preso in Piazza San Felice dove ci sono esposte alcune foto dei “Bianchi” con il "rossino” che non c’è più insieme a il figlio allora piccino che c’è ancora per fortuna, c’è ed è cresciuto, tasselli della memoria che raccontano che anche in Oltrarno il tempo passa. E’ passato più di un anno da quando abbiamo cominciato a frequentarci su questo blog, dopo quattrocento post, diciannomilanovecentotrenta commenti pubblicati, duecentoventitremila pagine aperte, numeri, tasselli, che posati a secco sul nostro quotidiano in qualche maniera oggi ci legano. Un augurio a tutti e una promessa, di questi tasselli stasera non butterò via niente dalla finestra

domenica 30 dicembre 2012

Morte di un commosso randellatore

Un intreccio di emozioni, si, si può definire anche così. Per una volta almeno, diciamo pure l’ultima, diamo a quel groviglio di sensazioni dal polpaccio muscoloso le luci della ribalta. Se c’è spazio in una canzone di successo per ricordare le fatiche di una vita da mediano, è giusto anche mettere in risalto certe ruvide mischie dove ci sono santi che ci mettono persino gli stinchi. Una fase una volta indispensabile, dove si affondava la determinazione, dove il carattere trovava pane per i suoi denti, dove anche il rimpallo diventava protagonista, e perché no a volte anche determinante. Il calcio moderno ha contribuito a svilupparne nuove forme, sempre più furibonde, sempre più esasperate, perché in quella lotta sempre più fisica oltre agli eccessi della velocità si è aggiunto anche quello del doping. Non c’è più solo il semplice raddoppio è arrivato come un treno l’utilizzo dell’intervento da dietro o a piedi uniti, spesso è vero anche sanzionati con il cartellino rosso per arginarne la foga gladiatoria. Ma a quei rigurgiti del tackle sempre presenti bene o male nel calcio, oggi si sono aggiunti anche degli aspetti psicologici, difficili da monitorare e sempre più importanti da contenere per non rimanere in dieci, tanto che per un allenatore è diventato indispensabile possedere nel suo portabagagli anche capacità da psicologo, per riuscire a gestire un gruppo pieno di personalità forti come l’aceto e diverse come l’aceto balsamico, per cercare quindi di arginarne tutti gli eccessi, anche quello cosiddetto di frustrazione o di reazione. Poi come sempre c’è chi scende da un altro pianeta e innova, chi arriva per primo e in qualche modo coglie impreparata la classe arbitrale che deve imparare a tradurre, a interpretare un nuovo tipo di fallo fino a quel momento sconosciuto, come quello di Pizarro che non è altro che un apostrofo giallo tra le parole t’ammonisco. Insomma, in questo calcio sempre più fisico, dove la mischia, il contrasto, il takle, lo scontro duro indirizzato a scardinare palloni all’avversario, è diventato caratteristica addirittura saliente di una squadra, la Fiorentina erige proprio a centrocampo il suo monumento ai caduti, e lo fa non ha caso con il suo uomo simbolo, con quel Borja Valero che in quanto pelato,  adattissimo ad ergersi proprio a monumento ai caduti, in un centrocampo dove però sono cadute anche le ultime resistenze di certi partigiani del ruolo. Il centrocampo Viola si presenta oggi perfettamente sbarbato, privo di ruvidi interpreti, proprio di quelle figure che abbiamo voluto ricordare prima di abbandonarle definitivamente poggiando una coppia di parastinchi sopra la bara tattica disegnata da Montella. Qualcuno pensava non fosse possibile accantonare una simile figura ritenendo la squadra fragile e soggetta a subire la forza d’urto avversaria, il girone di andata ha raccontato cose diverse dando ragione a Montella, e oggi regna solo il bello nel cuore del nostro gioco, sembrano lontanissime anche certe recenti esaltazioni per il ruvido Behrami. Siamo tornati ad esaltarci per il bello, insomma, per altri tipi di intrecci di gambe.

sabato 29 dicembre 2012

Il sogno di Andrea

Questa sosta ci ha lasciati prigionieri di un sogno, posteggiati in divieto di sosta tra brasati e panettoni, tra parenti brasati, basiti per non dire brasati, scippati dell’uso quotidiano della passione, per essere ammanettati sul più bello all’indomani di tre vittorie consecutive. Perché quando ci sarebbe bisogno di usare la mente, è proprio l’intelligenza che mente alla nostra classe dirigente sopraffatta dalla fase digerente, suggerendo calendari così tanto scellerati che quando la richiesta di spettacolo si fa più grande, quando cioè il popolo del calcio avrebbe più tempo a disposizione per usufruirne, il circo chiude in gabbia quella logica per dare spazio alla transumanza illogica di giocatori in fila come Re Magi verso le Maldive. Mica come in Premier dove un intelligenza moralmente più integra non mente, là dove sono i giocatori i veri prigionieri del sistema, costretti a frequentare rigidamente le logiche dello spettacolo, riuscendo persino a riempire gli stadi in giorni da noi considerati sacri, nei quali far star comodi gli ossi sacri, lontano dalle tentazioni, non ultima la depravazione di volersi accomodare su duri e freddi gradoni di cemento di uno stadio, turgidi come certe arterie all’ultimo stadio che dovrebbero portare sangue alle rape. Poi si cerca con un acume privo di qualsiasi barlume, di recuperare il tempo perduto, aggiungendo così sudiciume a sudiciume, perché sordi di fronte alle richieste di usare il buonsenso, si toglie addirittura il cerume, facendo giocare di sabato alle diciotto, oppure nel lunchtime, se non in confortevoli e tiepidi turni infrasettimanali, nonchè invernali. Consoliamoci con il sapore dei crostini che c’è rimasto in bocca, mentre il pensiero va a quelle ultime tre vittorie messe in fila come le prime tre portate del pranzo di Natale, che sono meglio degli avanzi del pandoro usati come spugna per trattenere il latte in colazioni che sono vere e proprie lotte con il fegato, e forzatamente separati dal sogno, disperati,  useremo i canditi come un rosario per sgranare gli occhi sul calendario in attesa della Befana infarcita di qualche nuovo acquisto, e verrebbe bene Banega per dire che chi governa il calcio non ci capisce una sega. Solo allora ci consoleremo veramente, liberandoci da quelle manette fatte di pressapochismo, e una volta usciti dalla gabbia dell’incompetenza torneremo al luna park Fiorentina, dove magari vincere un pesciolino giallo da regalare a Pizarro, fare centro al grande tirassegno col Pescara, scorrazzare sull’autoscontro per sbalzare la Lazio fuori dal secondo posto, e perché no salire sul calci in culo per vedere di arrivare a distanza utile per sferrarne qualcuno alla Juve. E menomale che ci pensa il tempo, un vero e proprio Alka-Seltzer naturale, capace di cancellare i bagordi insieme alle decisioni dei balordi, inarrestabile effervescenza della vita che ci riporterà davanti al baracchino dove quel sogno è dolce come lo zucchero filato. Poi lo vestiremo di palloncini colorati per farlo arrivare fino all’Etruskolo.

venerdì 28 dicembre 2012

Luci della città




In un momento di crisi economica come questo, se proprio devo spendere un nome faccio quello di Borja Valero, e pago con la carta del suo credito sempre in crescita, un giocatore che ha dimostrato carenze nella ricrescita, ma solo per chi non ama la pulizia del gioco e propende per manovre caotiche sviluppate da controfigure spesso ipertricotiche. E se investo parole e giudizi su di lui non è solo perché ritengo sia stato l’uomo copertina di questa Fiorentina, ma perché è riuscito a farlo con la facilità dei grandi, che è la stessa con la quale si è continuato ad  ammonire Pizarro, quella dei grandi stronzi, prima diventata consuetudine e poi sgarro, una stortura al buonsenso, una tortura alla decenza fatta con la naturalezza tipica che si ritrova radicata nel comparto conservaturiero del tonno, dove il giallo è di casa in quanto pinna, mentre nel comparto di centrocampo, Valero ha dimostrato di essere uno dei più grandi, insuperabile proprio come il tonno insuperabile, senza mai un accenno di mattanza o cassanata, ma con quel modo discreto che è tipico proprio dell’essere grande, perché per dipingere una grande stagione non ci vuole un giocatore grande ma un grande giocatore, e quel suo modo di essere superiore si riassume in maniera eclatante nel vezzo molto intimo di portare i capelli. Un modo che riconosco appartenermi come anche le more al bosco, perché Valero è uomo discreto, capace di tenersi tutti i capelli dentro, privo cioè di certi inutili orpelli, sia nel gioco che nel differenziarsi da chi pur avendone tanti non si può certo definire “bellicapelli”. Come chi fa addirittura la cresta al cattivo gusto rizzando la sua in maniera arrogante come un gallo, o come tutti quei saccenti che mettono gli accenti su personalità adiacenti al buongusto, per certi versi indecenti, qualche volta spioventi da mondi paralleli che non si incontreranno mai con quelli di un campione vero come Valero, che si è dimostrato sempre umile nell’atteggiamento e ottimo nel rendimento, in poche parole affidabile, come un luogo comune facilmente abbordabile ci suggerirebbe di dire, affidabile come una Golf e al contrario di chi invece è poco affidabile come lo era la colf di Kharja che perdeva sempre il treno giusto per fare le pulizie. E tra le tanti luci che brillano in città non c’è solo la Fiorentina di Borja Valero, perché Firenze in questo periodo si veste di luci particolari grazie al Firenze Light Festival, ideato per valorizzare il patrimonio architettonico con spettacoli di luci e giochi cromatici, gli stessi con la quale la Fiorentina è stata capace di abbagliarci, e la mia anima faziosa, quella cioè forgiata sulla riva sinistra dell’Arno mi spinge a sottolineare solo la spettacolare videproiezione sulla facciata della Basilica di Santo Spirito, e lo fa con un campanilsmo così terra terra da far invidia anche alla palla rasoterra che contraddistingue  la manovra Viola, sempre agli antipodi di qualsiasi campanile o traiettoria troppo arcuata. Luci della città che come quelle di Charlie Chaplin mi vedono vagabondo di un sogno Diladdarno, che invece di incontrare una fioraia cieca incontra la passione cieca per la Fiorentina.

giovedì 27 dicembre 2012

Pagellone

Lo farò lo stesso anche se dopo tre voti puzza, anche se il pagellone puzza sempre dalla testa, anche se in certi casi ci si ruzza per via di quei micidiali colpi di testa con i quali Gonzalo e compagni hanno fatto la festa a difese avversarie così dolci da finire in un qualche altro pagellone d’acqua dolce. O a fette, si, difese fatte a fette sempre per lo stesso motivo, ma questa volta finite in un pagellone di una trota non proprio salmonata, ma anagrammata in salmi per diventare torta. E lo farò non tanto perché ho la luna storta o perché non c’è più Luna, ma lo farò perché non è classificato di fondale ma d’alta classifica, perché un pagellone pelagico che si rispetti è si un mare aperto di speranze, ma è anche un mare pieno di giocatori pelati, perché non è di scoglio ma capace di superare lo scoglio delle perplessità di tifosi che non sapevano se era meglio avere in panchina Franco Scoglio o in pancina uno spaghetto allo scoglio. Un pagellone che supera agevolmente la barriera corallina, come Aquilani supera quella su punizione, forse giallo come il bizzarro destino di Pizarro e non rosso come l’oro del mare, un pagellone che sguazza è vero sulla barriera corallina, ma sguazza anche sulla coralità del gioco di squadra, soprattutto di una squadra che dimostra di avere fegato, cuore e polmoni, e quindi anche una buona coratella, buona e bella come del resto l’idea del calcio di Vincenzino Montella. Mi cimento perché ci nuota dentro la passione, un pagellone felice come Centofanti dove i sogni sono tanti e non sono infranti sul cemento, di quel duro rosicare che era diventato di Firenze il vero risorgimento, perché adesso risale le rapide del cuore per andare sempre più in alto, per schiodare le speranze e i piedi da quei consigli di tenerli saldamente a terra o troppo posati sull’asfalto, o come il pensiero un po’ travisato del Jannotti che arrangiato per l’occasione dice che il sogno per lo scudetto della Fiore non è una moda del momento ma nasce come un fiore sull’asfalto e sul cemento. Lo vedo dal pontile e non dalla pontellizzazione, dall’alto del campanile o da piazza stazione, e nell’acquario della fantasia getto ami per tirare su sogni tricolorati. C’è chi lo divide in reparti, chi insomma lo squama per capire meglio quanto lo ama, e chi  come me fa come i sarti, e nella notte si cuce il sogno sul petto, e alla fine è proprio il suo il pagellone a risultare perfetto. E per esserlo davvero non darò voti ne alla difesa, ne al centrocampo e nemmeno all’attacco, perché per paura che il sogno finisca preferisco intanto togliere la lisca, che potrebbe tradirlo come un’irruzione a chi vorrebbe giocarselo in una bisca, senza la lisca perché tutto proceda per il giusto verso, senza cioè che niente possa rimanerci di traverso.  

mercoledì 26 dicembre 2012

Oltre e al di là

C’è qualcosa che va oltre, qualche volta nascosto da una coltre, se di neve si posa lieve, quando di nebbia aiuta a nascondere la rabbia, per chi va sempre oltre, a tutto, come i Re Randagi che invece della mirra portano la birra, per sfigurarla con un rutto o con un pensiero brutto. E andare oltre con il cuore duro significa sporcarlo anche solo scrivendo l’amore su un muro, tenerlo dentro al cuore anche come uno tarlo significa invece amarlo. C’è qualcosa che va oltre, come la passione per la Fiorentina inoltre, come una qualsiasi passione che essendo tale ti soprassale, ti condisce la vita come il sale, che sale da dentro e magari fa due passi in centro, ma che appena può ritorna, perché chi è innamorato non mette mai le corna, almeno che non pascoli nel peccato o che il Pascoli sia quello della “cavallina storna”. C’è qualcosa che va al di là, ma che esiste davvero, che non viene dall’aldilà e il futuro qua non sarà mai il più nero, che va oltre, che va al di là del popolare, dove qualcuno è capace di bestemmiare pure sull’altare, ma se ti vuol bene ti accarezza o ti da una pacca, e per dirtelo ti trasforma la C in acca. Un mago di strada insomma, fortunato a stare lì se solo della vita volesse far mai una somma, e anche se non sarà sempre stata serena avrà almeno camminato tutta la sua vita sulla pietra serena, tra momenti belli e brutti, e monumenti di tutti. Generoso al tal punto che oboli del suo tempo li passerà in Boboli, al di là, dove la gente non nasce ma rinasce, perché lo spirito non è solo quello di Santo Spirito ma è quello rinascimentale di Firenze. Politicamente a sinistra non andrà mai alla deriva, anche se geograficamente sulla riva sinistra, tra l’Arno e il marmo, tra santi, giardini, musei e palazzi, che per la troppa bellezza qualcuno ha scomodato persino Stehdhal, ma che alla fine sono solo cazzi. C’è qualcosa che va oltre, che va al di là, e per questo ci sono botteghe che restaurano il cuore di chi non ce la fa, di chi “la lontananza sai è come il vento” ma anche se lontana, l’anima fiorentina, a riportarla al proprio posto ci pensa sempre la tramontana. Quel qualcosa che va oltre o va  al di là è il cuore, e quando va oltre va in Oltrarno, quando va al di là va Diladdarno.

martedì 25 dicembre 2012

Gnam gnam style

Anche il mio è un buon Natale in gnam gnam style, allineato così agli auguri ufficiali della società, con un disegno al posto del video, ma soprattutto in grado di trasformare il ritmo in ingredienti della memoria, per ricordare i sapori del duemiladodici che ci hanno portato fino quasi all’eccellenza. Il boccone amaro per una squadra squassata, sgassata di professionalità e senza più le interiora, senza cuore, palle e vergogna che servono per indossare la maglia Viola senza fare la fine delle cailles en sarcophage, era già finito nella spazzatura di una rivoluzione rosolata bene bene insieme alle pernici, spennelllate di tanti benserviti, là alle pendici di una discesa negli inferi della passione. E così sono cominciati ad arrivare i sapori veri che Macia e Pradé hanno tirato fuori dal talismano della felicità, in una cucina dove il genio è capace di risolvere una ricetta anche mettendo l’ingrediente di successo all’ultimo tuffo, come alla prima di campionato, o come lo zafferano della vittoria a Milano che ha colorato di giallo la scelta di Montolivo più di un libro di Faletti, di un’asticella o di quella riconoscenza alla quale il giocatore aveva messo dei bei paletti. Il passa parola si è dimostrato come sempre la miglior pubblicità, e insieme alla classifica oggi ci racconta che a Firenze si mangia bene, una grande cucina che mantiene intatti i sapori di casa e l’imbattibilità, dove gli avversari pagano spesso un conto salato, tante portate consecutive e gustose come le vittorie, solo tre serate storte, di quelle però che non sono proprio da buttare via, e poi la bellezza della mise en table con la cura della manovra dalla cucina al piatto, con un gioco sontuoso e mai piatto, mentre con la lentezza nel capire questa nuova dimensione, di più di qualcuno non capace a fare il tifo ma con un bel carapace, c’è venuto fuori un meraviglioso brodo di tartaruga, con qualche brodo invece che se ne è andato troppo in fretta per passare dalla bistecca alla cotoletta, non proprio un buongustaio se oggi i suoi sogni sono ancora rimasti Acerbi mentre i nostri volano alti come gli Aquilani. In questa verticale di emozioni, di varietà di sapori che vanno dalla onesta e schietta verità dei porri, alla ricercatezza di Pinchiorri, abbiamo chiuso l’anno con il dolce al cucchiaio di Jovetic, e il bello è che non siamo affatto satolli ma aspettiamo la Befana che ci porti via da questi atolli della memoria, belli si, ma comunque lontani dalla frenesia che si respira in cucina, per riportarci con le gambe sotto al tavolo della prossima partita. Intanto Babbo Natale ringrazia per avergli inviato letterine a reti unificate, e così con un solo centravanti riuscirà ad accontentare tutti, e può darsi che risparmiando sulle spese di spedizione alla fine riesca a portarci anche qualcun’altro. E’ tempo di auguri, di parenti, di brasati e di parenti brasati, un solo consiglio per il dolce che non dovrà essere un coniglio, oppure se lo è dovrà essere come quello tirato fuori dal cilindro di una campagna acquisti magica, sennò dovrà essere un dolce un po’ lontano dalla tradizione delle feste ma sempre presente nelle nostre teste, senza bisogno di alcuna lievitazione, canditi e uvetta, di glassa o strane rivisitazioni per conquistare la massa, nei secoli fedele come i carabinieri, non si taglia a fette ma si prende a morsi, non è un sedere, potrebbe anche essere poppa, ma perché sia ancora vento in poppa, per un Natale come si deve ci vuole il tipico cibo fiorentino. Perché per imbarcarsi sul sogno non basta prendere l’aeroplanino, per il terzo scudetto c’è bisogno dell’aeropanino con il lampredotto. E per alimentare il sogno e la tradizione non può certo volerci un panettone, in perfetto Firenze gnam gnam style come il masticare dei fumetti. E allora tanto, tanto lampredotto a tutti.

lunedì 24 dicembre 2012

Il vello è bello

E’ un Natale 2012 nel quale Firenze si ritrova spiazzata da un destino di solito sempre molto rigoroso, ma che oggi sembra molto più rigorista, palla da una parte e l’essere portati alla divisione invece che dell’essere portieri dall’altra. E così alla fine la bellezza di questa Fiorentina unisce invece di spaccare, la città si risveglia unanime dentro alla sua felicità, niente più voci fuori dal coro, ma tutti in fila come pecore dentro alla propria passione. Sciolta la neve dello scetticismo si è riaccesa la fiammella dell’entusiasmo e così la città non riesce più a trovare pretesti per dividersi, neanche l’accantonamento del portiere tifoso fa più gola, o il furto del rigore di Gonzalo che ha privato della tripletta Jovetic aizza le discussioni. Firenze aspetta il Natale composta nel suo orgoglio Viola ritrovato, non importa se il 23A non passa mai, tanto c’è tempo, bisogna aspettare il sei gennaio per far ripartire la macchina del bel gioco. E in più ci sono i regali da scartare, e anche in questa attesa composta il tifo è unito nella convinzione che sarà fatto qualcosa d’importante, e anche tra i pacchi del mercato di gennaio non si riesce a trovare più uno spunto per litigare, per divergere, per divaricare le opinioni. Siamo ormai tutte pecore inebetite da questo girone d’andata inaspettato, che è andato oltre le più ottimistiche aspettative, siamo al caldo di una realtà che ci vede in lotta alla pari con Lazio, Inter, Napoli e Roma per il secondo posto, una realtà calda come lana, così confortante da non riuscire più a trovare nemmeno quelle questioni di lana caprina che tanto ci caratterizzano. Sono lontani i giorni del cavillare, dell’esaminare qualsiasi cosa con eccessiva pignoleria, del pontellizzare una passione  insomma, d’insistere pedantemente su minuzie prive di reale importanza come la Nutella di Ljajic, ormai la gioia per la Viola si fa beffe di chi spende il suo tempo a discutere di questione spicciole. E’ un Natale stranamente unito questo, tanto che qualcuno comincia a sospettare che sotto sotto ci possa essere qualcosa di poco chiaro, magari che alla fine sia Pasqua, è vero, oggi ci piace sentirci pecore anche se ci fa strano non trovarne nemmeno più una nera sulla nostra strada del tifo. Ce ne faremo una ragione, forse impareremo a non litigare o a dividerci, sarà dura abituarsi a cambiare certe ataviche abitudini, e allora mi metto volentieri in fila con la faccia dietro al culo della passione di quello che mi sta davanti, al caldo di quello che nel calcio è l’aspetto più bello, un sogno o un vello che speriamo nessuno possa più tosarci. Per gli auguri tanto ci rivediamo domani. Diligentemente in coda.

domenica 23 dicembre 2012

Scelte spigolose

La notizia non è tanto quella di una classifica che non fa più notizia ma vanto, oppure che sono stati già realizzati gli stessi gol meno uno dell’intera stagione scorsa, e meno male che ci mancano le punte, e diciamolo senza tentennamenti, no, nemmeno aver avuto due rigori a favore, o meglio ancora avere avuto Celi ad arbitrarci, che con quella di ieri è alla sua undicesima vittoria consecutiva con la Fiorentina. E neanche Mauro, visto che a Sky ha fatto l’ennessima domanda del cazzo a Montella, un’intelligenza inferiore la sua che ormai non fa più notizia, come nemmeno la giovanile partita di Dorian Tony che è il ritratto della salute e di una scelta estrema ma indovinata. Per colpa di Montella e di Gianni Vio non è stata nemmeno la mancata ammonizione di Pizarro, dopo che hanno studiato una soluzione vincente che prevede d’ora in avanti di giocare solo quindici minuti a partita riducendo drasticamente la percentuale di rischio e preservandolo fisicamente. Non farebbe notizia nemmeno l’esonero di Gasperini o una labbrata di Delio Rossi a Pozzi dopo aver preso subito una labbrata da Petkovic al suo rientro, e non può essere certamente la personalità, il gioco della squadra, la superiorità contro un Palermo venti punti indietro, Valero veliero di centrocampo, o Savic perché con lui è ormai chiaro da tempo che il City ha sbagliato a farci il resto, oppure la porta inviolata perché oggi lo sarebbe rimasta anche con Viviano. La notizia vera sembra essere invece che dopo la vittoria di ieri non ci sia rimasto proprio più nessuno da utilizzare come scomodo paragone, si dice forse solo Pappagone che con quel suo ciuffetto qualcuno dei rosiconi avrebbe preferito anche ad El Sharaawy, ma incredibile a dirsi il male marchigiano sembra aver sbaragliato davvero tutta la concorrenza che il competente pubblico fiorentino gli aveva rinfacciato negli anni come esempi da seguire. Zamparini, Preziosi e Pozzo come presidenti non solo più illuminati nelle scelte e più generosi nel tipo di gestione, ma soprattutto più innamorati delle loro creature, oggi sicuramente più vicini e quindi capaci di eccellere nella lotta per non retrocedere senza bisogno di farsi mandar affanculo come invece ha fatto in maniera arrogante Andrea la scorsa stagione, e poi son finiti anche i tecnici emergenti da ingaggiare per dimenticare Prandelli come il mitico Gasperini , ieri ridicolizzato in campo e poi dalle sue stesse dichiarazioni. E allora sfruttiamo il fatto che intanto anche l’anno sta finendo e che ci ha salutato con un’altra grande partita, un’altra vittoria, a dimostrazione di grande forza e bellezza di gioco, di qualità assoluta che non ci ha fatto pesare neanche di aver giocato e vinto tre giorni prima a Udine, a casa dell’altro grande Maestro Guidolin, e quindi non ci resta che festeggiare la mezzanotte del trentuno buttando dalla finestra le cose vecchie di cui liberarsi e di cui magari qualcuno oggi si vergogna come la pontellizzazione, la riconoscenza di Montolivo, i nasi e le parrucche da pagliaccio, gli striscioni offensivi. Un grazie alla Fiorentina per questo magnifico campionato, mentre personalmente mi sento in dovere di scusarmi per l’atteggiamento di Montolivo che pur di alzare l’asticella in modo che da sotto filtrasse copioso il profumo dell’euro, ieri all’Eur ha costretto il proprio Babbo Natale a schiantarsi sull’ennesima figuraccia.

sabato 22 dicembre 2012

Bacinovic

Si, è l’occasione giusta per chiudere l’anno con un’altra bella vittoria al bacio, per evitare una di quelle partite che non ti aspetti, di quelle a tradimento come il bacio di Giuda, per lasciare una bella traccia in questo finale di duemiladodici, consapevoli che “il bacio di una donna può non lasciar traccia nell’anima, ma ne lascia sempre sul bavero della giacca”. E visto che tra gli zamponi natalizi c’è pur sempre uno Zamparini precotto di mezzo, sarebbe davvero bello poterlo prendere un po’ per il bavero, inchiodandolo in fondo al pozzo del campionato dopo aver buttato fuori dalla Coppa Italia sia Pozzo che Giudolin. Per fortuna poi che il bacio è un apostrofo rosa e non rosanero, e che per evitare di farci prendere per il naso da Miccoli e soci, come per evitare di scontrarsi col naso quando ci si bacia è sempre opportuno piegare la testa, sarà bene non piegarsi affatto ai desideri palermitani e scontrarsi con la forza del gioco anche se ad ammiccare ci fosse la Favorita. L’importante oggi è comunque avere la consapevolezza di non aver sbagliato il matrimonio come fu con Delio Rossi, per non essere costretti poi ad amare considerazioni come “si finisce sempre per dare il bacio della buonanotte alla persona sbagliata”, dobbiamo essere concreti e cattivi anche se l’argomento è la partita al bacio, e che strappare una vittoria con i denti non sarà considerato un fuori tema visto che “il bacio è un morso addomesticato”. Parlo di baci ma non solo visti i refoli gastronomici che provengono dalla cucina del blog, e allora è doveroso sottolineare che cucinare bene l’avversario è estremamente importante per non ritrovarsi poi, disillusi, davanti a un tipo di rammarico tendente alla bulimia come “i baci non durano; saper cucinare si”. Vinciamo a Palermo e biaciamoci pure, attenzione però che dalle nostri parti si mangia il panino col lampredotto e dalle loro il cibo di strada è il “pani ca meusa”, il pane con la milza, insomma, solo per dire “ che baciare è comunque appoggiare le labbra contro l’estremità piacevole di otto metri di tubo digerente”. E anche Balotelli ha imparato a sue spese che essere troppo Fico può risultare più pericoloso dell’essere un attaccante pericoloso, se alla fine “un bacio tira l’altro e si finisce in sala parto”. Mi sento di dover dire che accetterei una vittoria anche se risultasse un furto come del resto anche “il primo bacio è un furto”, e voglio sperare che oggi pomeriggio la Fiorentina non sia così “brutta da non sperare nemmeno in un bacio della fortuna”. Sarà importante come sempre mantenere le giuste distanze e soprattutto comunicare tra i reparti, altrimenti il rischio è quello che il Palermo venga a conoscere le tue difficoltà magari perché ce l’hai stampate in faccia o addirittura mandate in stampa perché “ci sono delle coppie d’attacco che comunicano. Altre coppie di centrocampo che non comunicano. Ci sono anche delle coppie difensive che comunicano tramite i quotidiani, no? E uno apre la Repubblica, prima pagina, e legge: “Silvio ricordati di comprare il latte! Ci si vede a casa. Veronica”.[...] E poi c’è la risposta. [...] Sul Corriere della Sera: “Intero o parzialmente scremato? Un grosso bacio. Silvio”. No, non vogliamo che l’anno finisca con una crisi coniugale, con una sconfitta della famiglia Viola, vogliamo come detto una vittoria al bacio per dissipare malignità dell’ultimo minuto come succede con gli infortuni nel riscaldamento, come quelli che definiscono l’amore: un bacio, due baci, tre baci, quattro baci, cinque baci, quattro baci, tre baci, due baci, un bacio, nessun bacio.

venerdì 21 dicembre 2012

Quando fiocca la neve, l'occasione da rete e la calza a rete

Quando si dice una squadra fatta di piedi buoni, significa averla costruita con i buoni propositi che poi sono anche quelli che ci accingiamo a raccontarci senza troppo crederci prima di salutare l’anno vecchio insieme al girone d’andata. Propositi buoni che qualcuno riesce ad applicare nella vita reale, e nella fattispecie anche nella vita di una società regale come la Fiorentina, grazie ad una rete fitta come una calza a rete, fitta di contatti come la nebbia, contatti tessuti sui banchi di nebbia tra la competenza della materia calcio e le conoscenze sempre utili per una bella raccomandazione come quella per un buon giocatore, che dimostrano un’alta professionalità ed un’intima predisposizione a non lasciare niente al caso, magari con un’anima un po’ lasciva, e invece di licenziare allenatori come fanno Zamparini e Preziosi, dimostrarsi licenziosi, con la volontà di dare tutto per la maglia ma anche di togliersi la maglia in maniera voluttuosa. Una squadra piacevole, allettante, carezzevole, speriamo anche baciata dalla sorte come succede quando si bacia la consorte, perché assistere a una magnifica azione avvolgente è come assistere lascivamente ad una scena erotica tra la gente. Sarà sicuramente un lusso resistere alle offerte per Jovetic, mentre non resisteremo nella maniera più assoluta ad un atteggiamento lussurioso e impudico della squadra, lasceremo ad altri la soddisfazione di togliersi i sassolini dalle scarpe, noi ricercheremo il piacere nel sesso invece che nel sassolino, e al vizio del gol che Toni continua a manifestare incallito, risponderemo da viziosi, a chi invece sarà in cerca di alibi per giustificare la mancata pontellizzazione, risponderemo alibidinosi. All’assoluto odio verso i Della Valle opporremo il nostro vivere dissoluto nel bel gioco, alle contestazioni e ai nasi da pagliaccio tipo Gino Bramieri sorrideremo bramosi perché irretiti da una manovra torbida che tende ad adescare con facili costumi. Se poi c’è chi è Immobile come Ciro c’è anche chi è immorale come la Fiorentina che non lascia scampo con la sua ragnatela di passaggi, sullo sfondo di paesaggi frequentati si dai piedi buoni, ma immorali, perché eliminando la figura rassicurante del mediano di fatto screditano Ligabue e Lele Oriali. E’ Natale ed è tempo di regali, e  il più attuale si dimostra chi ha scelto l’albero come modulo, e c’è chi sotto l’albero vuole trovarci il terzo scudetto, chi vibra solo all’idea di scartare i regali e chi spera di trovarci un vibratore. E forse c’è un Babbo Natale dall’accento marchigiano che ci farà trovare un centravanti gonfiabile, noi che lasciamo fare al destino il suo corso naturale, ma che nel corso del nostro destino abbiamo dimostrato di lasciare fare ma anche di essere lascivi, chiediamo al Babbo Natale con le scarpe Tod’s e il cervello fino di lasciarci se non proprio Anna Falchi almeno i confetti Falqui da regalare domani a Zamparini, ma soprattutto di confezionarci i regali nella maniera più classica, senza farsi prendere troppo da tutte quelle innovazioni di Gianni Vio, perché ci piace ancora scartarli nella loro versione più romantica, e per non essere fraintesi alleghiamo foto a Babbo Natale per far vedere quanto ci piace ancora sciogliere i fiocchi. Mentre per la neve ci pensa il sole.

giovedì 20 dicembre 2012

Il canone si paga al canile

Preso atto che nel Cda della Rai c’è evidentemente un ratto che rode il palinsesto facendo un incesto di programmazione funesto, un groviera d’improvvisazione cinofila che sfocia in una sorta di volontariato da bocciofila, cinica, la Fiorentina sfocia invece ai quarti restituendo a Guidolin il tempo da dedicare alla bocciofila.  Volontariato di Guidolin a parte, e inventariato il livello d’incompetenza della Rai, sposo volentieri le parole di Montella al quale la squadra è piaciuta molto per la volontà che ha dimostrato nel voler portare a casa il passaggio del turno, anche se questo non collima con il  commento da visionario del giornalista Rai, mentre al collega che ha fatto la telecronaca andrebbe spiegato che Migliaccio non è Borja Valero, che non sono stati clonati dalla stessa cellula somatica di Bersellini, di Mastrolindo, di Kojak o di Mario Biondi, non sono la pecora Dolly. Ma questa è la stessa storia di prima, molto cinofila appunto, e solo perché con un tipo di disservizio così plateale si pretende anche il pagamento di un canone, quando invece sarebbe sufficiente un accalappiacanoni. Da una parte la pecora Dolly quindi, dall’altro Valero che è semplicemente il jolly pescato dal mazzo del duo Pradè/Macia. Bene, molto bene Neto, sicuro, reattivo che ha addirittura più senso della posizione di una pornodiva, Gonzalo è da mettere invece come polena sulla prua per puntare senza pruriti dritti dritti all’approdo delle semifinali. Tante invece le ripartenze sbagliate, diciamo in quantità industriale con Mati e Cuadrado che s’industriano a toccare il pallone il più possibile, una polluzione quella col pallone nel tentativo invano di procurargli l’orgasmo, mentre Seferovic lotta come un leone non essendo però ancora un leone, anzi forse ancora troppo pecora Dolly, quella che cercava il telecronista Rai credendo fosse tosata, mentre la Rai cercava di capire nel caso dei tempi supplementari, per non commettere più lo stesso errore di sovrapposizione degli eventi, se non fosse stato il caso di trasmettere le immagini della partita, e contestualmente, invece della telecronaca l’audio del telegiornale, in questa maniera accontentando tutti. Una Fiorentina che ha mostrato questa volta più gli attributi che il gioco, in crescita quindi sotto tutti gli aspetti, che ha sofferto solo per le febbri malariche della zanzara Fabbrini che l’ha fatta vacillare più volte insieme a Di Natale, ma sa soffrire e gestire il vantaggio, si ci è piaciuta davvero la partita di Udine, e a noi di Santo Spirito ci ha fatto piacere constatare proprio questo spirito, presente tra l’altro in una partita che era un incudine tra il Siena e il Palermo al quale potremo dare adesso una gran bella martellata. Si, ci piacciano proprio tutte le armi di questa squadra, compresi i trucchi di Gianni Vio, trucchi così seducenti poi che ci piacciono ancora di più perché ci ricordano soprattutto quell’altra passione.

mercoledì 19 dicembre 2012

A spasso nel tempio


I nuovi linguaggi arrivano sempre più veloci e se vuoi lottare davvero per la Champion bisogna che alzi il monte ingaggi, perché loro incalzano con il pressing alto e cancellano dal campo certi altri modi di dire, irreparabilmente, lasciandoli sul posto come colpiti da un infarto dialettico, da ripartenze fulminee, da folate che di fatto li rendono cardiopatetici, come un vero defibrillatore del tempo. Prendiamo un testo di un qualsiasi rapper italiano e confrontiamolo con uno degli Alunni del Sole, prendiamo una vecchia foto di quando eravamo noi gli alunni e guardiamo le foto dei nostri figli su un social network, oppure una telecronaca di Martellini che secondo il tempo della logica nel frattempo è diventata archeologica, che fa specie, imbalzamata che fa più che altro Specola, il cui taglio si staglia polveroso come la piramide di Cheope, lenta e miope, con inquadrature fisse come lo sguardo di un ciclope, come lessa davanti al ritmo imposto oggi da uomini come Caressa. Poi c’è chi di questo nuovo linguaggio se ne vergogna anche un po’ come Cassano che si mette la mano davanti alla bocca, chi non si vergogna più di niente come Montolivo e i suoi procuratori, e c’è invece chi addirittura ne soffre come certi portieri che provano disagio per l’incoerente traiettoria dei nuovi palloni, come i nuovi pallori di recidivi scandali di calciatori scommettitori, e c’è anche chi gode senza per questo che sia frode come gli attaccanti per la marcatura a zona, molto meglio della zona euro, che sostituisce una zona Cesarini naufragata ormai in certi recuperi così lunghi che ci vuole il disco orario, che perciò diventano una zona Cesaroni, diventata a sua volta una fiction di successo, recuperi che un tempo avrebbero esondato sul Novantesimo Minuto di Paolo Valenti. Panchine ergonomiche con gente sdraiata come in una Spa, e pacchine economiche che erano quelle che invece si davano quando uno su tagliava i capelli, mentre i giocatori sono avvolti da coperte e coperti da insulti al di là del vetro e del tempo, e i capelli sono avvolti da gel che ne modellano tagli che sono sculture astratte come quelle di Jo Pomodoro, quando un tempo di “pomodoro” c’era solo Banchelli e io mi ritrovo come un pomodoro pelato. Poi è arrivata la profanazione del tempio, un tempo inaccessibile come oggi un’intervista di Del Neri senza il linguaggio dei segni, con le telecamere che hanno fatto irruzione negli spogliatoi dei maschi, quando noi ci ingegnavamo come Clint Eastwood in “Fuga da Alcatraz” per scavare una prospettiva su quello delle femmine. Parole e pensieri che cambiano col  passare del tempo ma che sono legati sempre dalla stessa grande passione Viola, anche quando il domani diventa ieri. Anche quando cambiano i tessuti, gli sponsor e la velocità del gioco, quando un’altra partita di Coppa Italia ci farà stare incollati a quell’arnese sempre più piatto e la nuova emozione si chiamerà Udinese, anche se certi modi di dire certificheranno in maniera spietata la nostra carta d’identità, e magari non potremo più dare del topo di fogna a chi come Mauro cerca sempre rogna, perché più che offendere farebbe ridere, e fa ridere soprattutto certi topi se quella fogna è in zona Montalcino dove un ex dipendentente di un’azienda vinicola ci ha scaricato seicento ettolitri di Brunello.

martedì 18 dicembre 2012

Una verità più calzante

Torno sulla vicenda Montolivo solo perché cosciente di quanto abbia sofferto chi nasce davvero dal tornio del giornalismo italiano, e non come un perdigiorno come me che al limite può essere inserito tra i perdigornalisti, ma che ha comunque sofferto per la stessa insostenibile ironia del destino, ironia che in quanto gratis si è persino accanita. Non posso reputarmi un vero collega dell’esimio giornalista, diciamo più un Colgate nel senso che finalmente posso lavarmi i denti dalle scomode verità conosciute e fino ad oggi mai svelate perché amico di una cugina alla lontana della De Pin, anche lei lontana anni luce dalla verità, tanto da sapere una sega di cosa sia veramente successo. Non c’è cosa peggiore per un giornalista che avere la soffiata della vita e invece di poterla raccontare prenderci prima il torcicollo e poi di bischero, questa è un po’ la storia, anzi le Traversie, di un tipo di figura professionale nuova che sta tra Gian Aldo Biscardi per via del taglio di capelli e Mara Maionchi per via della conoscenza musicale e la facilità d’insulto, un uomo che sapeva e che non poteva dire, come una escort che non la poteva dare, o come un venditore della Ford che non poteva vendere la Escort, un uomo che sussurrava le sue verità ai cavalli per non macerarsi dentro, un uomo dalle mille risorse tanto da poter vantare nel suo curriculum interviste come quella a Winnie the Pooh pensando che fosse il quarto uscito dai Pooh, ma anche un uomo dai mille cognomi tanto che tra il nome composto e il secondo cognome c’è la carrozza ristorante dove fanno una meravigliosa composta di prugne, per la quale il nostro uomo che ne va matto ci ha scritto uno dei suoi pezzi più memorabili “Torna a casa Lassativo”. Volendo in questo modo giocare un po’ con quella strepitosa figura di cane che ci ha accompagnati da bambini con le sue avventure e che lui continua a frequentare nella sua vita professionale anche se oggi nella veste di un carlino invece di un pastore scozzese, perché lui più che un giornalista di getto è un giornalista di resto, e come Antognoni che giocava nel Resto del Mondo lui gioca nel Resto del Carlino, quello che poi gli ha permesso di raccogliere certe confidenze su Montolivo, che pensavo fosse possibile leggere solo su Confidenze. Un giornale che mia mamma continua a comprare da quarant’anni, che esce in un unica copia e che scrive la giornalaia di Porta Romana per arrotondare. Insomma, oggi che filtrano verità come quella che Montolivo se ne sarebbe andato perché privato della fascia di capitano, cosa che Galliani evidentemente già sapeva prima di far accomodare Aquilani in tribuna per non doverlo riscattare, è l’ora che anche io tiri fuori tutta la verità che mi ha raccontato quella cugina di secondo grado della De Pin che lavora da Intimissimi, per rispetto dei tifosi ma anche dello stesso giornalista bolognese che così potrà integrarla alla biografia “L’invernole di un uomo” che sta scrivendo su Corvino. Perché secondo la gola profonda della famiglia di Cristina, se è vero che Riccardo se ne è andato da Firenze per via della fascia di capitano è anche vero che sarebbe dovuto andare al Chelsea dove facevano salti mortali sull’asticella pur di averlo, quella era la sua destinazione, quella la sua vera asticella, e la cugina della De Pin fa sul serio e porta le prove mostrandoci le calze che Riccardo aveva regalato a Cristina per festeggiare il trasferimento a Londra. Poi le calze si sono smagliate proprio all’altezza del Big Ben e allora è sembrato un segno del destino, questa si una giustificazione finalmente seria, e così hanno deciso di prendere l’assegno del destino firmato da Berlusconi.

lunedì 17 dicembre 2012

Spek affumicato d'affetto

Mentre il Pek si commuove il posticipo ci dice che dopo Inter e Roma anche il Napoli non si muove, impantanato in una sconfitta interna pesante come la pastiera, e che anticipa di poche ore una penalizzazione che incombe come un’altra testata di Portanova. La Fiorentina ritrova i sapori del Pata Negra in mezzo al campo e in mezzo al risentimento dei padrini di Viviano che non riescono a godere del balzo in avanti della squadra come se Neto non difendesse la porta Viola, e come se un rimbalzo fasullo avesse tradito il proprio beniamino. Il cartellino giallo a Pizarro ci ricorda invece che Tagliavento ha regolarmente timbrato il suo cartellino di presenza, Toni la sua doppietta, Pasqual la sua miglior partita, Serse Cosmi il suo probabile esonero, il Siena una disfatta che per quanto ci tenessero a questo derby di similpelle non è proprio un augurio di buon Natale. Vincenzo intanto le indovina tutte compresa la sostituzione di Cuadrado con Romulo che rimesso sui binari di fascia ritrova la fisionomia della littorina, e con l’assist per Aquilani anche la sua miglior giocata in Viola, indovina anche la coppia d’attacco che permette a Jovetic di mettere minuti nelle gambe senza che la squadra paghi pegno, perché una volta recuperato lui potremo utilizzare la giocata personale sul tavolo di certe partite nelle quali il gioco non gira come dovrebbe. Difficile che con i tre tenori in mezzo al campo si possa verificare una qualche stitichezza di gioco, ma tutto è possibile, anche le difficoltà dettate dalla bravura degli avversari oppure da quelle racchiuse nell’umiltà di certi atteggiamenti prudenti come l’abbraccio stretto di una cerniera lampo, nei quali il colpo del campione può risultare il giusto grimaldello. Uova di lompo quindi sulla tartina domenicale, per via di un Siena così poco consistente, ma anche perché il caviale deve avere il sapore più piratesco della vittoria esterna che ci andremo a gustare a Palermo alla faccia di Zamparini e dello zampone, solo per ribadire che nel gruppone delle grandi ci siamo anche noi che ormai abbiamo il palato troppo fine per non apprezzare il raffinato gusto dell’alta classifica. Peccato solo per la questione Viviano, che sono convinto sarà sereno per il turno di riposo che gli ha concesso Montella, almeno lui, dispiace quindi per la divisione che invece sembra aver spaccato una parte della tifoseria, che dopo Montolivo, ha ritrovato pane per i propri denti aguzzi dai quali schizzare veleno anche su una serena vittoria di metà dicembre. E la Bice che conosce quanto sia umorale questa città, che è sempre al passo con la polemica anche quando certa tifoseria prova addirittura il doppio passo per cercare di macerare la gioia con una polemica secca come una finta di corpo, un disagio per il portiere tifoso che li fa andare di corpo, ha voluto interpretare quest’ennesima manfrina senza capo ne coda, mettendosi la serpe invece che in seno, in capo, al posto della cenere.

domenica 16 dicembre 2012

Sotto sotto

Vediamo di spadellarla subito nel piatto giusto prima che la partita sappia troppo di soffritto, per metterla in soffitta senza soffrire di questo calcio stuprato e servito come uno stufato ad un pubblico già stufo, un calcio che invece di Jovetic avrebbe più bisogno di un bicchiere mezzo pieno di Alka Seltzer per digerirne la folle programmazione. Andiamo a vedercela però almeno con la consapevolezza di avere i tre tenori a centrocampo al posto di tre taniche di vino a centrotavola, con ancora la brioche sullo sfondo della mattinata, puntando eventualmente tutto su una merenda riparatrice, e per abituarci ad una partita che entra in scivolata sul pranzo della domenica ci vuole solo il sapore buono e consolatorio della vittoria, che è accettabile come l’aglio olio e peperoncino a mezzanotte e la pasticceria appena sfornata in piena notte. E a parte il jet lag morale di chi si è prostituito alle televisioni, fatto all’amore con uno sconosciuto buonsenso e quindi partorito un calendario così bastardo, i sapori giusti ci sarebbero tutti lo stesso, dal rientro di Jovetic al ricomposto trio delle meraviglie in mezzo al campo, alla probabile sostituzione di anca sbilenca con l’aneto, che impossibilitato a profumare un pranzo ghigliottinato dagli interessi televisivi, potrebbe risultare comunque terapeutico se usato in infusione per fermare il singhiozzo e la flautulenza di certi interventi di Viviano. Speriamo che Montella ci serva una bella partita frizzante almeno come una Blanquette de Limoux per pulire la bocca dalla coda del risultato di Roma, un risultato che funzioni da vaccino per la coda alla vaccinara che ci ha cucinato l’eterno Totti, con qualcosa di più familiare, va bene anche il sapore datato di una fetta di pane e pomodoro, o la fettunta con l’olio nuovo che strozzi sul nascere le speranze dell’orco roco Cosmi, che a Firenze butti per aria il cappello della salvezza senese e per consolarsi se ne vada a mangiare un bel panino con il lampredotto. Perché oggi vorremmo ritornare proprio a godere, quindi a vincere e guadagnare intanto tre punti sull’Inter, posizionandoci di nuovo a ridosso di quello che dire più non posso, ritrovando quel gioco che ci ha fatto stropicciare gli occhi come se con le mani avessimo toccato il pepeorncino. Insomma una domenica fuori dai canonici spazi gastronomici della tradizione, che però potrebbe addirittura piacerci di più, siamo aperti anche alle gioie fuori orario, anzi pensiamo che quelle fuori pasto possono risultare addirittura le migliori, ma sì, sotto sotto alla fine potrebbe essere proprio un bel vedere.

sabato 15 dicembre 2012

Il piatto piange

I Greci del periodo arcaico ritenevano che la Terra fosse piatta, come del resto anche la passione Viola di certi tifosi in Borgo dei Greci prima dell’avvento di una concezione più sferica del calcio, piovuta sulla città grazie allo staff di Montella composto da Pitagora, Aristotele per quanto riguarda le prove osservative, oltre a Gianni Vio capace di dimostrare che i saltatori della difesa che staccano verso il cielo dell’area avversaria riescono a vedere un incremento della sfera che ruzzola dentro la rete in confronto a chi invece rimane piantato per terra. La credenza di una terra piatta si trova nei più antichi concetti di calcio dell’umanità, cito Mazzone oppure anche Ciro Ferrara fino ai mesopotamici del catenaccio come Nereo Rocco, un calcio pensato solo come agli antipodi della modernità. Ma grazie a Montella Firenze ha conosciuto finalmente il calcio sferico, quello scoperto dall’astronomo Guardiola che aveva disegnato il gioco del Barcellona mettendolo al centro dell’universo calcistico, una modernità che di fatto ha reso di dimensioni insignificanti le altre filosofie di gioco rispetto al cosmo blaugrana. E oggi che abbiamo finalmente conosciuto la verità della bellezza sferica di questo nuovo calcio, avanzano le teorie degli oppositori che prima alzano il pelo di fronte a tale e tanta modernità, e subito dopo innalzano il concetto della diga a centrocampo, del medianaccio, dell’incontrista randellatore senza il quale non riconoscono nessuna visione di calcio, non esiste partita insomma senza la figura rassicurante tipica del distruttore di gioco, perché viene considerata squilibrata e illusoria una visione che preveda invece un cerchio infernale di centrocampo con i vari Pizarro, Aquilani e Borja Valero, solo farneticazioni tattiche, non riconoscendo  ammissibili fasi di gioco come il pressing alto o la squadra troppo alta, ma solo quel tipo di calcio che era stato pensato nell’Alto Medioevo. Noi non ci stiamo a questo ritorno al gioco disadorno, non vogliamo sentire nessun spiffero di ripensamento, non si torna più indietro perché ormai sappiamo che possiamo girare intorno all’avversario con una manovra avvolgente e meravigliosamente rotonda, che possiamo circumnavigare la classifica attraverso questa filosofia di gioco ricurvo, infischiandosene di qualche smagliatura come quella di Roma, perché siamo convinti che il calcio non è piatto anche se ci sono gli oppositori dell’ultim’ora che dopo la sconfitta dell’Olimpico sostengono che non esiste nessuna curvatura terrestre, una visione miope che poggia le sue convinzioni su studi fatti dentro a stadi attraverso figure di maniscalchi che randellano calci come Donadel o simili. Noi domani contro il Siena vogliamo rivedere la Fiorentina barcellocentrica di Montella senza se e senza ma, senza nessun ripensamento tattico, anzi se possibile vorremmo addirittura rilanciare rendendo sempre più tecnica la nostra squadra aggiungendo allo staff di Montella anche un ufficio tecnico, lasciando ad altri la visione di un calcio tatticamente pensato su una tavola da stiro, e per sostenere questa nostra conquista estetica abbiamo preparato il manifesto del movimento che divulga questa nostra filosofia di gioco, con un semplice slogan “ Il mondo non è più piatto”.

venerdì 14 dicembre 2012

Palp fiction

Ci potrebbe anche andare bene questo taglio di calcio spezzatino, anche se un po’ calloso e non proprio  un peposo, con partite a tutte le ore e tutti i giorni, quando un tempo invece c’erano “Le ore” e ci facevamo le seghe tutti i giorni, prima solo immagini statiche, mentre oggi inquadrature da tutte le angolazioni che testimoniano in maniera cruda l’inutilità degli arbitri di porta, un sushi di insulshi collaboratori che non fanno assolutamente fede come invece fa Fede messo alla porta. Diciamo che la partita vivisezionata e in HD con i sottotili in pisano di Adriano Bacconi è una conquista alla quale il tifoso ormai non può più rinunciare, un attestato tecnologico che equivale ad una laurea alla Bocconi, con annessi e connessi, con una tale risoluzione che si vedono anche i campi sconnessi, si conosce l’alta velocità del pallone e si evidenzia il pallore sul volto di chi ha subito un rigore, col rigore tipico del fermo immagine, si può tirare in porta da qualsiasi direzione e in tempo reale si sa già la distanza. C’è chi non vive più senza sapere le percentuali di possesso palla, procuratori che vivono invece solo sulle percentuali, e c’è chi non fa più sesso se la sua squadra ha perso il possesso del centrocampo, chi non ha incontristi a centrocampo, chi non si cura della fase difensiva, chi non si cura e muore, chi ha sempre la stessa coppia d’attacco e chi invece preferisce variare e allora va nei locali per lo scambio di coppie. Da ogni possibile inquadratura ci viene ricordato che l’ultimo uomo sulla terra di nessuno invece di sentirsi solo si becca il cartellino rosso, e che il gioco è talmente pervertito che esiste sia il fuorigioco passivo che quello attivo, oltre naturalmente ai metrosexual, all’intervento da dietro e alla dietrologia sui novanta minuti e sull’atteggiamento a novanata gradi, che consente a chi fa densità a centrocampo ed ha un gioco fluido di sapere che i corpi con densità minore galleggiano tra le linee così come gli stronzi. Però c’è un però in mezzo a tutta questa ridondanza d’immagini, il fatto che molti giocatori si sono dimostrati parecchio galleggianti perché sapendo che hanno migliaia di telecamere addosso vigili come un molosso, cosa fanno gli stronzoni, si riparano con la mano per non far leggere il labiale, la foto di copertina è la proposta che abbiamo fatto noi del blog a Platini che rifiuta la moviola, ma che speriamo non ci impedisca almeno di introdurre una soluzione efficace a questo problema che così tanto discrimina la parte più guardona del tifo, un sistema efficace che permetta ai più vojeur di leggere le cazzate che dice Cassano anche attraverso il buco della serratura del proprio cervello, un sistema che vada a disinnescare la tendenza a nascondere le scomode verità del calcio, sennò allora è inutile aver messo cento telecamere se basta una mano a renderle inefficaci. E visto che siamo stati interpellati dalla Fifa per risolvere questo problema abbiamo anche consigliato tra le tante inquadrature quella che secondo noi dopo uno lungo e accurato studio che ci è stato commissionato da Sky, dovrebbe risultare la più gradita al tifoso medio, nella seconda foto c’è un fermo immagine del prossimo spot nel quale verrà pubblicizzata questa particolare inquadratura che secondo Sky e soprattutto noi riuscirà a tirare su le sorti dell’emittente televisiva satellitare, e non solo quelle.

giovedì 13 dicembre 2012

Lasciare il posto a sedere a Scanziani

E’ in arrivo il derby di mezzogiorno col Siena, un incontro che ricalca alla meno il più classico mezzogiorno di fuoco, diciamo un mezzogiorno di poco quello contro una squadra ormai costretta non solo all’autocertificazione per ricordarsi di esistere, ma anche all’Autopalio per certificare di essere raggiungibile in qualche modo. Sempre un monte di discorsi sulla battaglia di Montaperti mentre il Monte dei Paschi ha gli sportelli sempre più chiusi, e preso atto che per il senese quella con la Fiorentina è la partita dell’anno, vorremmo spiegargli che se non possiamo contraccambiare una simile considerazione non è certo per mancanza di educazione o di Edu Vargas, ma per mancanza di una penalizzazione in classifica che renda il nostro campionato pepato almeno quanto il loro che sono i veri maestri nel drogare le partite, unici nel modo d speziare i risultati, tanto da essere riusciti a creare inciuci come il panpepato che oggi è diventato un prodotto tipico toscano almeno quanto i rompicoglioni di casa nostra che non gli va mai bene nulla, che fatti due conti in classifica e anche grazie a Conte, più che pepato alla fine il conto sembra essere più che altro salato. Come del resto quello che il Siena dovrebbe pagare anche all’Artemio Franchi, perché per la Fiorentina questo derby dovrà servire invece a ritrovare le giuste coordinate e quindi anche la strada più indicata davanti alle tante possibili direzioni che potrebbe prendere questa stagione. La foto del resto parla chiaro, sarà bene quindi ricordare a Pizarro di non dirigersi verso la Colombia abituato com’è ormai al giallo, ma di proseguire insieme alla squadra verso la vetta di un campionato che ormai sembra averla consacrata ai vertici. Intanto si sfoglia la margherita per capire se Jovetic tornerà finalmente in campo, si sfoglia per capire chi eventualmente sarà il suo compagno in attacco, si sfoglia per capire come si dovrà sostituire Cuadrado, e quando la margherita sarà spoglia, senza cioè neanche più Rutelli, allora ci saremo liberati di un altro rutto della politica e ci saranno già le formazioni ufficiali. Su Viviano vanno valutate le condizioni psicosifiche, non possiamo certo mettere in dubbio le sue qualità che sono unanimamente riconosciute, Montella anche se nella sua breve carriera ha già dimostrato ampiamente di far giocare solo chi ritiene più pronto, mi viene in mente Maxi Lopez o la stessa girandola di portieri a Catania, quindi una garanzia per i tifosi ma anche per il giocatore. Veniamo da tre partite che hanno fatto calare un po’ l’entusiasmo, stemperare quelle derive di ottimismo del quale io per primo sono stato colto, violenti conati dovuti ad un’indole metafisica che rileva in maniera indiscutibile che sono un portatore sano di sogni, c’è da dire che i motivi per i quali la squadra ha rallentato, fisici o psicologici, oppure anche entrambi sono facilmente riassunti nella seconda foto, e quindi anche giustificabili. Insomma, la squadra si è un po’ seduta.

mercoledì 12 dicembre 2012

I soliti sospetti

Strane analogie tra il terzo gol della Roma subito sabato da Viviano e il primo di Pjanic subito ieri sera in Coppa Italia da Consigli, qualcosa non torna davvero, perché o la Roma usa palloni truccati come i motorini dei ragazzi, compreso quello di Agazzi, oppure Atalanta e Fiorentina usano giocatori truccati da portieri. Come del resto le partite truccate e come dice Elio anche appalti truccati e il visagista delle dive è truccatissimo, mentre il regista è solito truccarsi di tatuaggi, e poi come i passaporti truccati e la carta di’identità di Babacar che ha trentacinque anni come Toni. Come mai poi i due presunti portieri si somigliano così tanto, come del resto anche i palloni, e qua la fisiognomica sembra volerci svelare attraverso i lineamenti del volto, proprio il volto peggiore di chi non è adatto a difendere i lineamenti di porta. E come mai ieri sera Consigli ha voluto dimostrare solidarietà ai vari Gillet, Frey e Viviano, tutti diversamente portieri, sembra che questi interventi difettosi facciano parte di un disegno più ampio che diventerà poi il piatto forte del programma politico che caratterizzerà la nuova discesa in campo di Berlusconi. Per prendersi i voti del calcio e non solo più quelli dei milanisti, si dirà che i tre portieri in questione sono comunisti, si dirà che la Fiorentina non è in autofinanziamento ma che Della Valle ha messo in atto la spending review, si dirà che Viviano l’ha voluto il Vuturo e l’Imu Mamma Ebe. Insomma il calcio è in crisi, si gioca a tutte le ore, e tutti i giorni come alla Coop, il fior fiore dei giocatori se n’è andato in altri campionati mentre Fior Fiore è la linea di prodotti migliore a marchio Coop, figuriamoci un po’ gli altri. E nel calcio tutti possono dire la loro persino il Gat, ma quello che è peggio è che tutti cercano di fregare tutti, simulazioni, finte di corpo, guardie del corpo, l’inno del corpo sciolto fino all’attesa spasmodica del passaporto comunitario palesemente falso di un nonno palesemente italiano come Petkovic. La Fiorentina per combattere tutto questo ha ingaggiato uno staff di specialisti che studiano tutti gli aspetti più difficili del calcio, degli specialisti che lavorano a compartimenti stagni per analizzare minuziosamente ogni specifico ambito, Vio come sappiamo bene si occupa con successo delle palle inattive, altri come dicevamo prima di fisiognomica, c’è chi si occupa di etica e in questo caso è stato assunto un professionista del settore nato direttamente da una costola di Prandelli, che si è subito dimostrato determinante a Moena intervenendo drasticamente dopo il ratto delle pernici. Poi c’è una figura emergente che si occupa di etimologia del giocatore, che ne studia cioè i tratti del cognome, per non ricadere in certi errori tipici e banali del calcio, come Bolatti era palese che alla fine si rivelasse solo una Bollatti di sapone oppure come Osvaldo che faceva il barbiere o le pizze, o come Maggio buono solo per contarci le pecore. Ieri in tutta questa confusione fatta anche di giornalisti giornalai, nonché perdigiorno e quindi perdigiornalai, lo specialista etimologo ha voluto precisare l’infondatezza delle voci su Vecino, perché ha spiegato chiaramente che in uruguaiano Vecino significa vecchino, con l’aggravante che il giocatore ha sospetti tratti femminili, e infatti ci ha mostrato un fermo immagine di una sua tipica azione di gioco dove quello che sostiene sembra essere molto più di un semplice sospetto.

martedì 11 dicembre 2012

Via Viviano non è una nuova via

Mettere pressione a Viviano è produttivo quanto lo stabilimento della Lucchini a Piombino, anche se abbiamo potuto verificare bene quanto sia lui quello più piombato di tutti, ma il problema oggi dopo le dimissioni di Monti passa di competenza al governo Montella, visto che sarà lui a decidere se introdurre o meno gli ammortizzatori sociali chiamati Neto, per fare di Viviano eventualmente un pensioNeto come lo si può trovare nell’area barese invece che nell’area di rigore. Un complesso di misure che consenta ad un’azienda in crisi come quella fiesolana che ha appaltato i servizi di portierato da Boruc, di poter riorganizzare non tanto la linea produttiva quanto almeno la linea di porta. Ammortizzatori come quelli di una vecchia Saltafoss che servirebbero a Viviano per tornare ad essere più reattivo, o quantomeno rimbalzante su stesso invece che impantanato nelle pastoie burrocratiche come è diventata ormai la sua presa. Strumenti che potrebbero essere la mobilità per esempio, che di fatto compenserebbero la sua proverbiale immobilità, poi dovranno essere bravi in famiglia a fargli cambiare uno dei suoi idoli più deleteri che è Ciro Immobile, sapendo oltretutto che Nuciari ha già provato e riprovato a spolverarlo tutto prima della partita con il panno antistatico che usava per i trentatre giri. Quindi se Montella decide che si va avanti con lui va sostenuto e basta, sostenuto nel senso metaforico perché già si muove poco di suo, non vorrei che qualcuno dall’indole della crocerossina pensasse di doverlo sorreggere fisicamente andando di fatto a limitarlo ulteriormente. Quindi cerchiamo di sdrammatizzare e di vivere questa insostenibile pesantezza dell’essere portiere con l’ironia tipica del pezzo di merda sanfredianino, e in questa direzione vorrei consigliare ai tifosi di pensare positivo quando per esempio il fiesolano allarga le gambe e la palla gli passa di sotto, perché come da foto di copertina il divaricamento non sempre viene colto in maniera così negativa come succede quando a farlo è lui, è quindi solo questione d’interpretare in maniera meno schematica certe situazioni evitando di essere prevenuti e pervertiti nell’atteggiamento che rasenta il masochismo di pensiero. Anche Sarti ci si è messo, prima dichiarandosi vicino al giocatore quando invece il giocatore più vicino è Vecino, poi giudicando Viviano scarso anche nelle uscite in sala stampa ritenendo inopportuna qualsiasi assunzione di colpa da parte di un portiere, di fatto Sarti rilancia il tema un po’ bigotto e poco godereccio che i panni sporchi si lavano in famiglia, mentre come provo a dimostrare nella seconda foto così come ho già fatto nella prima, non è sempre vero quello che si è abituati a ritenere giusto perché diventato ormai consuetudine, e come si può ben vedere, e che bel vedere, è bene che i panni sporchi si lavino invece nelle lavanderie a gettone, magari proprio in quelle con ampie vetrate che danno sulla strada, perché sono in grado di dimostrare che il momento più bello è addirittura quando si rimane in mutande, cosa alla quale si è invece sempre voluto dare solo un significato negativo.